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SALUTE
E BENESSERE
Verso scelte alimentari più sane
Quali sono le etichette e le indicazioni
più utili? Dal semaforo ai database degli ambientalisti, criticità
e punti di forza
Quali sono gli strumenti più efficaci sulle etichette per indirizzare
le scelte alimentari dei consumatori? È più utile un segnale
che renda riconoscibili gli alimenti più sani, o uno “stop”
che eviti scelte sbagliate? Di recente, la Coldiretti ha dedicato un articolo
all’argomento, oggetto di dibattito in Europa, e non solo, visto
che le informazioni nutrizionali dettagliate e scritte in piccolo sull’etichetta
non sembrano sufficienti a orientare i consumatori. A livello normativo,
già dal 2006 l’Unione europea ha previsto la possibilità
di integrare le etichette con informazioni semplificate (Health &
Nutrition claim). Tale provvedimento è stato completato dal regolamento
UE 1169/2011, che prevede per gli Stati membri «la possibilità
di introdurre aggiuntive disposizioni circa le info nutrizionali volontarie,
anche tramite simboli, loghi o simili», a patto che non siano discriminanti
e non impediscano la libera circolazione delle merci.
Resta da capire quali siano i messaggi più efficaci. L’Olanda
per esempio ha scelto di segnalare – con l’etichetta Choices
– i cibi migliori nelle rispettive categorie, in termini di contenuto
di grassi zuccheri e sale. L’etichetta, un baffo azzurro evidenziato
da un cerchio, è proposta in due versioni: il cerchio verde indica
alimenti essenziali come vegetali, carni o latticini, mentre quello
azzurro alimenti superflui come snack o merendine. Sullo stesso principio
si basa la Keyhole, la serratura colorata utilizzata in Svezia da oltre
venti anni e ora adottata anche dagli altri paesi scandinavi. Per
fregiarsi del simbolo, che indica un prodotto particolarmente sano, le
aziende devono rispettare alcune caratteristiche in merito ai contenuti
di fibre, sale, zuccheri, grassi e grassi saturi. In questo caso, l’adesione
al programma da parte delle aziende è volontaria, e l’indicazione
è relativamente neutrale, nel senso che non invita a scegliere
tra alimenti più o meno sani, ma a fare la scelta più sana
tra le diverse categorie di alimenti, si tratti di maionese o di pane
integrale.
Diversa la proposta inglese: qui si utilizzano dei semafori che evidenziano
le criticità di ciascun alimento, avvertendo che i cibi con “semaforo
rosso” per contenuto elevato di sale, zuccheri e grassi devono essere
consumati solo occasionalmente. Lo schema inglese è stato criticato
da altri paesi europei, tra cui l’Italia perché semplificando
troppo rischia di penalizzare alimenti alla base della dieta mediterranea
come l’olio di oliva. Resta il fatto che è molto difficile
sintetizzare con un’immagine -o un numero- un concetto complesso
come quello della salubrità del cibo. Anche perché ci sono
studi che indicano come qualsiasi tipo di etichetta dall’aspetto
scientifico, a prescindere dal contenuto, tenda ad aumentare la fiducia
del consumatore in quel particolare prodotto. Tanto che l’Unione
europea ha avviato il progetto Clymbol, che si concluderà nel 2016,
per valutare l’effetto di questo tipo di indicazioni e più
in generale degli health claims.
Il problema non è solo europeo, considerato che un’indagine
recente mostra che il 52% dei consumatori americani pensa sia più
facile calcolare le proprie tasse che capire quali alimenti siano salubri.
E proprio negli Stati Uniti la tradizionale immagine della piramide alimentare
utilizzata per anni per diffondere una dieta bilanciata, è stata
sostituita dalla campagna Chose my plate, che permette di visualizzare
le proporzioni tra i diversi gruppi di alimenti in un pasto giornaliero.
Il dato però non viene considerato esauriente, visto che sempre
il governo americano propone anche un’informazione più completa
e dettagliata, come lo Healty eating index. Si tratta di un database corredato
di app che permette di costruire una dieta equilibrata.
Resta la difficoltà di fornire informazioni in modo neutrale: lo
dimostrano le polemiche che hanno accompagnato il database proposto da
Environmental Working Group (EWG), l’associazione ambientalista
che ha classificato 80.000 prodotti con voto da uno a dieci – più
è basso, meglio è – prendendo in considerazione additivi,
pesticidi e lavorazioni inquinanti. Una classifica che assegna punteggi
negativi anche a sostanze GRAS (Generally Recognized as Safe) , ovvero
riconosciute sicure dall’FDA. (Paola Emilia Cicerone - www.ilfattoalimentare.it)
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