PERCORRENDO
LA FILIERA IMBALLAGGI
IL FOOD PACKAGING SI EVOLVE Il nuovo regolamento europeo ‘benedice’ l’utilizzo di imballaggi attivi e intelligenti in grado di segnalare immediatamente eventuali anomalie del contenuto Gli imballaggi attuali non sono solo meri contenitori, fanno di più: sono comunicatori, in quanto riportano informazioni nutrizionali e modalità d’uso; sono media pubblicitari che rammentano logo e colori dei diversi brand per una identificazione immediata. Soprattutto però sono protettori e garanti dei prodotti alimentari che contengono. O così dovrebbe essere poiché il “rischio packaging”, anche se sempre molto meno diffuso, esiste. La metà dei prodotti agricoli - dice la Fao - è soggetta alla distruzione poiché non adeguatamente confezionata. Le aree ‘sensibili’ collegate all’imballaggio sono in concreto due: la prima consiste nei possibili difetti dello stesso, ad esempio, eccessivo passaggio della luce, troppa umidità, troppo ossigeno, fattori che possono degradare la qualità dell’alimento. La seconda, la cessione di talune sostanze del pack trasferite ai cibi e/o bevande, fenomeno che nei mesi scorsi (caso Itx, fissatore dell’inchiostro) ha creato allarme amplificato dalla stampa pur se i risultati finali hanno dimostrato l’infondatezza. La nuova frontiera degli imballaggi comunque avanza. E’ il caso dei packaging attivi realizzati con materiali e dispositivi capaci di rilasciare al loro interno sostanze che migliorano la serbevolezza (antimicrobici) o di assorbire sostanze indesiderate quali etilene, ossigeno, umidità, ecc. L’etilene, ad esempio, è quell’ormone che dà impulso alla sovramaturazione dell’ortofrutta. L’americana Active Pack International ha, a questo scopo, brevettato il sistema Bio Fresh map. Sempre concernente lo studio degli imballaggi attivi, ci sono progetti finanziati dalla Ue, che sfruttano principi attivi contenuti in sostanze naturali. L’università di Saragozza ha sviluppato film antiossidanti introducendo oli essenziali estratti da origano, cannella ed altre spezie. Altri studi e applicazioni riguardano quelli che comunemente sono chiamati smart packaging che prevedono la presenza interna o esterna al contenitore, di indicatori capaci di dare l’ok sull’integrità o meno del prodotto contenuto. Rilevatori d’ossigeno nelle confezioni sottovuoto come quello della nipponica Mitsubishi chiamato Angeless, per tacere dei ‘vecchi’ indicatori tempo/temperatura (TTI) attivi da oltre 30 anni ma, quantomeno dalle nostre parti, assai poco utilizzati. ARTE BIANCA |