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Alleanza Cooperative: “il
mare è la pattumiera del mondo, ma paga solo la pesca”
L’Alleanza Cooperative Italiane Pesca apre una vertenza sull'ambiente
marino
L'ambiente marino, per molteplici evidenti cause, continua a degradarsi
e le sue risorse a diminuire, ma l'unica attività a cui viene presentato
il conto è la pesca, la più facile da accusare ed a cui
imporre vincoli e limiti crescenti. Per il depauperamento delle risorse
ittiche le fallimentari politiche ambientali nazionali ed europee trovano
certo più facile puntare il dito contro un capro espiatorio fragile,
disperso su migliaia di chilometri di coste, in perenne stato di accusa
da parte di un ambientalismo da salotto con campagne di disinformazione
che non hanno niente di scientifico. Certamente sarebbe molto più
complicato studiare e monitorare altre fonti di impatto, dall'industria
che continua tranquillamente a scaricare nella rete fluviale, alle navi
carretta che lavano i serbatoi in mare, o agli inquinamenti provocati
dalle perdite da trivellazione, tutti interessi forti che è complicato
disturbare e combattere. Molto più semplice accusare i pescatori,
limitare le loro attività, mandarli a casa, perché anche
se sono più degli operai dell'ILVA di Taranto, degli operai della
FIAT Chrysles Automobiles, o del personale dell'Alitalia, loro non fanno
rumore e non vanno in televisione. Dalla “Marine Strategy”
alla “Blue Growth” alla riforma della Politica Comune della
Pesca, l'approccio interdisciplinare alla gestione del mare che tenga
conto di tutte le attività economiche che vi si svolgono (trasporto,
estrazioni petrolifere/minerarie, turismo) e a terra, ma che producono
impatti sul mare (agricoltura, industria, urbanizzazione), è ormai
una nota dominante nell'agenda delle politiche nazionali e multilaterali.
Se lo “spatial planning” dovrebbe consentire una migliore
coesistenza delle attività che occupano o frequentano aree marine
interagendo tra loro non senza conflitti, l'approccio ecosistemico dovrebbe
consentire una valutazione di tutte le diverse fonti di impatto, dei loro
effetti sull'ambiente, e degli interventi necessari per una efficace tutela
del mare e conservazione delle sue risorse viventi. Ma tutto questo rimane
ad oggi nelle belle intenzioni e nei discorsi con cui raccogliere applausi
dal pubblico. Nel concreto non succede niente di nuovo, con l'eccezione
di nuovi adempimenti, vincoli, controlli e limitazioni all'attività
di pesca. Si continua a parlare e a non fare nulla, mentre è sempre
più urgente capire perché le vongole in Adriatico continuano
a morire al di sopra di una certa taglia, e certi stock a diminuire (nonostante
se ne catturi una piccola frazione, come il pesce azzurro) o a disertare
acque da sempre frequentate, fenomeni su cui la pesca c'entra poco o nulla,
ma che provocano il fallimento di imprese e nuova disoccupazione. Nonostante
le buone intenzioni, le attività di ricerca e monitoraggio dell'ambiente
marino diminuiscono e la pesca – che di impatti ne subisce più
di quanti ne provochi – continua a pagare. L’Alleanza Cooperative
della Pesca rivolge un pressante appello al Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali affinché si attivino concretamente
dando vita a uno stretto coordinamento sulla materia. (www.legapesca.coop)
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