PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

BILANCI
L’AGROALIMENTARE VALE IL 15% DEL PIL


NUOVE ASSOCIAZIONI
AVANTI C’E’ POSTO


COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA
I MINISTERI FANNO SPOT


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BILANCI
L’AGROALIMENTARE VALE IL 15% DEL PIL

Il settore alimentare è tra i più controversi di tutto il sistema delle merci. Non c’è giorno che media e osservatori non se ne occupino, vuoi per la delicatezza della sua quintessenza, vuoi perché offre spunti e condizionamenti che abbracciano uno scibile enorme: dalla finanza alla salute, dal sociale agli stili di vita passando dalla ricerca a mode a cervellotiche, dal sudore dei campi a disinvolte esecrabili sofisticazioni di materie prime e prodotti trasformati. Infatti, non sono tutte rose e fiori le notizie riguardanti l’universo dell’agroalimentare. Assieme a recupero e salvaguardia di alimenti tradizionali, straordinari miglioramenti anche tecnologici in campo agricolo, zootecnico ed enologico, si contrappongono storture, furberie, appropriazioni indebite di fondi Ue, carenze infrastrutturali in parecchi comparti (ortofrutticolo in primis) burocratizzazione esasperata, eccetera. Ciò malgrado, il settore è in buona salute - e quanto migliore sarebbe se appunto depurato da gangli, laccioli e scorrettezze -, tant’è che l’Italia tra agricoltura, industria, distribuzione e servizi vanta un fatturato che supera abbondantemente 180 miliardi di euro, pari al 15% del prodotto interno lordo (Pil). Da fonte Agra si deduce inoltre che il valore del solo settore agricolo è di 40 miliardi di euro, composto da circa un milione di imprese (16% del totale nazionale) indice, purtroppo, di estrema parcellizzazione specie se raffrontato all’industria alimentare che ne conta 300mila di meno. Cospicuo il patrimonio agroalimentare anche sotto il profilo qualitativo, l’Italia, infatti, è leader per quanto concerne le specialità alimentari fregiate con i marchi europei di denominazione d’origine e di indicazione geografica. Ad oggi ne vanta ben 153, ossia il 20% del totale comunitario il cui valore al consumo è di 5,6 miliardi di euro, di cui 1,5 realizzati dalle esportazioni. Riguardo al vino, siamo il secondo produttore europeo con un patrimonio di oltre 400 vini Doc, Docg e Igt, pari al 60% della produzione nazionale. Vini che realizzano un fatturato che sfiora gli 8 miliardi di euro di cui circa 3 miliardi provenienti dalle esportazioni. Interessante, infine, la credibilità (certo, anche interessata: i contributi europei pesano) verso il biologico; siamo il secondo produttore mondiale alle spalle dell’Australia di alimenti bio. Notare, ad esempio, che superiamo persino, Usa, Argentina e Brasile che hanno superfici coltivabili enormemente più vaste rispetto a noi.


NUOVE ASSOCIAZIONI
AVANTI C’E’ POSTO


Pochi giorni fa è stata costituita una nuova associazione, precisamente l’Aicig, che dovrebbe radunare i Consorzi di tutela delle indicazioni geografiche. Lo scopo primario è lo studio e la consulenza in materia di indicazioni geografiche dei prodotti alimentari, in particolare, recita lo statuto: “Svolgere attività di supporto tecnico a favore del Ministero delle Politiche Agricole, autorità competente per le richieste di protezione di prodotti d’origine nonché per la modifica dei disciplinari esistenti”. Letta così non fa una piega, tuttavia qualche perplessità sorge. Ora, è verosimile pensare che quei produttori che obbligatoriamente si sono dovuti consorziare per ottenere il riconoscimento europeo di un determinato prodotto ben conoscono l’iter burocratico che necessita percorrere, conoscono gli atti, le procedure, i comportamenti, le buone prassi sia di coltivazione o allevamento e naturalmente di trasformazione necessari. Sanno che altrettanto obbligatorio è redigere capitolati che dovranno passare al vaglio delle Camere di Commercio ed altri Enti nonché di avere a controllo una entità super partes che certifichi l’operato. Sanno delle norme igienico-sanitarie occorrenti ed ovviamente sono consci delle tradizioni e della qualità, non solo percepita, delle materie prime che lo costituiscono. Infine, sanno, o dovrebbero sapere, che il Ministero funge in concreto da Cassazione affinché la pratica per l’agognato ottenimento del sigillo europeo giunga alla commissione di Bruxelles che ne decide definitivamente o meno l’approvazione. Sin ora per le 153 Dop, Igp e Igt ottenute dalle specialità italiane è andata così, ossia tutti questi obblighi e passaggi i Consorzi li conoscevano, li hanno applicati con evidenti risultati positivi. Perciò incuriosisce la dichiarazione del neo presidente di questa nuova associazione, Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio dell’olio Chianti classico Dop, che scandisce: “La costituzione dell'Aicig - rappresenta un atto di assoluta rilevanza per il settore delle produzioni italiane di qualità riconosciute dal Regolamento Europeo per l'importanza strategica che tali prodotti rivestono nel nostro Paese. Stabilire la congruità delle richieste di riconoscimento di nuovi prodotti Dop e Igp è un compito estremamente impegnativo e delicato per il Mipaf, per riuscire a potenziare e non svilire le specificità del ricco patrimonio agroalimentare nazionale”.
Alla luce di cotanta certezza, umano chiedersi se i rappresentanti dei futuri Consorzi di tutela non siano in grado da soli di ottemperare - alla stregua dei 153 colleghi che li hanno preceduti con successo - alle pratiche e alle normative necessarie, oltre a chiederci se il Mifap (che è uno dei suoi precipui compiti) non sia capace autonomamente di potenziare, ma soprattutto, non svilire le “specificità del ricco patrimonio agroalimentare nazionale”. In buona sostanza la domanda finale che mi pongo è questa: serve proprio un’associazione siffatta? Non sarebbe meglio chiamare le cose col suo nome, magari semplicemente “Agenzia di consulenza”? Un’ultimo quesito: tutti i Consorzi si riconoscono in questa associazione così come implicito nella sigla Aicgi? Mentre scrivo, dal primo giro di informazioni parrebbe di no. Tuttavia, come diceva Lorenzaccio de’ Medici: “del doman non v’è certezza, e chi vuol esser lieto sia”.


COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA
I MINISTERI FANNO SPOT


Per coloro che non si fossero ancora accorti siamo agli sgoccioli della legislatura. Ancora un paio di mesetti e avremo un nuovo Governo, oppure lo stesso con qualche modifica. Ma come ci si accorge che questo ciclo quinquennale sta finendo? Mica perché la campagna elettorale si fa ogni giorno più rovente con corollario di scontri verbali infarciti di insulti e demagogiche invocazioni alla par condicio. Macché, lo si evince dalla pubblicità. Investitori sino ad ieri sconosciuti nel panorama degli spender improvvisamente comprano ore di spazi sulle emittenti a più alto tasso di audience e paginate sui maggiori quotidiani e riviste per “vendere” i loro prodotti. In realtà non si tratta di vere e proprie “vendite”, la comunicazione che intendono far passare è per cosi dire educazional-illustrativa. Insomma, gli investitori di fine legislatura vogliono spiegare agli italiani quanto i vari Dicasteri sono vicini al cittadino: gli suggeriscono come mangiare italiano, gli documentano quanto sono stati bravi a fare ponti, strade, aeroporti, gli rammentano come la rete ferroviaria nazionale è ramificata e come sono veloci e sicuri i convogli; lo illuminano sull’efficiente sistema sanitario nazionale; ci ricordano, ammonendoci paternamente, che senza computer non saremmo in grado neppure di infilarci le mutande. Raschiando il barile dei fondi a loro disposizione, sono riusciti con creatività a farci sapere, sorprendendoci, tante cose utili con l’ausilio di facce conosciute sia dal colto sia dall’inclita quali testimonial credibili. Io, per esempio, sono grato al Ministero delle Politiche Agricole che coinvolgendo la garrula Antonella Clerici spalleggiata dall’immarcescibile Pippo Baudo, poiché mi hanno “illuminato” sulle corrette ed opportune scelte degli alimenti. Senza, avrei continuato a comperare caci, salamini e broccoletti alla cieca, ora invece vado a colpo sicuro comperando prodotti Dop e Igp. Diligente vero? Peccato che per cinque anni me l’abbiano taciuto. Ora mi resta solo capire il significato di quelle sigle. Sono fiducioso: me lo spiegheranno alla fine della prossima legislatura.