|
AZIENDE
E PRODOTTI
Mais: da Paese autosufficiente che eravamo,oggi
ne importiamo oltre il 35%.
Il futuro del settore discusso a Cremona
nella Giornata Mondiale del Mais organizzata nell'ambito di BioEnergy
Italy (www.bioenergyitaly.com)
Cremona, 27 febbraio 2015 - “La tendenza delle quotazioni nazionali
sarà sempre più improntata verso una decisa instabilità.
Gli andamenti climatici e le turbolenze dei mercati internazionali, condizionati
a volte da azioni eccessivamente speculative, sono aspetti da cui non
si può più prescindere”.
Marco Aurelio Pasti, presidente dell’Associazione maiscoltori italiani,
sarà uno dei relatori che parteciperanno alla Giornata mondiale
del Mais, in programma oggi a Cremona nell'ambito dell'ultimo giorno di
BioEnergy Italy . Il tema di quest’anno verterà sul futuro
della cerealicoltura tra politica agricola e mercato, e a Pasti sarà
chiesto di illustrare le misure specifiche e gli orientamenti della nuova
Pac e dei Psr per la maiscoltura.
Il mais nazionale costa meno di quello
estero e da Paese produttivamente autosufficiente che eravamo ci siamo
ritrovati oggi a importarne oltre il 35%
Oggi, contrariamente a quanto avveniva fino a pochi anni fa quando si
sfiorava abbondantemente l’autosufficienza produttiva, il nostro
Paese si trova costretto a importare oltre il 35% di mais dall’estero,
e il prodotto nazionale si trova addirittura a soffrire una quotazione
inferiore rispetto a quello straniero. Le rilevazioni dell’Associazione
granaria di Milano del 3 febbraio scorso quotavano il mais nazionale tra
i 145 e i 147euro/t; quello estero comunitario tra i 166 e i 168euro/t
e quello non comunitario tra i 179 e i 180euro/t. Alla Borsa merci di
Bologna, altro importante mercato di riferimento dove le quotazioni sono
generalmente un po’ superiori, alla seduta del 5 febbraio i prezzi
si sono fissati tra i 155 e i 159euro/t per il mais nazionale; tra i 163
e i 165euro/t per quello europeo e tra i 174 e i 176euro/t per quello
non comunitario.
“Viviamo una situazione per certi versi sorprendente – afferma
il presidente Pasti – in cui il mais nazionale costa addirittura
meno di quello estero. La necessità di collegarsi ai mercati internazionali
ha in gran parte smantellato quella rete di protezione che in passato
ci aveva favorito, e non dobbiamo dimenticare inoltre che i repentini
cambiamenti meteorologici che si sono verificati in questi ultimi anni,
con la diffusione di partite di mais contaminato da micotossine, hanno
rappresentato un ulteriore elemento destabilizzante”.
I mercati sono destinati a mantenere una
tendenza molto volatile, complice l’andamento internazionale e i
cambiamenti climatici
Quali scenari si aprono allora per la maiscoltura italiana? “Come
dicevo all’inizio ci si dovrà abituare a un andamento delle
quotazioni molto altalenante, che detterà la media dei prezzi su
un arco non più annuale bensì calcolato in un periodo di
3 anni. Credo inoltre che si dovrebbero rivedere anche certe scelte politiche
che oggi, proprio a iniziare dalla nuova Pac, manifestano più un
approccio distruttivo di questa coltura che di valorizzazione. Innanzitutto
la remunerazione. Il contributo di 63euro/t esistente fino a oggi, con
la riforma che sta per entrare in vigore verrà tolto e distribuito
in modo disaccoppiato; non dimentichiamo poi la fiscalità a cui
è soggetto il mais, vecchia di 60 anni; la tassa sui concimi azotati,
l’applicazione del greening ancora oggi caotica e per questo causa
di ulteriori complicazioni. Un quadro dunque sostanzialmente molto complesso
e una politica purtroppo disattenta, questo è lo scenario che la
maiscoltura italiana ha davanti a sé”. Le previsioni produttive
per quest’anno, intanto, sono viste in aumento, soprattutto per
la granella: +5%. E con esse l’invito a utilizzare tecniche di coltivazione
che riducano l’impiego d’acqua. Su questo tema Marco Aurelio
Pasti ha un’idea altrettanto chiara.
Il tema di un uso più razionale
dell’acqua è cruciale. Ma gli impianti di irrigazione goccia
a goccia costano e le quotazioni basse non stimolano gli investimenti
“Il tema dell’acqua e di un suo uso più razionale è
un tema che merita molta attenzione – afferma – La strada
è quella dell’irrigazione goccia a goccia, un sistema però
costoso che con quotazioni a poco più di 140euro/t difficilmente
può essere ammortizzato in tempi brevi con un buon ritorno economico.
Il problema è purtroppo legato anche ai mancati investimenti che
non sono stati fatti negli anni in cui coltivare mais era più produttivo
e remunerativo. E mi riferisco soprattutto alla genetica. Oggi la resa
non supera le 8-10t./ha ed è ferma lì da anni. Se avessimo
sfruttato l’andamento registrato tra gli anni Sessanta e Novanta
avremmo sicuramente sfondato il muro di 12t./ha. Gli investimenti hanno
sempre un ritorno. Soprattutto se fatti nei momenti in cui le condizioni
sono ottimali”.
Paolo Bodini
Responsabile Ufficio Comunicazione ed Eventi di CremonaFiere
Tel.: +39 0372 598 206
Mob.: +39 345 258 6239
paolo.bodini@cremonafiere.it
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|