EVENTI

“Alle origini del gusto. Il cibo a Pompei e nell’Italia antica”
dal 7 marzo al 5 luglio 2015
Asti - Palazzo Mazzetti - corso Alfieri 357 - info: www.palazzomazzetti.it



Indubbiamente l’Italia è la nazione dell’enogastronomia e della buona cucina, che sono realtà da salvare nell’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità.
In Italia ci sono le più famose Accademie internazionali della cucina, come la “Università delle Scienze Gastronomiche” di Pollenzo e la “ICIF- Italian Culinary Institute for Foreigners” di Costigliole d’Asti (ma con sedi anche in varie nazioni) dove chef di tutto il mondo vengono ad imparare a cucinare... italiano!
Abbiamo associazioni e guide enogastronomiche, spazi di vendita in varie parti d’Italia e del mondo dedicate al meglio dell’enogastronomia. Fiere, sagre e anche manifestazioni internazionali in cui la cucina si presenta come cultura, arte, tradizione e turismo.
Nel 2006 la cucina francese entrò a far parte dell’UNESCO, come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
Nel 2010 entrarono a farne parte, come “dieta mediterranea”, Italia, Grecia, Spagna e Marocco, che racchiudono le culture del Mare Mediterraneo e nel 2013 il riconoscimento fu esteso a Cipro, Croazia e Portogallo.

Quest’anno è nato sotto l’insegna del grande evento internazionale di EXPO 2015 che si svolgerà a Milano, ma già da alcuni mesi in tutta Italia si svolgono manifestazioni abbinate e l’enogastronomia è il tema portante.
Anche il Piemonte ne è partecipe e ad Asti è stata allestita una mostra dal titolo “Alle origini
del gusto - il cibo a Pompei e nell’Italia antica
”.
Se pensiamo alle origini del cibo, ci accorgiamo che in realtà non esiste un cibo che non sia nato da mescolanze di altre culture! Il commercio ha introdotto nella nostra cucina cibi provenienti da terre lontane. Le spezie giungevano dalle Indie, frutta e verdura salparono dall’America con le caravelle di Cristoforo Colombo. Altri sono nati con le transumanze, o con popoli giunti da nazioni europee. Non mancano i cibi frutto di mescolanze con le truppe giunte dalla Spagna, Francia, Germania, o con le orde barbariche scese dai paesi del Nord Europa o dei Celti che nel Piemonte lasciarono molte tracce della loro cultura. E che dire delle invasione dei saraceni.

Il tutto si è amalgamato originando piatti divenuti “locali”, come l’utilizzo delle sardine spagnole per il tipico piatto piemontese della bagna cauda, o il merluzzo (nordico) per polenta e baccalà (pare che il mais provenga da Tehuacàn, in Messico). E la pizza chi l’ha inventata? Gli Aztechi il pomodoro lo chiamavano “tomatl” e con la patata, il mais e altri ortaggi sbarcarono in Europa con le navi dei conquistatori di ritorno dall’America, scoperta nel 1492! Gli Aztechi spalmavano la tomatl, poi mutata nello spagnolo tomate, e nell’italiano “conserva”, su fette di pane.

Il cibo è l’identifica culturale di un popolo, è l’identità di una civiltà, è storia, cultura, tradizione, folclore, ma anche religiosità. Da sempre l’uomo lo lega agli dei, alle divinità simboli della propria religione a cui lo offre per ingraziarsi i loro favori.
Che già nella preistoria la coltivazione della terra fosse legata al sacro è risaputo. Magia,
rituali religiosi, miti, dei e divinità hanno da sempre accompagnato la nostra vita e ancora oggi rivivono nelle tradizioni, nel folclore legato alla terra, alle stagioni e alle divinità di qualunque religione esse siano. Dalle sacre offerte di cibo agli dei, a quelle del cibo da offrire ai monaci (tipico delle culture Induista e Buddista) a quello rituale religioso (l’Ostia e il vino sono pur sempre un cibo!)
Nello scorrere del tempo anche i cibi si sono adattati alle culture sempre più moderne, anche quelli più tradizionali le cui ricette si tramandavano da madre a figlia.
Un tempo non esistevano i moderni frigoriferi e il cibo necessitava di un più rapido consumo.
Anche le ghiacciaie delle comunità, in cui si conservava il ghiaccio raccolto dalle nevicate invernali, finiva con lo sciogliersi e la carne prendeva odori che se a quei tempi erano normali, ai giorni nostri finirebbero nelle mani dei NAS! E così i nostri antenati facevano largo uso di spezie e odorose erbe da cucina per coprire odori e sapori non troppo gradevoli.
Molti piatti comprendevano carne di pavone, airone e altri animali che oggi non fanno più parte del nostro cibo e quindi le ricette hanno subito delle variazioni di ingredienti.

Fortunatamente altre volte tutto è rimasto immutato e a tutela degli ingredienti sono sorte Confraternite enogastronomiche, Pro Loco, associazioni, ecc.
E così il cibo antico è diventato storia che racconta le nostre origini, come in questa interessante mostra che ci ripropone il cibo nella Pompei e nell’Italia antica.
Pompei, Ercolano e Stabia, nel 79 d.C. vengono distrutte, rase al suolo e seppellite sotto strati di pomice eruttata dal Vesuvio.
Secondo alcuni l’eruzione del vulcano porterebbe la data del mese di agosto, ma recenti ritrovamenti di frutta il cui guscio veniva utilizzato nei bracieri per riscaldare o di mosto nella dolia di conservazione, sposterebbe la data al mese successivo.
Quale storia ci narra il cibo di Pompei e dell’Italia antica lo scopriremo nel viaggio attraverso il Tempo, nelle vetrine di questo spazio museale e non senza un pizzico di moderna tecnologia che attraverso immagini computerizzate, in dissolvenza, creeranno incredibili scenografie, talmente inimmaginabili da crearmi dubbi: come potrò fare partecipi i lettori di qualcosa di incredibile, tanto da essere indescrivibile? Solo vedendolo ci faremo partecipi della perfezione di un capolavoro di effetti speciali applicati su eventi risalenti a duemila anni fa!
Ci proverò attraverso le immagini fotografiche, ma vi assicuro che esserne partecipi personalmente vi coinvolgerà emotivamente e vi stupirà, tanto da divenire protagonisti!
Come spiegano gli organizzatori: “L’idea di un percorso dedicato alle abitudini alimentari e produttive dei maggiori popoli dell’Italia antica è nata sulla base delle linee guida dell’EXPO 2015 di Milano: Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”. E così, ad Asti, la Fondazione Palazzo Mazzetti partecipa alle attività dell’EXPO con questa mostra dedicata all’alimentazione antica e allestita nelle sale museali del palazzo Mazzetti che fa parte della storia e cultura della città.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e Fondazione Palazzo Mazzetti, la mostra è curata da Adele Campanelli e Alessandro Mandolesi.
Le luci soffuse, i giochi di luci, ombre, colori, suoni e dialoghi, sono coinvolgenti: piano piano il visitatore perderà la ragione del Tempo e diverrà partecipe di un magico gioco che abili menti hanno saputo allestire intorno ad ogni oggetto, ogni sala, ogni narrazione.
Archeologia e tecnologia all’avanguardia, insieme per l’esposizione di reperti ottenuti “in prestito” dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta. Dalla Soprintendenza Speciale di Pompei, Ercolano e Stabia. Dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli la cui collaborazione scientifica ha permesso di ottenere pezzi significativi in prestito esclusivamente per questa esposizione.
La mostra è abbinata a molte iniziative di carattere storico, culturale e di gastronomia, tra cui corsi di “archeo menu”, cene con piatti della cucina locale, agevolazioni con il pacchetto mostra+pranzo e degustazione nei bar dell’antico vino speziato (il famoso mulsum) come aperitivo. Spazio anche per i bimbi che verranno piacevolmente coinvolti.
E’ possibile partecipare gratuitamente ai cicli di conferenze dedicate all’alimentazione nell’antichità che tratteranno temi dall’olivicoltura alla produzione olearia, del vino, dell’alimentazione a Pompei, del cibo consacrato agli dei e tante altre iniziative.
L’uomo del nostro secolo considera gli alimenti come cibo, qualcosa da mangiare. Molti mangiano solo per godere dei piaceri della tavola, ingozzandosi senza percepire la vera essenza del cibo: ingurgitano sguaiatamente qualunque cosa gli mettano nel piatto e spesso sono solo poltiglie spremute da tubetti simili a dentifrici. Poi lo chiamano “estro” e... l’estro è di chi ti presenta un conto svuota-portafoglio! Altri non ne hanno e quando riescono ad avere un tozzo di pane o una scodella di riso restano immobili, come temessero che appena lo toccano tutto svanisca e sia stato solo un miraggio. Ma c’è anche chi assapora il cibo, una bevanda, e nel portarlo alla bocca immagina quanta storia ci sia in ogni morso, quanta fatica e quanto passato di tribolazione, di miseria dei nostri nonni e delle generazioni passate”. Addentatolo lo assaporano quasi con sacralità perchè per certe filosofie il cibo è comunicazione, è meditazione.
La cucina è un’arte. E’ il piacere del gusto, la convivialità, lo stare bene insieme.
Ma ora seguitemi e insieme, attraverso le immagini ci addentreremo in un itinerario a ritroso nel tempo!
Percorreremo il viaggio degli antichi popoli che vissero nella nostra penisola, ci lasceremo
conduce dai profumi che provengono dalle cucine di antiche civiltà che hanno condiviso il nostro territorio: dai Greci agli Etruschi, fino agli Italici.
Chiudete gli occhi e restate in silenzio ad ascoltare le voci fuori campo narrare momenti di convivio.
Dimenticate la frenesia di questo mondo che non sa più fantasticare. Lasciatevi trasportare da luci e suoni che accompagnano il visitatore, mentre scorrono immagini di video presentazioni, oleografie sospese nel Tempo che scorre davanti a voi, fluttuando nel vuoto dello spazio, attorno ad opere d’arte, personaggi ed eventi.



Il silenzio, le luci soffuse ci proiettano in una dimensione di cui abbiamo solo la percezione, ma le voci e le ombre che si muovono “sui muri” ci trasportano e senza accorgercene ci troviamo in spazi “senzatempo” dove la parola non ha distacchi e il passato diviene una continuità del presente...
Osservate l’uomo disteso. La lava del vulcano scende dal cielo e lo ricopre. Il dissolversi del suo corpo e la metamorfosi.
Il passato e il presente sono un interrotto fluire di cui siamo inconsapevoli pedine. Forse, come affermava Jorge Luis Borges: “siamo solo un sogno che qualcuno sta sognando...”.
Proseguiamo il cammino. La mostra ci invita a pranzo con la ricostruzione di un banchetto dell’età romana, coinvolgendo i più significativi prodotti della terra: grano, olio, vino.
Attraverso proiezioni animate rivivremo l’atmosfera di un banchetto dell’epoca romana, riprodotta con suoni e narrazioni che allietavano i pasti.
La tavola greca si presentava con il “cratere”, un recipiente per il vino (anticamente veniva miscelato con l’acqua), che poteva anche essere di grandi dimensioni.
La raffinatezza delle posate non esisteva ancora e così ci si lavava le mani in bacili in cui venivano versati profumi e unguenti.
In una sala viene ricostruita una cucina come la descrive Seneca: “Enormi cucine di palazzo dove prestano servizio molti cuochi che corrono da un focolare all’altro”.
Anticamente la cucina indicava lo stato sociale, come nei secoli scorsi per i camini: più sono belli, grande e in numero elevato e più indicano ricchezza.
I curatori della mostra danno anche interessanti notizie su cosa mangiavano.
Nell’alimentazione dei greci pare non fosse incluso il bollito, nè insalata, frutta e pesce.
Per il pranzo degli eroi achei si consumava una grande quantità di carne arrostita.
Anche per i greci, nel tempo l’alimentazione cambia e include antipasti di olive, sale e formaggio. Si serviranno anche verdure dei campi, fichi, ceci e fave.
In età romana ci saranno numerose portate: pane, antipasti appetitosi e in particolare ortaggi accompagnati da salse acri e piccanti, uova sode, minestre, zuppe, carne e pesce, formaggi, frutta, dolci e bevande.
Il pranzo degli etruschi consisteva in cereali, legumi e verdure.
Sulla tavole degli italiani... più poveri, troviamo la farina di farro cotta in acqua salata e insaporita con erbe aromatiche a cui si può aggiungere scegliendo tra fave, lenticchie, cavoli, cipolle. Si consumava molta verdura e in particolare aglio, cipolla, carote, funghi, rape, cavoli, asparagi e porri selvatici.
Nei sotterranei espositivi della mostra vengono ambientati gli antichi luoghi di stoccaggio degli alimenti e per la conservazione del vino e delle bevande. Appoggiati alle pareti o sul
pavimento, vediamo botti, sacchi e anfore.
Ombre proiettate sui muri iniziano a prendere vita. Si muovono, parlano e invitano il visitatore a sedersi e prendere il cibo, mentre i servitori gli versano il vino.

Il pane è il cibo mondiale e non manca nemmeno sulle tavole di Pompei. Da quello integrale a quello bianco. Focacce con lardo e altri condimenti, panini all’olio e con le uova.
Anche l’oliva ha da sempre avuto un ruolo importante nei condimenti e pare che i primi a dedicarsi alla coltivazione fossero i Fenici.
L’olio era usato in cucina, ma anche come merce di scambio, come balsamo medicamentoso e cosmetico. Come combustibile veniva utilizzato per l’illuminazione e il riscaldamento.
I Romani crearono i primi strumenti per la spremitura delle olive e perfezionarono la tecnica per la conservazione.
Nella preistoria l’uomo si cibava di cosa trovava in natura, poi con l’invenzione delle armi inizio a cacciare. Nel neolitiche iniziò a coltivare, sino all’introduzione dell’agricoltura. In seguito, unendo caccia e agricoltura alle prime forme di allevamento creò le proprietà terriere, che erano indice di stato sociale in base alla loro grandezza.
Nasce la figura del contadino e con l’agricoltura si ha un radicale cambiamento di vita. L’insediamento non è più nomade ma diviene stabile e genera le basi per le prime comunità che nel tempo diverranno paesi, città.
Nelle campagne i territori agricoli vengono suddivisi e soggetti a regole di tutela delle proprietà. Strade, canali, appezzamenti e ville che da piccole diverranno sempre più grandi e sontuose. La produzione agricola aumenterà, non servirà solo più al fabbisogno famigliare del padrone e i prodotti verranno venduti anche a mercati lontani.
La mostra si avvale di allestimenti virtuali che daranno al visitatore la sensazione di essere partecipe di un viaggio dalla campagna alla città.
Grazie alle animazioni entreremo in una città e nei luoghi di vendita e del consumo alimentare.
Le botteghe erano aperte tutto il giorno e spesso anche nei giorni di festa. Gli spazi insediativi erano animati dal mercato, dal macello, dalle taverne e i banchi vendita venivano collocati sulla strada, sul marciapiede. Gli osti con i loro banconi collocati per strada ostacolavano i pedoni e Domiziano vietò questa occupazione stradale.
Si poteva consumare un pasto caldo ad un bancone nei “thermopolia”, più comodamente seduti in un’altra stanzetta con qualche seggiola o panca per soffermarsi di più. Uno dei primi esempi di bar, ristorazione.
Probabilmente la parola “thermos”, che indica un contenitore per alimenti caldi, deriva dal nome di questi locali.

Lo scambio delle merce avveniva via terra o con barche a remi.
In una sala con un’enorme dolia al centro, vedremo sulle pareti navigare una barca. L’onda la guiderà.
Ma vedremo tanti altri effetti speciali: il fuoco si accenderà sotto il cinghiale, tavolette scolpite si illumineranno, utensili da cucina esposti nelle vetrine, statue, dipinti, ecc.
Un grande vaso si animerà. Muterà luci e colori, e dietro compariranno altre immagini in crescita e poi in lenta dissolvenza.

Molto bello e interessante il catalogo della mostra, edizioni Marsilio, a cura di Adele Campanelli e Alessandro Mandolesi.
Il nostro viaggio nel cibo è terminato. Vi invito a visitare questa mostra per riscoprire il passato dei nostri antenati, ma anche per scoprire che del cibo è rimasta quella filosofia di “momento conviviale” da dividere con gli ospiti, e i piacere della buona tavola non sono differenti da quelli odierni dei buongustai e di chi della cucina ne fa un’arte da conservare e tramandare.
Ogni tanto dovremmo lasciare da parte la fretta che ci conduce al banco del già pronto, delle scatolette e degli incellofanati e lasciarci andare ai ricordi di quei saporiti piatti della nonna e della mamma.
Chiudiamo gli occhi lasciando veleggiare i ricordi e torniamo indietro, alla nostra infanzia, per restare ad assaporare quegli antichi profumi, ma anche per rivivere la storia della nostra spensierata fanciullezza, mentre ci allontaneremo da questo spazio... di un passato che fu, che ...rivive in questa mostra, e vivrà per sempre... sui libri di storia della nostra civiltà perduta nel Tempo...


di Alexander Màscàl - foto Matteo Saraggi - ASA

 


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