MONDO BIO
NELLE MENSE SCOLASTICHE C’E’ IL BOOM
DEL BIOLOGICO
CURIOSA CONTRADDIZIONE, IN FAMIGLIA NE COMPRANO
MENO MENTRE A SCUOLA SE NE CONSUMA DI PIU’
Passerò per un odioso cinico ma non ho mai creduto
al manifesto dei cibi biologici per la semplice ragione che l’autenticamente
biologico, malgrado i rigidi capitolati che lo governano, gli obbligatori
quaderni di campagna, le severe regole di trasformazione e i consorzi
di certificazione che ne garantiscono l’autenticità, in una
società pur post industriale come l’attuale, di autenticamente
naturale non c’è neppure l’aria d’alta montagna.
Credo, invece, riguardo al cibo, trattasi prevalentemente di business.
Si pensi che nel nostro Sud, grazie ai cospicui contributi Ue, vi è
la massima concentrazione europea di aree dedicate alle coltivazioni biologiche,
e tutti sappiamo le condizioni per lo smaltimento dei rifiuti che vengono
“depositati” ogni dove inquinando mostruosamente i terrenti,
quello delle acque irrigue (per tacere d’altro); situazioni per
cui oggettivamente la credibilità in questa filosofia vacilla.
Tuttavia il bio, quantomeno nelle scuole, marcia spedito. Lo si evince
dai fatturati crescenti anni dopo anno, e, secondo le previsioni destinati
a crescere ancora, di gran parte degli operatori che si occupano del settore.
Le aziende di ristorazione, ad esempio, che preparano i pasti biologici
delle mense scolastiche si sono quasi decuplicate in dieci anni. Lo rileva
Biobank, la banca dati italiana di questo universo che dal 1992, pubblica
annualmente un rapporto sul settore. “Del biologico abbiamo assistito
alla nascita - spiega la fondatrice Rosa Maria Bertino - alla escalation
e, nell’ultimo periodo, al calo”. Quello che non cala da dieci
anni invece è il numero delle mense scolastiche bio e il numero
dei pasti serviti quotidianamente, soprattutto nei nidi, scuole materne
ed elementari forse a compensare merendine farcite di chissà cosa.
Nel 1996, in Italia c’erano solo 69 mense bio, nel 2006 si è
arrivati a quota 658”. Riflettendo, delle due l’una: i consumatori
comprano meno cibi biologi (scaffali della gdo semivuoti, molte insegne
che all’inizio di una certa enfatizzazione mediatica li includevano
hanno ora cessato di referenziarli) ma a scuola i loro pargoli vengono
nutriti con quei prodotti che in casa non entrano. Curioso no?.
“La tendenza per il 2007 il cui censimento - dicono a Biobank –
stiamo completando in attesa dell’apertura delle scuole, stando
alle notizie degli operatori delle aziende di ristorazione, anche per
il prossimo anno è previsto che il lavoro aumenti”. Si stima
che il numero dei pasti serviti nelle scuole arrivi a un milione in totale,
con il Comune di Roma in testa che giornalmente serve 140 mila pasti,
80 mila in appalto a imprese di ristorazione e 60 mila in gestione diretta
delle rispettive scuole, ai quali aggiungere circa 4.000 diete speciali,
ossia pasti preparati separatamente per motivi etnico-religiosi e di salute.
Se si considera che nel 1996 i pasti bio erano 24 mila, è evidente
il boom sviluppato anche grazie all’azione normativa che, dal 2000,
ha segnato una vera e propria svolta. La distribuzione regionale della
classifica di Biobank è guidata dall’Emilia Romagna con 127
mense, seguita da Lombardia (111), Toscana (80), Veneto (72), Friuli Venezia
Giulia (68), Piemonte (38), Marche (30), Lazio (25), Trentino Alto Adige
(24), Liguria (20), Basilicata (14), Abruzzo (11), Puglia e Sardegna (8),
Umbria e Campania (7), Sicilia (5), Valle d’Aosta, Molise e Calabria
con una sola mensa.
VINI
PIACCIONO TANTO LE “BOLLICINE” ITALICHE
"Il trend positivo delle bollicine italiane continua senza
soste: il 2006 ha registrato una crescita dei consumi del 10%, analogamente
diviso sia sul mercato domestico che sui mercati esteri, con il nuovo
record degli ultimi 10 anni, ossia 276 milioni di bottiglie vendute
e circa 1,960 miliardi di euro di fatturato al consumo. Ed il primo
semestre di quest’anno fa segnare una ulteriore crescita del 9%”.
Lo afferma Giampietro Comolli, patron del Forum degli Spumanti d’Italia
che a Valdobbiadene ha celebrato la spumantistica italiana.
Ma Comolli conferma anche il successo dei nuovi obiettivi con una strategia
concreta al servizio di tutta la filiera ed annuncia le nuove linee
guida: “il Forum degli Spumanti d’Italia ha una organizzazione
autonoma, grazie anche all’impegno di istituzioni del Veneto,
ma da quest’anno, e sempre più in futuro, anche delle sponsorizzazioni
di grandi imprese italiane delle “bollicine” e di istituzioni
pubbliche nazionali (da Oiv a Ismea, dal Mipaaf al Ministero sviluppo
economico, da Agea all’Ice). Un impegno superpartes con l’oppurtunità
di avere eventi tutto l’anno e in tutta Italia, con l’istituzione
di un Master interuniversitario, la Guida degli Spumanti con Veronelli
Editore, l’Osservatorio nazionale dei mercati e consumi degli
Spumanti ed il Centro Studi”.
L’importanza di fare sistema all’estero assieme alle istituzioni
per creare una immagine forte e difendere la strategia delle docg e
doc italiane è l’atout del Forum andato in scena a Valdobbiadene
dal 7 al 10 settembre scorso. Degustazioni a scelta e libere al Banco
d’assaggio dei 310 spumanti e tessera giornaliera di accesso alle
aule docg e doc, divise per metodo di produzione, con degustazioni guidate
da Veronelli editore e da esperti con vini delle Donne del vino, della
associazione Anima, Franciacorta, Trento, Altalanga, Asti, Conegliano
e Valdobbiadene e Oltrepo’ Pavese. Agli spumanti classici e charmat
delle tante regioni italiane, sono stati abbinati i salumi di De Stefani,
il pesce italiano di acqua dolce e di mare della Associazione Piscicoltori
Italiani, il Parmigiano Reggiano e il Piave di Lattebusche, il riso
del Consorzio tutela varietà tipiche italiane. Da Valdobbiadene,
il Forum decollerà in giro per l’Italia: in ottobre a Fabriano,
a novembre, a Roma per la consegna del premio Conforto e dell’attestato
per la migliore comunicazione “Spumanti a … sproposito”
con il Banco d’assaggio delle più note 60 imprese spumantistiche,
il talk show dedicato a “Politici & Spumanti” sul consumo
misurato e autentico italiano e la difesa delle docg e doc nel mondo
… Tutti in casa dei “Sommelier” di Roma diretti da
Franco Ricci.
Sintesi di mercato delle “bollicine” italiane. Produzione
e consumo (2006)
Sono 734 le aziende che producono almeno un vino spumante, 141 milioni
le bottiglie stappate in Italia per un fatturato annuo nazionale al
consumo di 1 miliardo di euro. Il comparto dei vini spumanti realizza
sui mercati esteri il 50% del fatturato, una voce attiva nella bilancia
dei pagamenti del Paese e rappresenta un fatturato più che doppio
del valore all’origine.
Il metodo classico ha superato la soglia di 20 milioni di bottiglie
con solo Franciacorta e Trento a soddisfare il 70% del mercato interno.
Attualmente gli spumanti d’Italia sono presenti in 42 Paesi, 135
milioni di bottiglie soprattutto segnate dai big del metodo charmat
mondiale, Asti e Prosecco che rappresentano il mix ideale gradito da
molti consumatori curiosi, neofiti o da raffinati palati. Il mercato
che segna la maggior crescita è quello Usa con 22,3 milioni di
bottiglie, exploit che ha superato il consumo di Champagne. La Germania
resta comunque il primo mercato europeo (580 milioni di bottiglie in
totale è il consumo interno), trend positivi anche nel Regno
Unito e in Giappone con circa 5 milioni. Importanti i segnali provenienti
dalla Russia (+ 20%), dalla Svizzera (+ 12%), dall’Austria (+
10%) e anche dalla Francia (+ 9%).