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FATTI E
PERSONE
Allarme per fattorie italiane, dal 2008 scomparsi 2 milioni di animali
La Fattoria Italia è a rischio. Nel nostro paese, dal
2008 e cioè dall'inizio della crisi, sono scomparsi oltre 2 milioni
di mucche, maiali, pecore e capre. E' la Coldiretti a lanciare l'allarme
in occasione della festa di Sant'Antonio Abate, protettore degli animali
e patrono di tutti gli allevatori. In occasione di questa festivita' migliaia
di allevatori provenienti da tutta Italia si sono dati appuntamento in
piazza San Pietro per partecipare alla Messa celebrata dal Cardinale Angelo
Comastri e visitare la fattoria a cielo aperto allestita davanti al colonnato
del Bernini dall'Associazione italiana allevatori (AIA).
"Stalle, pollai e ovili si sono svuotati dal 2008 con la Fattoria
Italia che ha perso - sottolinea la Coldiretti - solo tra gli animali
più grandi circa un milione di pecore, agnelli e capre, 800mila
maiali e 250mila bovini e bufale".
"Un crollo - continua la Coldiretti - che rischia di compromettere
anche la straordinaria biodiversità degli allevamenti italiani
dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali
ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di
maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale
dell'ultima programmazione". La Coldiretti nota che dell'asino romagnolo,
noto per il suo temperamento vivace, sono rimasti solo 570 esemplari,
impegnati nella produzione di latte a uso pediatrico e per l'onoterapia.
Della capra Girgentana dalle lunghe corna a forma di cavaturacciolo, si
contano circa 400 capi per la produzione di latte destinato alla Tuma
ammucchiata (formaggio nascosto) stagionata in fessure di muro, che in
passato venivano murate per nasconderle ai briganti. Ma ci sono anche
- continua la Coldiretti - la gallina di Polverara, ritratta con il caratteristico
ciuffo fin dal 1400 in quadri e opere conservati anche nei Musei vaticani,
la Mora romagnola una curiosa razza di maiale dal mantello nerastro, con
tinte dell'addome più chiare, i bovini di razza Garfagnina con
mantello brinato e pelle di colore ardesia che annovera una popolazione
di appena 145 capi o quelli di razza Pontremolese che sono rimasti appena
in 46. A rischio non c'è però solo la biodiversità,
ma anche il presidio del territorio dove la manutenzione è garantita
proprio dall'attività di allevamento con il lavoro silenzioso di
pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali.
L'allevamento italiano è soprattutto un importante comparto economico
che vale 17,3 miliardi di euro e rappresenta il 35% dell'intera agricoltura
nazionale, con un impatto rilevante anche dal punto di vista occupazionale
con circa 800mila persone al lavoro. La scomparsa della Fattoria Italia
fa aumentare la dipendenza dall'estero che ha già raggiunto livelli
preoccupanti: l'Italia importa il 42% del latte che consuma, il 40 della
carne di maiale e bovina, il 30% di quella ovicaprina e il 10% della carne
coniglio. E proprio per il latte è allarme rosso nelle stalle in
Italia nel 2015 con i prezzi pagati agli allevatori che sono stati tagliati
di circa il 20% senza alcun beneficio economico per i consumatori. Il
prezzo riconosciuto agli allevatori - denuncia la Coldiretti - non copre
neanche i costi di produzione e spinge verso la chiusura migliaia di allevamenti
che a breve dovranno confrontarsi anche con la fine del regime delle quote
che terminerà il 31 marzo 2015, dopo oltre trenta anni.
Secondo la Coldiretti "occorre intervenire a livello comunitario
e nazionale per preparare con strumenti adeguati un atterraggio morbido
all'uscita del sistema delle quote". Lo sostiene il presidente della
Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che sotto accusa è
anche "la mancanza di trasparenza nell'informazione ai consumatori
che favorisce la concorrenza sleale di latte e carne a basso prezzo importati
dall'estero. "Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali
riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti
da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione
su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, e la metà
delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere",
ha denunciato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Attualmente, infatti, in Italia non è obbligatorio indicare in
etichetta la provenienza del latte a lunga conservazione in vendita e
neanche l'origine del latte di mucca, pecora o capra impiegato nei formaggi.
La mancanza di trasparenza in etichetta sulla reale origine colpisce anche
la carne di coniglio, pecora, capra o maiale in vendita come fresca o
anche trasformata. Le importazioni di carne dall'estero per realizzare
falsi salumi italiani di bassa qualità fanno concorrenza sleale
ai prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello
alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma.
In Italia sono state importate 57 milioni di cosce di maiali dall'estero
destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto
italiano, a fronte di una produzione nazionale di 24,5 milioni mentre
su un consumo di 2,05 milioni di tonnellate di latte a lunga conservazione
solo mezzo milione è di provenienza italiana mentre il resto è
stato semplicemente confezionato in Italia o addirittura è arrivato
già confezionato, con un impatto negativo sul lavoro e sull'economia
del Paese. Ma ad essere importati - conclude la Coldiretti - sono anche
semilavorati come le cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati che
vengono utilizzati per produrre, all'insaputa del consumatore, formaggi
di fatto senza latte. (www.agi.it)
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