|
PERCORRENDO
LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com
]
Sommario
MARKETING & COMUNICAZIONE
SI RIDUCE L’ATTENZIONE DELLE
IMPRESE VERSO LA STAMPA.
CONSUMI ALIMENTARI EXTRADOMESTICI
LACRIME DI COCCODRILLO
CONSUMI DI LUSSO
CAFFE’ ESPRESSO: “SOLO”
CINQUE EURO ALLA TAZZINA
Cookie & Privacy Policy
MARKETING
& COMUNICAZIONE
SI RIDUCE L’ATTENZIONE DELLE IMPRESE
VERSO LA STAMPA.
E’ amaro oltre che doloroso ammetterlo ma è la pura verità.
Da parte delle aziende, specie quelle produttrici di alimenti e bevande,
la stampa non è ancora snobbata ma sta perdendo prestigio e autorevolezza.
Sto parlando di aziende e non di consorzi, associazioni, federazioni,
fiere e pro loco che, al contrario si appoggiano giustamente appunto alla
stampa per mostrarsi. Le imprese invece, da tempo, utilizzano altri mezzi
per mostrare le numerose innovazioni e i frutti di ricerche e sperimentazioni
che generano i nuovi prodotti. Certo, il mezzo pubblicitario è
più semplice e immediato, tuttavia nessuna, o pochissime aziende
ultimamente si affidano alla stampa per spiegare come sono riuscite ad
ottenere la tal bibita, a realizzare un certo insaccato piuttosto che
l’innovativa merendina o snack. A chi risulta, tanto per fare un
esempio, che Ferrero racconti i processi produttivi dei Tic Tac piuttosto
che della Fiesta o della Nutella. Riguardo a quest’ultima sarebbe
interessante chiedere se c’è lo zampino del colosso di Pino
Torinese sul fatto che in Argentina - dove Ferrero si approvvigiona -
pare esista la nocciola “tonda e gentile”. Ma non c’è
un copywrit langarolo? Che Campari spieghi una volta per tutte la faccenda
dei coloranti del suo mitico bitter? Che Bonduel faccia seguire interamente
il ciclo di lavorazione, o meglio, dell’intera filiera dei suoi
ortaggi di quarta gamma? Ci sono le cartelle stampa che spiegano tutto,
ok, ma ovviamente sono la “voce del padrone” e non certo ciò
che veramente il consumatore vorrebbe conoscere. Non sono che esempi beninteso,
tuttavia credo che una non piccola parte di chi esercita il nostro mestiere
non se ne preoccupa. A microfoni e riflettori accesi e a taccuini aperti
non c’è presidente, amministratore delegato, direttore generale
o marketing manager che non asserisca che la stampa è il veicolo
più importante per far conoscere un’impresa, la sua mission
e i suoi prodotti. Insomma, a far vendere. Tuttavia, a microfoni e riflettori
spenti, la musica è diversa. Basta rizzare le orecchie e guardarsi
attorno disincantatamene per capire che il chiamarci sempre più
raramente a raccolta per una conferenza stampa, una presentazione o una
visita aziendale è considerato una sorta di “atto dovuto”,
l’utilizzo di una delle leve del marketing aziendale. Azioni che
si devono fare e si fanno, ma sempre più obtorto collo poiché
una volta invitati, dopo beninteso il caffè o l’aperitivo
(“ma che tartine orribili” che pasticcini secchi” si
sente stizzosamente bisbigliare) si accorgono chi hanno davanti. Se ne
accorgono dalla svogliatezza, dal sussiego e dal sopracciò di molti
colleghi che hanno magnanimamente aderito all’invito; per tacere
del vero incubo dei relatori allorquando sollecitano a porgere domande.
O c’è un mutismo raggelante oppure imbarazzanti sbrodolamenti
che nulla c’entrano con il contesto. Quasi nessun collega si è
documentato e quindi non conoscono neppure sommariamente l’attività
dell’azienda, che peso ha, qual è la sua posizione sul mercato
o i mercati, chi sono i suoi competitor, qual è il suo giro d’affari,
dove vende e a chi vende. Non sono un masochista, solitamente i panni
sporchi…con quel che segue. Ma spesso è così. Superficialità?
Chiamiamola così. Ma attenzione, c’è da entrambe le
parti. Affidando l’organizzazione dell’evento a volte ad agenzie
professionali, ma assai spesso a garrule fanciulle improvvisatesi p.r.,
ciò che conta per loro è il numero dei giornalisti che riescono
a radunare così che presentando il report finale fa premio la numerosità
degli intervenuti. Ma a monte non ci sono filtri né controlli,
nessuno chiede se i giornalisti sono davvero tali o imbucati merendieri-
acchiappa gadget. Nessuno ha un nostro profilo professionale; mogli e
figli di editori o capiredattori nonché venditori di spazi pubblicitari
si presentano come “inviati” raccattando la cartella stampa,
ma ciò che più conta, il “regalino”, incapaci
di trasmettere un dato, una sensazione, una annotazione personale salvo
commentare la consistenza del buffet, le scomodità del viaggio
o ironizzare sulla preziosità del gadget. Personaggi patetici mescolati
a professionisti che vogliono capire incalzando e ribattendo, che non
si accontentano delle scontate dichiarazioni preconfezionate. Tutti nel
calderone del report delle gentili pr. Quindi non siamo tutti uguali.
Ovvio, ma l’impressione globale che l’azienda ricava non è
certo positiva. Quindi dividiamo le responsabilità: c’è
sciatteria anche tra i componenti della stampa ma anche scarsa profondità
nelle imprese. Altra considerazione, la crescente indifferenza delle aziende
verso la stampa è data dal fatto che spesso il relatore dell’evento
sciorina dati e informazioni come se fossero tavole della legge. Guai
a contraddirlo e incalzarlo chiedendo dettagli e puntualizzazioni, si
rabbuia, si irrigidisce, come un qualsiasi politico burbanzoso non accetta
o accetta di malagrazia di rispondere a tono oppure - i più sofisticati
- sciorinano un rosario di parole sensate ma fuori contesto senza, di
fatto, rispondere. Come si traduce poi il tutto? In piatti articoli chissà
perché sempre positivi, senza un graffio, una perplessità.
Ma in pratica è quello che l’azienda voleva. Ho sentito molti
e molti commenti, sia confidenziali sia “spiati”, di top manager
che a mezza voce concludevano più o meno così: “Ci
è costato un bel po’ di soldi ma in fondo nessuno ha scritto
male di noi. Va bene così!”. Domanda: va bene così?
CONSUMI ALIMENTARI EXTRADOMESTICI
LACRIME DI COCCODRILLO
C’è da perdere l’orientamento. Un giorno si è
l’altro pure si legge e si sente che gli italiani sono alla canna
del gas, che salvo fare rapine a mano armata, borseggiare le vecchiette
o prostituirsi sui viali, non arrivano a fine mese. Poi, scorri gli ultimi
dati del nostro istituto di statistica (Istat) e scopri che il mercato
dei consumi alimentari extradomestici è salito nel 2005 a 58 miliardi
di euro con una crescita del 2,6% rispetto all’anno precedente.
Nelle tane dei “vampiri”, ossia ristoranti e pizzerie, i consumi
sono cresciuti del 2,5% fatturando (si fa per dire) 31,270 miliardi, e
così i bar + 2,5% con incassi superiori ai 20,065 miliardi. Da
non credere, eppure è così. Pur continuando a versar lacrime
leggiamo le previsioni per il futuro a medio termine, ed ecco la sentenza:
il trend di crescita indica che questi consumi saliranno nel 2008 a quota
65,300 miliardi, cioè più o meno il 12,2% in più
rispetto al 2005. In maniera più contenuta crescono anche i consumi
alimentari domestici. Erano pari a 113 miliardi nel 2004, sono saliti
a 114.165 nel 2005. L'aumento della spesa complessiva fuori casa registrato
nel 2005 è stato causato da un incremento del prezzo delle consumazioni
stimato in un +4,5% (+14,47 euro per pranzo o cena e +1,80 euro per caffè,
colazione o snack). E’ stata riscontrata una diminuzione del 2,5%
della frequenza dei pasti fuori casa, ma con un lievissimo aumento della
popolazione coinvolta, in pratica 18 milioni e 200mila persone consumano
fuori casa almeno una volta a settimana. Gli atti di consumo extradomestici
sono pressoché stabili e di poco superiori agli 8 miliardi così
come pressoché stabile è il numero delle cene o pranzi o
equivalenti (3 miliardi di atti). Per quanto riguarda le occasioni di
consumo, si stima che siano 4,3 milioni i fruitori di colazioni, 11,4
milioni di pranzi, quasi 2 milioni di cene e 6,1 milioni di merende. I
bar, a fronte di un calo del numero degli avventori evidenziano un aumento
di quelli ad apertura serale, passati dai 6.800 del 1998 ai 7.200 del
2005. Cresce leggermente, invece, il numero dei ristoranti, saliti da
101.000 del 2001 a 103.000 del 2005, dei quali più di un terzo
fra pizzerie (23.690) e trattorie (12.360). E le lacrime ?
CONSUMI DI LUSSO
CAFFE’ ESPRESSO: “SOLO” CINQUE
EURO ALLA TAZZINA
A conferma di quanto scritto nel pezzo qui sopra riguardo le spese extradomestiche
per cibi e bevande, ecco una notizia che ricavo dal sito Kopy Luwak verosimilmente
ripresa poi da quotidiano “Repubblica”. In un bar di Parma
(ma è prevista una espansione anche in alcuni locali di Milano)
si può gustare il caffè più prezioso e più
caro del mondo. Cinque euro tondi tondi a tazzina, oppure 500 e passa
euro al chilo per macinarselo e prepararselo a casa. Ma quale Arabica,
quali coltivazioni d’alta montagna! Qui si tratta di bacche mangiate,
digerite (sob) ed evacuate (sob sob) dal Paradoxurus nome scientifico
del Luwak, grazioso e pressoché sconosciuto felino somigliante
allo zibetto che vive felice in Indonesia. Il suo cibo preferito è
costituito dalle ciliegie rosse del caffè che una volta ingerite
mettono in moto i succhi gastrici ricchi di enzimi particolarmente zuccherini
che, per così dire, tostano naturalmente i chicchi. Un certo numero
di solerti raccoglitori – probabilmente non appartenenti al club
degli equo-solidali - recupera i chicchi “espulsi” che in
ogni caso vengono tostati regolarmente presso una normale torrefazione.
Chi lo ha assaggiato trova che questo specialissimo e raro caffè
non ne è pienamente convinto; il caffè è molto forte
e al palato risulta molto tostato con un retrogusto di zucchero bruciato
ma anche con sentori floreali e note di cioccolato e caramello. Il suo
arrivo in Italia (si può comunque acquistarlo su e.bay), si deve
all’iniziativa di Lino Alberini di Parma che per la bevanda ha una
vera e propria passione. Tanto che ha avviato i Lino’s Coffee Shop
(attualmente una dozzina in Italia e due all'estero), nei quali Alberini
mette a disposizione dei cultori le migliori produzioni mondiali unitamente
all'orzo in tazza coltivato biologicamente. Riguardo al Kopy Luwak concorda
si tratta di una curiosità ma che merita metterla a disposizione
di chiunque. Con 5 euro ognuno può togliersi lo sfizio di bere
una tazza del caffè più prezioso e raro del mondo.
|
|
|