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Stop al consumo di suolo. In vent'anni il cemento ha "scippato"
il 16% delle campagne italiane. Ma difendere il territorio è un
dovere: per motivi ambientali, paesaggistici e soprattutto economici
Il nuovo appuntamento della Cia con il ciclo di iniziative "Il territorio
come destino" il 9 marzo a Firenze, a Palazzo Vecchio, alla presenza
dei ministri Martina e Galletti. Bisogna andare avanti sulla legge "salva
suolo", un passo necessario e urgente verso una vera politica di
tutela e prevenzione. Il presidente Scanavino: continuare a perdere terreno
agricolo vuol dire colpire l'economia del Paese aumentando l'import alimentare;
mettere a rischio un patrimonio paesaggistico da 10 miliardi e lasciare
il Paese in balia della minaccia del dissesto idrogeologico. Ora serve
un deciso cambio di passo sul tema, con il protagonismo degli agricoltori.
L'Italia è sempre più in debito di suolo. Mentre la cementificazione
avanza senza sosta, l'agricoltura continua a perdere terreno. In meno
di vent'anni la superficie edificata ha "mangiato" oltre 2 milioni
di ettari coltivati, cancellando il 16% delle campagne, e lo "scippo"
procede tuttora a ritmi frenetici: più di 11 ettari l'ora, quasi
2.000 a settimana, circa 8.000 in un mese. Ma non mettere un freno al
consumo di suolo e difenderlo dalle aggressioni indiscriminate significa
continuare a sottovalutare quella che è una risorsa strategica
del Paese. E non solo per fattori ambientali e paesaggistici, ma soprattutto
per motivi economici e alimentari. E' quanto emerso oggi al convegno "Suolo,
paesaggio, cambiamenti climatici e agricoltura", organizzato a Firenze,
a Palazzo Vecchio, dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, alla
presenza dei ministri dell'Agricoltura e dell'Ambiente Maurizio Martina
e Gian Luca Galletti, e inserito nel ciclo di iniziative pre Expo "Il
territorio come destino".
L'estensione della superficie agricola -ha evidenziato la Cia- è
legata direttamente alla sicurezza alimentare. Ed è per questo
il consumo di suolo coltivato rischia di riflettersi sulle cifre dell'approvvigionamento
alimentare in Italia, dove a oggi si arriva a coprire il fabbisogno di
cibo di tre cittadini su quattro. Dovendo ricorrere alle importazioni
per coprire questo deficit produttivo. D'altra parte, però, gli
italiani credono nell'agricoltura e l'88 per cento di loro si dichiara
preoccupato per l'abbandono delle campagne e per la crisi del settore,
che paga non solo gli effetti del maltempo e dell'embargo russo ma anche
le scelte della politica, a partire dall'Imu.
"Se da una parte cresce la domanda di cibo, dall'altra diminuiscono
le terre coltivate. Una contraddizione che va fermata e affrontata -ha
spiegato il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Altrimenti
si rischia di aumentare la nostra dipendenza dall'estero nel capitolo
agroalimentare, in un contesto globale in cui le stime di Fao e Ocse parlano
per i prossimi anni di un rallentamento della crescita produttiva mondiale,
a cui si affianca però la costante crescita demografica che ci
porterà nel 2050 a superare la soglia dei 9 miliardi di abitanti
nel Pianeta".
Non solo. Perdere terreno agricolo vuol dire anche mettere a rischio un
patrimonio paesaggistico che, tra turismo rurale e indotto legato all'enogastronomia
tipica, "vale" più di 10 miliardi di euro l'anno. Proprio
nelle pieghe del paesaggio agricolo infatti -ha spiegato la Cia- si "nascondono"
quei 4.813 prodotti tradizionali italiani che rappresentano la storia
e la spina dorsale dell'agroalimentare nazionale. Prodotti tipici, locali
e biodiversi che da un lato rendono il "made in Italy" così
ricercato sui mercati stranieri, ma anche così necessario per la
ripresa dell'economia interna, e dall'altro però sono anche i più
vulnerabili di fronte alla minaccia del consumo di suolo.
Inoltre, non si può dimenticare che la mancata manutenzione del
territorio, il degrado, l'incuria, la cementificazione selvaggia e abusiva,
l'abbandono delle zone collinari e montane dove è venuto meno il
fondamentale presidio dell'agricoltore, contribuiscono a quei fenomeni
di dissesto idrogeologico del Paese che sono alla base di tragedie anche
recenti -ha ricordato la Cia-. Tra frane, alluvioni, smottamenti e piene,
l'Italia ha il triste primato in Europa per il maggior rischio idrogeologico,
un "pericolo" che coinvolge quasi il 10% della superficie nazionale
e riguarda ben 6.633 comuni, ovvero l'82% del totale. Quindi tutelare
il suolo significa proteggere il Paese dalla minaccia del dissesto e in
questo senso il ruolo degli agricoltori è fondamentale. I terreni
coltivati, infatti, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare e consolidare
i versanti e per trattenere le sponde dei fiumi, grazie anche alla capacità
di assorbimento e di riduzione dei tempi di corrivazione. Ogni forma di
coltivazione obbliga a un corretto regime delle acque e questo comporta
una sensibile diminuzione dell'esposizione dei versanti al rischio di
smottamenti e dei fondovalle al pericolo di allagamenti.
Non ultimo, l'impatto sui cambiamenti climatici: come ha confermato l'Ispra
nel suo ultimo rapporto, la cementificazione galoppante ha comportato
l'immissione in atmosfera di 21 milioni di tonnellate di Co2 solo tra
il 2009 e il 2012, per un costo complessivo stimato intorno ai 130 milioni
di euro.
Ecco perché "ora c'è bisogno di un radicale cambio
di passo sul tema -ha detto Scanavino-. Sono tanti i motivi per cui oggi
servono nuove e adeguate politiche di prevenzione del territorio, a partire
dalla legge ‘salva suolo', un provvedimento urgente e necessario
che però, tra proposte ferme in Parlamento, modifiche del testo
e iter mai conclusi, non riesce ancora a vedere la luce". A misure
del genere bisogna poi affiancare una puntuale azione di vigilanza e controllo
delle situazioni a rischio, che deve coinvolgere necessariamente gli operatori
agricoli. "Gli agricoltori devono esercitare un ruolo di primo piano
nella difficile impresa di tutela del territorio -ha aggiunto il presidente
della Cia-. Gli strumenti esistono e si attuano tramite le convenzioni
tra le amministrazioni locali e le imprese agricole, che in un'ottica
di sussidiarietà possono esprimere multifunzionalità e pluriattività".
Insomma, ha chiosato Scanavino al termine dei lavori, "non c'è
più tempo da perdere. Occorre porre immediato riparo e lavorare
in tempi veloci per costruire un sistema ambientale realmente sostenibile,
valorizzando il ruolo dell'agricoltura quale volano di riequilibrio territoriale,
produttivo e sociale".
Oltre ai ministri Martina e Galletti, sono intervenuti al convegno Paolo
De Castro, presidente Gruppo S&D commissione Agricoltura Parlamento
europeo; Giovanni La Via, presidente commissione Ambiente Parlamento Ue;
Claudia Sorlini, Comitato scientifico Expo 2015; Enrico Rossi, presidente
Regione Toscana; Dario Nardella, sindaco di Firenze; Giampiero Maracchi,
presidente Accademia dei Georgofili; Luca Brunelli, presidente Cia Toscana;
Cinzia Pagni, vicepresidente vicario nazionale Cia. (www.cia.it)
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