PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

FILIERE AGRICOLE
STOP AL “DIVIDE ET IMPERA”

LEGISLAZIONE
RIFORMA DOP E IGP. OCCHIO ALLE CONTRAFFAZIONI


Cookie & Privacy Policy


FILIERE AGRICOLE
STOP AL “DIVIDE ET IMPERA”

Questa locuzione latina dalle nostre parti è applicata quasi chirurgicamente un po’ in tutti i settori: politici, sociali, culturali, scientifici, industriali, ecc. In particolare laddove “i piatti” sono per così dire, ricchi. Non fa quindi eccezione il mondo agricolo. Nel bailamme (il termine casino sarebbe più adeguato) che regna all’interno del mondo agricolo nazionale si è levato in questi giorni il grido del presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia), Giuseppe Politi nel corso dell’assemblea dell’organizzazione. In concreto, è stato chiesto con veemenza il varo di un organismo permanente di coordinamento tra le maggiori organizzazioni professionali agricole e le centrali delle imprese cooperative. La mozione dovrà essere votata alle elezioni della confederazione nei prossimi giorni. Il chiaro auspicio è il rilancio della competitività del settore con una concertazione più incisiva tra governo e forze sociali, controllo e sorveglianza dei prezzi dei prodotti agroalimentari per far cessare rincari ingiustificati e manovre speculative in atto da anni. In altri termini, la proposta è quella di una Costituente dell’agricoltura, che non nasce da una costrizione, ma da una scelta libera ed autonoma, capace di rappresentare meglio gli interessi generali dell’agricoltura, esaltarne i valori in rapporto alla politica e nell’economia. Sostenere che il quadro generale del settore agricolo nazionale è perlomeno sconcertante è un’ovvietà, dividendo tuttavia in parti uguali - sia chiaro - le responsabilità appunto tra politica e imprenditoria agricola. Sta di fatto che esiste una notevole perniciosa crisi strutturale ed i redditi di gran parte degli operatori del settore, in particolare quelli dei piccoli-medi contadini, sono drammaticamente in calo. Negli ultimi cinque anni - sostengono alla Cia - il valore aggiunto, ossia la ricchezza prodotta dall’agricoltura è rimasta sostanzialmente stabile, con un incremento di solo il 2,5 per cento. Nello stesso periodo, però, i redditi agricoli sono calati del 12,6% e questo in contrasto con la media dei redditi realizzati nell’intera Ue, dove l’aumento è invece del 6%. Se si osservano poi i dati relativi al 2005 si nota un calo produttivo generale delle derrate del 3,5% rispetto l’anno precedente; scesi i redditi del 10,4% così come i prezzi praticati sui campi (- 4,6%) mentre sono aumentati i costi di produzione del 1,5% oltre agli oneri contributivi e previdenziali anch’essi in aumento. Insomma è recessione mentre i prezzi al consumo sono fuori controllo anche a causa (lo denuncia apertamente la Confederazione degli agricoltori) della pesante infiltrazione della criminalità organizzata nei mercati ortofrutticoli imponendo “pizzi” che frutterebbero oltre 10 miliardi di euro. C’è scarsa trasparenza dei processi di formazione del prezzo, con danno agli agricoltori e ai consumatori. Il margine dell’intermediazione commerciale in Italia è il più elevato rispetto agli altri Paesi europei. Le filiere - come chi scrive ha più volte evidenziato - sono lunghe, lunghissime e tortuose e consequenzialmente ad ogni passaggio c’è chi ci mangia facendo lievitare il prezzo finale. Ben venga quindi una seria costituente per il mondo agricolo. Ma non credo si farà mai. Troppi interessi, troppe poltrone e poltroncine e poca volontà di smantellare apparati. All’interno del mondo agricolo si potrebbe estrapolare il settore enoico che è quello costantemente sotto i riflettori, utilizzandolo quale paradigma. Chi ha il coraggio di sostenere che è un comparto chiaro, sano e trasparente e non un’accozzaglia di affabulazioni burocratiche e di smaccati interessi di parte? Un albero della cuccagna al quale una miriade di persone si abbarbica, compresa la stampa che in nome di Bacco sforna in dosi industriali articoli, libri, guide e calepini oltre a mostre, simposi e rosari di degustazioni. L’Everest di Doc e di Docg che forse un consumatore su 10 sa riconoscere e spiegare cosa in effetti significano, servono davvero? Al prossimo imminente Vinitaly sentiremo quasi sicuramente un coro che intona il “magnificat”: che i consumi sono in salita che le esportazioni viaggiano come razzi interplanetari senza però spiegare che in certi mercati si vende sottocosto e tacendo ovviamente che sulle tavole domestiche il Tavernello et similia sono in assoluto i vini più presenti. Sentiremo, come sempre, un bel coro a più voci ma chi ha orecchio percepirà che il coro è stonato.


LEGISLAZIONE
RIFORMA DOP E IGP. OCCHIO ALLE CONTRAFFAZIONI


Con le elezioni alle porte e con il clima avvelenato di questa lunghissima campagna elettorale che coinvolge l’establishment politico e industriale e finanziario ma assai meno, molto meno la cosiddetta “ggente” comune, c’è il rischio che imprenditori e consorzi di tutela delle nostre eccellenze agroalimentari non seguano con la dovuta attenzione la riforma della normativa europea sulle denominazioni d'origine protetta (Dop) e indicazioni geografiche protette (Igp) varata dal Consiglio dei ministri dell'agricoltura della Ue. Si tratta di difendere il primato delle produzioni di qualità che l’Italia ha conquistato in Europa che constano in 155 denominazioni riconosciute che rappresentano oltre il 20% del totale. Risultato eccellente, tuttavia personalmente credo vi sia un eccesso di affannosa rincorsa all’ottenimento dei sigilli europei anche per prodotti che sono a mala pena conosciuti in ambito zonale e che non appariranno mai né sul mercato interno e ancor meno su quelli internazionali. E’ infatti un insulto all’intelligenza sostenere, ad esempio, che il riconoscimento Ue per il ficodindia dell’Etna (Dop) o il fagiolo di Sorana (Igp), piuttosto che per l’olio extravergine Pretuziano così come per i marroni di Castel del Rio (Igp) sia necessario per salvaguardarne le contraffazioni proteggendoli in campo internazionale. E neppure serve per la loro valorizzazione poiché non essendo diffusi che in modestissima parte sul territorio nazionale e neppure esportati, nessuno, o più precisamente ben pochi li conoscono. Suvvia, parliamoci francamente: i motivi sono altri. Ma questa è un’altra storia. In ogni caso mi riconosco tra coloro che si battono per la difesa delle tradizioni e delle produzioni di quei “giacimenti” agroalimentari che il nostro Paese ancora produce e conserva, ma credo, anzi, ne sono certo, ci siano altre strade per promuovere e valorizzare queste superbe nicchie senza ricorrere a Bruxelles dove è prassi mercanteggiare i sigilli europei a botta di compromessi con altri Paesi. E oggi con la comunità è allargata a 25 i mercanteggiamenti si moltiplicano. Faccio un esempio così che risulti più chiaro ciò che intendo. L’Italia è il Paese che vanta in assoluto il numero di fonti e polle d’acqua minerale più cospicuo. Eppure non c’è una nostra acqua che possa vantare il riconoscimento europeo. Mi chiedo poi cosa si è dovuto barattare con i cugini francesi affinché ottenessero la Dop per il fieno. Ho scritto giusto: il Foin de Crau. Tuttavia, ci sono prodotti tipici di assoluto valore che con corpose masse critiche hanno conquistato i mercati di mezzo mondo che sono assaliti vergognosamente da scopiazzature che ne ledono l’immagine e penalizzano pesantemente, sotto il profilo economico, produttori e consorzi. Non annoierò ricordando che il Parmigiano Reggiano è diventato “Parmesaö” in Brasile, “Regianito” in Argentina, “Reggiano e Parmesano” in tutto il Sudamerica e “Parmesan” dagli Stati Uniti al Canada, all'Australia fino al Giappone. Così come il Grana Padano si chiama “Pardano", o "Grana Padana" nonché "Grana Padona". Queste, solo per citare le più colorite e smaccate turlupitudini registrate. Sono peraltro anche "piratati" il Provolone, l'Asiago e la Mortadella Bologna, la Mozzarella di Bufala (quest’ultima - lo ammette anche il Consorzio di tutela - anche in Italia), la Robiola, il Gorgonzola e il Caciocavallo prodotti in Canada, il Salame Milano prodotto a Santiago del Cile e i Cacciatorini in Sud Africa. La Coldiretti nel commentare la riforma della normativa europea sostiene che deve garantire la trasparenza dell'informazione ai consumatori sull'origine degli alimenti con particolare riferimento a quelli di provenienza extracomunitaria che devono avere le stesse garanzie di sicurezza alimentare di quelli europei. E la Commissione Europea deve ora dimostrare abilità negoziale nel far valere a livello internazionale i passi in avanti compiuti al fine di garantire reciprocità, nel rispetto della proprietà intellettuale delle denominazioni contro le falsificazioni e l'agropirateria. Contro i pirati del cibo che falsificano l'identità territoriale degli alimenti sul mercato globale ostacolando il commercio leale, l'Unione Europea deve ora ricercare un'alleanza anche con i Paesi in via di sviluppo per spingere il Consiglio del Wto a prendere misure appropriate entro il 31 luglio 2006, come previsto dalla VI Conferenza Ministeriale che si è chiusa a Hong Kong. Entro questa data il Consiglio deve, infatti, esprimersi sulla possibilità di estendere la protezione delle indicazioni geografiche oltre che ai vini e agli alcolici anche ad altri prodotti, come formaggi e salumi ma anche caffè, cacao o altro. Alemanno è ottimista. Ecco, testuale la nota del Mipaf.

«La riforma odierna delle regole europee per Dop, Igp e Stg contiene molte delle proposte presentate dall’Italia e, in larga parte, norme già osservate dal nostro Paese”.“In particolare - spiega Alemanno - secondo le indicazioni date dall’Italia, sono state apportate modifiche alla parte del regolamento che concerne il controllo”. “Si semplifica poi, la documentazione da trasmettere a livello europeo, perché si tratta di presentare un unico documento. Si accorceranno pertanto i tempi tecnici e le procedure saranno molto più snelle”. “Inoltre, i Paese membri saranno chiamati a un atto di responsabilità, avendo ora l’obbligo di dichiarare che il documento presentato dai propri produttori per ottenere le denominazioni è conforme alle regole».