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VINITALY 2005
Bravo, questi vini scorrono magnificamente
!
Scendeva il Fiesco dai suoi palazzi in Via Lata, sul colle
di Carignano, per portarsi a cena nel palazzo Doria di Fassolo. Menava
con sè molte fiasche di vino di Coronata e disperdeva, l'infame,
uno stuolo di fedeli armati fra i vicoli e la darsena. Procedeva la cena
e il Doria, ignaro, correva incontro all'amaro destino: "Bravo, esclamava,
questi vini scorrono magnificamente". E il Fiesco, cui l'intrigo
aveva ormai cancellato dignità ed amicizia, chiedeva più
grandi boccali e così, anche per lui, divenuto malsicuro il piede
e non saldo sulla scivolosa passerella della nave avversa, si spalancavano
le porte di un'ingloriosa fine.
Congiura dei Fieschi, A.D. 1547
La citazione del vino di Coronata, già noto nel XVI secolo, apre
il cuore a tutti i Genovesi che per tradizione plurisecolare hanno risalito,
per gustarne l'ottimo vino, la collina di Coronata; un anfiteatro aperto,
un tempo, sull'azzurro mare di Cornigliano. Una località, questa
di Cornigliano, talmente bella da meritarsi la costruzione di una villa
reale. Di tradizione si parlava e la tradizione voleva che questo "delizioso"
vino bianco venisse abbinato alle fave - mangiate crude e fresche, alla
ligure -, al salame locale, al pecorino fresco e alle uova sode. Ma questo
vino, che allora ci sembrava squisito, era famoso per la sua torbidezza
e per la carica "zolfigna" che, con il passare del tempo si
rivelò essere più un difetto che un pregio. E' certo che
nel suo immaginario, il bevitore genovese avrebbe voluto che il "Coronata"
fosse rimasto quel vino, ma è altrettanto vero che se così
fosse, dal punto di vista commerciale sarebbe un vero disastro. Fortunatamente
il disciplinare della DOC e il buon senso dell'unico produttore rimasto
hanno modificato molte delle condizioni produttive d'un tempo - sia in
campagna che in cantina - creando un vino dal profumo piacevole e dal
gusto accattivante.
E a questo punto si dirà: ma perché tutta questa chiacchierata
con tanto di citazione storica?
E' presto detto. Il titolare della VELIER, Gianluca Gargano, genovese
come chi scrive, ha certamente avuto modo, anche se è molto più
giovane del sottoscritto, di assaggiare il "Coronata" d'antan
e abbiamo ragione di ritenere, conoscendolo per persona dai gusti raffinati,
che sia rabbrividito alla degustazione. Ma lo stesso Gianluca Gargano
ora sostiene che i vini biologici, quasi tutti biodinamici (ma cosa significa
questo termine ?), sono prodotti dai contadini vignaioli, noti come "paysans"
che, con il loro lavoro ed esperienza aiutano, giorno dopo giorno, la
vite ad esprimere il suo meglio assecondando i capricci climatici dell'annata.
Questa filosofia si rifà al movimento francese "La Renaissance
des AOC" ispirato dal produttore Nicolas Joly titolare della mitica
azienda Culèe de Serrant, da cui nasce l'omonimo vino bianco importato
in Italia dalla VELIER insieme ad altri analoghi prodotti definiti "triple
A", cioè Agricoli, Artistici e Artigiani.
Ma allora, ci chiediamo, se durante la degustazione dei vini presentati
alla manifestazione "Vini Veri" (in contemporanea al Vinitay),
nella stupenda cornice della bella Villa Favorita di Monticello di Fara
di Sarego, nella campagna tra Verona e Vicenza, ne abbiamo degustati alcuni
rientranti in questa filosofia ma chiaramente ossidati e gravemente olezzanti,
cosa dobbiamo fare ? Unirci al coro di quelli che dicono che, trattandosi
di vini-novità e di vini coraggiosi vanno accettati lo stesso,
perché il tempi renderà loro giustizia ? Oppure allearci
con coloro che hanno deciso di stroncare sul nascere questi tentativi
velleitari che potrebbero in qualche caso nascondere ben precisi obiettivi
commerciali ?
In medio stat virtus.
L'idea di Gargano potrebbe essere vincente se pensata come reazione a
un tecnicismo imperante e spesso sospetto: un tecnicismo supportato dagli
ingenti capitali importati da settori diversi da quelli agricoli, che
hanno consentito a chiunque, anche a chi non si è mai sporcato
le mani con la terra, di raggiungere traguardi produttivi e commerciali
impensabili fino a pochi anni fa. In questo senso anche il vino, come
tutto il resto, ha finito per essere vittima della globalizzazione selvaggia,
ma un romantico ritorno al passato, francamente, ci spaventa un po'. I
nostri gusti sono decisamente cambiati e con essi anche le nostre capacità
digestive se non, addirittura, le nostre difese immunitarie. Se è
vero che la presenza di tutta una serie di antibiotici, antimicotici,
antiparassitari e così via può e deve essere controllata
e governata, è altrettanto vero che la totale deregulation fitosanitaria,
come in molti altri casi nel campo agroalimentare, può presentare
dei fattori di rischio cui le nostre difese non sono più in grado
di offrire un valido baluardo.
Carlo Ravanello
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