PERCORRENDO
LA FILIERA PRODOTTI
DI PANETTERIA 19 giugno 2006. Quantomeno è ciò che si evince nel settore dell’arte bianca circa i consumi che stanno invertendo una tendenza negativa. Infatti, nel 2005 e nei primi cinque mesi di quest’anno, pane e prodotti di panetteria hanno fatto segnare un aumento, seppure minimo, del 1% degli acquisti delle famiglie italiane. Ciò successivamente ad una pesante riduzione che ha toccato sino il 25% registrata negli anni passati. Il valore del mercato di pane, grissini, craker, panetti, ecc è di circa tre miliardi di euro, per la precisione 2,86 miliardi. Superfluo sottolineare che il pane rappresenta, da solo, l’88% in quantità e l’83% in valore pur essendo il prodotto con il prezzo di vendita più basso stimato (certamente per difetto) in 2,3 euro al chilogrammo. Esiste tuttavia la disponibilità, sia dichiara sia latente, di spendere di più per pani di chiara impronta territoriale. Insomma, c’è voglia, anche per questo prodotto base dell’alimentazione, di tradizione, radici e connotazioni di autentica provenienza e fattura. Il Pane casereccio di Genzano, fresco di indicazione geografica protetta (Igp) così come la Coppia ferrarese e quello Dop di Altamura al quale si aggiungerà presto il Pane di Matera Igp ne sono la conferma. Va altresì detto che esistono comunque ben 44 prodotti, ottenuti seguendo tecniche tradizionali rimaste inalterate, in cui al nome “pane” è aggiunta la specifica del luogo d’origine. ORTOFRUTTA 19 giugno 2006. La 23a edizione di Macfrut, rassegna internazionale del settore ortofrutticolo, ha registrato - sotto il profilo dell’interesse e sotto il profilo organizzativo - un bilancio positivo annoverando la presenza di 700 imprese (+3% rispetto allo scorso anno) visitate negli stand e nelle altre aree espositive da 25mila persone di cui 6.500 straniere. Sul versante della produzione e dei consumi però di positivo c’è poco, anzi, nulla. Ecco il quadro complessivo: per l’Italia il settore ortofrutticolo ha significato nel 2005 una produzione lorda vendibile (Plv) valutata 11,2 miliardi di euro segnando un -4,2% rispetto l’anno precedente. Calati anche (-3,8%) i volumi prodotti per un totale di 24,6 milioni di tonnellate mentre si è ben comportata la produzione biologica che in Europa vale 12 miliardi di euro (+10% di crescita media) ma non così i consumi interni che per una serie di ragioni (prezzi soprattutto) ristagnano. Ergo, produciamo bene ed esportiamo altrettanto bene ma non consumiamo. Cattive notizie per quanto riguarda i consumi delle famiglie italiane di ortofrutticoli sia freschi sia congelati. Tra il 2004 e il 2005 il calo globale è stato del 3,7% in quantità, ossia da 8,2 milioni di tonnellate a 7,9 ed una flessione del 6,5% nella spesa passata dagli 11,9 miliardi a 11,1. Nel primi due mesi di quest’anno sembra notare un certo miglioramento negli acquisti segnando un incoraggiante + 1,2 percento. IMPRESE ALIMENTARI 19 giugno 2006. Un altro pezzo di
quel che resta del cosiddetto “italian food” è recentemente
passato in mani francesi. Si tratta del marchio e dello stabilimento di
produzione modenese della Fini acquisiti al 100% dal fondo francese L
Capital collegato al potente gruppo del lusso Lvmh (che significa Vuitton,
Möet & Chandon, Hennessy, ma anche Dior, Fendi, ecc). Quest’ultima
operazione è il prosieguo del precedente shopping di cose buone
da mangiare di casa nostra; infatti, la scorsa estate il fondo transalpino
aveva fatto un’altra acquisizione passata praticamente inosservata,
comperando un’altra azienda del Modenese, precisamente di Ravarino,
le Conserve della Nonna (oggi Nuova Conserve) che è stata capofila
del progetto. Ora, sarà anche possibile che nonno Telesforo Fini,
capostipite e fondatore nel 1912 di una impresa alimentare diventata fiore
all’occhiello del made in Italy gastronomico, sorrida felice che
i “suoi” tortellini abbiano conquistato la Francia. Ciò
che invece verosimilmente lo farà rivoltare nella tomba è
che anche la “sua” azienda è diventata francese. Ai
suoi tempi le fusioni e acquisizioni, alias M&A, ossia merger &
acquisition non c’erano. Quantomeno non si chiamavano così;
dalle sue parti al massimo si comperava dal vicino una famiglia di lattonzoli
da ingrassare per farne prosciutti. Oggi si chiama globalizzazione.
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