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IN PRIMO
PIANO
In bioeconomia siamo terzi in Europa: in Italia il settore vale 241 miliardi
e 1,6 milioni di occupati
La bioeconomia nei cinque maggiori
paesi dell’Ue ha un valore che supera 1.200 miliardi di euro con
quasi 7,5 milioni gli occupati complessivi. In Italia il settore vale
241 miliardi di euro e circa 1,6 milioni di occupati. A renderlo noto
è il Centro Studi di Intesa Sanpaolo, che ha condotto uno studio
approfondito, il primo effettuato da un privato, su Italia, Spagna, Francia,
Regno Unito e Germania (i paesi della cosiddetta Ue5), dando per la prima
volta anche i numeri dell’export mondiale (2.100 miliardi di dollari
nel 2012).
Ebbene, nella speciale classifica della bioeconomia europea, l’Italia
si piazza terza, preceduta da Germania, con un valore della produzione
di 330 miliardi di euro, e Francia con un valore di 295 miliardi. E seguita
da Spagna, 186 miliardi, e Regno Unito (155 miliardi). Per un totale di
1.200 miliardi di euro e 7,5 milioni di occupati (18 milioni gli occupati
totali nei 27 paesi dell’Unione).
“La quantificazione del valore della bioeconomia – affermano
le due autrici del Rapporto, Stefania Trenti e Serena Fumagalli –
è stata condotta utilizzando le statistiche ufficiali a disposizione
sia sul valore della produzione e dell’occupazione sia per quanto
riguarda i dati di commercio con l’estero. Per quanto concerne agricoltura,
silvicoltura, pesca, alimentare e industria del legno e della carta le
statistiche ufficiali mettono già a disposizione i principali dati.
Più complesso, invece, è stato stimare il contributo fornito
dal settore chimico”.
A livello globale le esportazioni mondiali di prodotti della bioeconomia,
così come classificati dal Centro Studi di Intesa Sanpaolo, ammontavano
nel 2012 – “Ultimo anno con statistiche di commercio mondiale
sufficientemente popolate”, sottolineano le autrici – a 2.100
miliardi di dollari, ovvero l’11,4% del commercio mondiale, una
quota in netta espansione rispetto all’8,9% del 2007. I prodotti
alimentari, con quasi 1.850 miliardi, pesano per il 45% circa sul totale
delle esportazioni. E la filiera agroalimentare nel suo complesso raggiunge
i due terzi del totale, seguita dai biochemicals, che pesano per il 16%
delle esportazioni. Un dato che conferma l’importanza che l’impiego
delle fonti rinnovabili da parte dell’industria può avere
sempre più in prospettiva.
Tra i principali esportatori figurano gli Stati Uniti, la Germania, l’Olanda,
la Francia a cui si aggiungono Cina e Brasile, con quote superiori al
4% del totale delle esportazioni mondiali. Il quadro appare differente
dal lato delle importazioni: nel 2012 il principale importatore mondiale
è stata la Cina, con una quota vicina al 10% delle importazioni
complessive, in netta crescita rispetto al dato del 2008. Seguono i paesi
del G7 e Olanda e Belgio. (www.lastampa.it)
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