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SOSTE GOLOSE
Cucina giapponese
Incontro con il sushi mercoledì
11 marzo 2009 a Milano per gli associati ASA
Enza Bettelli, dinamica VP di ASA e direttore responsabile del sito ASA
nel web, ha preso cura di portare a compimento con successo l’incontro
con la cultura e la gastronomia giapponese scaturito
da una proposta di Yuko Noguchi, associata ASA, riservata
ai soci ASA presso il Ristorante Osaka, in Corso Garibaldi 68 a Milano.
La Signora Naoko Aoki, proprietaria del Ristorante Osaka,
ha cortesemente permesso di seguire una dimostrazione di preparazione
di sushi a cura degli chef giapponesi del ristorante, primo chef Ikeda
Osamu e secondo chef Fukuda Eiichi, commentata da una dietologa giapponese,
signora Unno, con la collaborazione molto apprezzata
della signora Graziana Canova Tura, esperta di cultura
e gastronomia giapponese che ha fatto ponte tra lo chef Ikeda Osamu con
i suoi collaboratori e le domande degli invitati.
L’adesione è stata ampia e partecipata nelle varie fasi:
dall’esposizione delle tecniche specifiche sia riguardanti la preparazione
del riso per “sumeshi” che del pesce da vivo per “sashimi”
alla lunga preparazione dei “cuochi per sushi” che richiede
3 anni di formazione per il componente riso e 7 anni
per tutta le tecniche di preparazione e taglio fino alla presentazione
dei filettini delle varietà di pesce. Gli “chef
di sushi” si raggruppano nell’Associazione Cuochi Giapponesi
(www.ilovejapan.it),
operativa da Milano per l’Italia intera, presentata alla stampa
nell’occasione con un pieghevole di riferimento.
La
tradizione gastronomica giapponese non è antichissima: si è
instaurata nella ristorazione a partire dal tragico terremoto del 1823
che ha distrutto Tokyo, rendendo necessario provvedere in luoghi pubblici
all’alimentazione della popolazione portando in questi luoghi le
tradizioni di cucina familiare. Il “sushi” avrebbe
una tradizione storica fin dal 1600, a partire dalla baia di Tokyo, ricca
di pescatori e di pescato oceanico e lungo costa. Il sushi di
Osaka è più recente: il mercato del pesce di Osaka è
forse il più importante del Pacifico come volume e ricchezza di
varietà, per cui la disponibilità di materia prima per “sushi”
ne ha generato una generazione di varietà diversa dalla originale,
molto semplificata, che si è consolidata cime cibo da bancarella
a partire dalle esecuzioni in casa nell’epoca storica di Edo (l’attuale
Tokio), sotto forma di pallottine di riso con apporto di verdure e di
pesce, pare a quel tempo inserite prevalentemente all’interno. Il
sushi classico, artigianale, formato a mano da sumeshi si chiama
nigiri ma oggi l’apporto di sostanza, sia di pesce
che d’altra origine, è fatto con il sormonto da fare sull’esterno
della formina dopo averla sagomata nel cavo della mano con la pressione
regolata delle dita dell’altra. Pressione che tende a lasciare piccoli
incavi pieni… solo dell’aria tra i chicchi di riso per rendere
morbido e non contaminato il piacere di apprezzare il giusto grado di
condimento del riso con l’aceto, che appunto si chiama sumeshi.
La preparazione del sumeshi, la scelta del riso e dell’aceto di
riso (che è ingrediente di base per tutti i tipi di sushi)
è descritta in Oryza (Lo Scalzo e Delegazione
AIC di Milano Internazionale, febbraio 2001, 1° Tomo, esaurita) ed
è stata confermata alla lezione, tenendo conto della varietà
dei risi autoctoni e della produzione di aceto di riso che gli esperti
locali differenziano sia per l’apporto della qualità di riso
che della qualità dell’acqua alla fermentazione. E’
notoriamente riconosciuto che dipende dalle località del variegato
territorio giapponese che vanta una delle più antiche tradizioni
di ricerca della qualità: è importante che si mantenga neutra
l’influenza dell’ingrediente accostato
all’altro per poterne sempre riconoscere il vero sapore intimo (tsien?)
di ciascuno degli ingredienti.
L’origine di un cibo, inizialmente di nicchia, solo nei due secoli
correnti è spiegabile dalla condizione pregiudiziale di dover contare,
usare e gustare solo ingredienti freschissimi: i riso deve essere di recentissima
cottura e condimento, inoltre non deve mai “vedere” i frigoriferi
per una conservazione proibita al gastronomo in quanto determinante della
perdita del suo gusto intimo, come per fare un esempio noto per alcuni
formaggi di nicchia, per esempio la burrata pugliese. Il pesce richiede
una freschezza assoluta, in quanto non subisce nel sushi moderno
alcun processo di cottura: resta crudo naturale, con tutti i succhi e
profumi del suo territorio marino d’origine…
L’era del ghiaccio inizialmente e l’era del frigorifero successivamente
ne hanno consentito non solo l’affermazione gastronomica ma anche
quella popolare di cibo… per tutta la popolazione giapponese che,
in un territorio della nostra dimensione, ha una densità di bocche
per metro quadro almeno doppia! Come si faceva prima del frigorifero?
Lungo i ruscelli di montagna nasce il wasabi, una radice
che possiede un carattere antibatterico, un buon conservante…
Anche i fiori di wasabi sono belli… Comprendiamo facilmente a questo
punto come il “sushi moderno” nasca a metà
dell’ottocento, con l’arrivo della tecnologia del ghiaccio…
In parte la storia mi ricorda le origini degli “arancini”
o “arancine” siciliane, dalle annotazioni storicamente accettabili
delle antiche radici arabe del popolare cibo siciliano. L’innamoramento
con i sushi è stato istantaneo, con la
stessa voglia di piacere descritta dall’amica Cerana che ha subito,
a 30 anni di distanza, lo stesso innamoramento per il cibo incantatore,
nella sua complessa purezza di forma e di sapori, per il corpo e per la
mente, tipica della gastronomia giapponese (P. Cerana, La mistica
del sushi, 2008, FARO)
Personalmente ricordo la mia prima esperienza personale con sushi
e sashimi proprio nel territorio di Edo, nel 1970, in un ristorante molto
selettivo di Chiba, dedicata ad oltre cinquanta portate di varietà
di sashimi e sushi
serviti sul tradizionale tavolo basso giapponese, scassa ginocchia.
Con il supporto di Geisha “diplomata” nell’intrattenimento
dell’ospite con la compagnia, il servizio attento al sake
e alla selezione dei tipi di varietà delle porzioni di sashimi
e sushi, al loro accostamento al gusto con salse ed essenze di
condimento in buona parte ancora sconosciute a quei tempi nella cucina
occidentale, venni incantato all’incontro. I nostri chef di Osaka
hanno fatto una dettagliata descrizione e dimostrazione dell’uso
della funzione della decorazione e composizione del piatto nella costruzione
del piacere gustativo. Il sostegno a questa comprensione apprendibile
da un primo rapporto direto con il cibo è fondamentale per creare
una sorta di addiction. Tipico e incredibilmente capace di generare
“addiction” è il wasabi, radice misteriosa,
oggi accessibile anche fresca per importazione diretta in Europa: se ne
era parlato in congresso a Identità Golose lo scorso mese.
sushi pertanto è sinonimo di qualità in purezza
di materie prime e tanto lavoro di preparazione per esaltarne i contenuti
di soddisfazione alimentare per la mente e per i sensi, in primis per
i sapori. Il piatto toccava solo le grandi famiglie di ristorazione: chef
con almeno 10 anni d’esperienza, pescato freschissimo, sapienza
di selezione delle varietà dei pesci. Non le 4 o 5 varietà
proposta dalla grande distribuzione, ma le centinaia di varietà
proposte dalla ristorazione specializzata che si trova solo a ridosso
dei mercati più accessibili e riforniti in garanzia di qualità.
Sappiamo quanto Milano sia eccellente da questo punto di vista, quanto
sia destinazione delle frecce aeree del trasporto da ogni mare e da ogni
porto del fresco. E’ quanto tutto questo costi, ma la città
è in grado di comprendere ed apprezzare che differenza ci sia tra
pesce e pesce e tra cuochi giapponesi della tradizione e quelli di imitazione…
Da oggi sappiamo anche che un cuoco sushi
deve avere sulle spalle almeno 10 ani di curriculum specifico!
La lavorazione del crudo di pesce ha luogo in cucina, dalla desquamazione
al taglio di una ricciola, di un branzino, di un mollusco, crostaceo,
eccetera fino alla sfilettatura… e alla ripartizione in pezzetti
per la presentazione di sashimi: per ogni pesce, per tipo e dimensione,
ci sono coltelli particolari. Non sarà difficile trovarne le denominazioni
specifiche. La signora Bettelli ha fotografato tutti quelli adoperati
durante l’abbondante ora di preparazione, appunto dalla desquamazione,
alle sezioni principali in varie parti: i ritagli vanno a morire in zuppetta…
di
testa la più deliziosa, a parte sempre per andare in zuppa…
lische e ritagli vari a cui viene aggiunto sale per aiutare la disidratazione
ed il percolamento di siero… una “colatura”!
Con le lische e lo strato sotto pancia separato in velo sottile preparano
uno stufatino a parte con una cottura più lunga, condito con salsa
di soia… I coltelli non sono in acciaio inossidabile, ma sono solo
d’acciaio, ciascuno da riporre pulito e protetto ogni volta dopo
l’uso. Ogni taglio ha la sua denominazione specifica da ricercare
per sezioni longitudinali del corpo del pesce di discreta dimensione in
3 parti o in 5 parti o di una testa grande in un numero ancora maggiore
di componenti. Ricordo il boccone prelibato non solo di guancette, ma
delle parti molli del cranio del pesce, del globo intero dell’occhio
in particolare… che stento personalmente a masticare e che va al
personaggio più importante a tavola per consuetudine giapponese!
Chiedo a Pietro Leemann, chef patron di Joia,
che aveva frequentato le scuole di gastronomia in Asia, Cina e Giappone
un’impressione sull’arte del taglio, da antico scalco marino!
Egli conosce bene anche la Scandinavia, quale è, a suo parere,
la differenza nella tecnica di taglio e sezionamento di un pesce di grande
dimensione, come ci è stato fatto vedere per la ricciola, tra Giappone
e Scandinavia? Prendiamo ad esempio il sezionamento di salmoni e trote,
da 2 – 4 kg da impiegare per fare gravelacks…
che viene marinato con sale, zucchero pepe e spezie… e si conserva
a freddo per una buona settimana – durante l’inverno scandinavo
– da cui si sfilettano saporite fettine, a taglio trasversalmente
inclinato, per sormontare tartine di pane con una pasta cremosa di burro
e rosso d’uovo… Pietro si sofferma sulla differenza propria
dell’approccio al taglio dichiarando senza remore quanto il metodo
e la pratica giapponese sia il più tecnico ed il migliore al mondo
per un uso gastronomico… di cucina di alta qualità!
La dissezione della testa ha luogo per apertura longitudinale tra gli
occhi fino alla bocca, con coltello potente ed affilato, in due metà
simmetriche… Le parti del cranio, bene separate dalle branchie,
sono trattate con acqua tiepida per… eliminare residui sanguigni
o di piccoli legamenti ossei: non si usa sale, come è consuetudine
fare per le lische, quando si lava con acqua calda…
I nostri maestri passano al particolare taglio del pesce per sashimi,
già sezionato in filettini coerenti. Ancora si procede alle rifilature
dei filetti della pancia, che negli ultimi anni è stata riconosciuta
come parte più astronomicamente importante nella ristorazione di
nicchia. Si è capito quanto fosse migliore e viene separata e servita
a parte… sia quella di branzino che di ricciola… Ogni insieme
coerente di parti costituisce un piatto specifico da servire, opportunamente
composto e decorato. La scelta dei colori in ogni presentazione del cibo
è fondamentale, contribuisce al suo contenuto estetico ed alla
valorizzazione del piatto, della ciotola, dalla forma al colore, dall’aspetto
al contenuto…
Il sashimi si adagia
spesso su daikon, sezioni di rape giapponesi
e di radici di Loto che si presentano con formazioni di canali
ad arabesco… Con mucchietti di carota preparate a fili si fanno
dei micro-covoni a ridosso dei quali si posano i tagli dei filetti che
s’impregnano degli umori delle verdure ricchi di essenze naturali…
Il cuoco progetta tutta la disposizione… del cespuglietto…
dei filetti di sashimi e delle piccole parti gustose da mettere in evidenza
e ricerca le immagini migliori per estetica ma rispettando la tradizione
del posizionamento del componente nel piatto. Il wasabi va messo sempre
a destra, dal lato del commensale perchè ne faccia uso per prenderlo
e condire come vuole…
Il sushi non è cucina sconosciuta in Italia: la filosofia gastronomica
è tra le righe dei frammenti del trattato sul pesce di Archestrato,
del V secolo avanti Cristo. “Nella sequenza del banchetto di
Matrone, si inizia col servizio a tavola di verdure, tra cui bulbi e asparagi,
seguite da ostriche midollose, pesce in salamoia, ricci, acciughe del
Falero, altre grandi conchiglie. Inoltre triglie, sogliolette, seppie
col bianco e nero, per seguire con gronco, persico, muggini, saraghi,
cannocchie, orate, aragoste ed astaci che i cuochi portano avanti e indietro
in nere pentole e padelle… omissis…… Tuttavia una particolare
affermazione ci testimonia un grande esempio di ricerca dei sapori: se
tra i pesci scegli “quel che ha di carne diliscata, delicata e pingue,
basta soltanto che di fino sale l’aspergi, e l’ungi d’olio,
perché tutta tiene in se virtù di bel sapore”.
( Da Oryza, 10.-5)
E l’introduzione storica alla evoluzione moderno di “sushi
mediterraneo”, che potrebbe adornarsi a delle radici di fiori di
Loto tipiche dei laghi mantovani che pare vadano tutte a finire al macero…
anzi a concimare orti…
Testi Enzo lo Scalzo
Foto Enza Bettelli
Appendice: alcune delle denominazioni
Da Oryza:
Sushi: è semplificazione di sumeshi che significa “riso condito
con aceto di riso”
Sushi rigiri: è una formina di sumeshi fatta a mano sormontata
da pezzetto di pesce crudo
Maki zushi oppure Nori sushi: deriva dal riso avvolto nel nori, alga marina
essiccata
Oshi-zushi: sono formine ottenute per pressione con stampi a telaio
Chirashi: sono formine miste
Makisu: canniccio di bambu sottilissimo per arrotolare il Norimaki
Mirin: aceto di riso
Handai: ciotola grande di legno (in cipresso) per stendere il riso cotto
e condirlo con Mirin
Wasabi: in polvere, oppure fresco. E’ zenzero giapponese piccante
Sake : vno dolce di riso
Daikon: rapa giapponese
Abura-age: fettine di tofu fritte
Dashi: granuli di consumato di pesce fatto con Kombu (alga) e Kezuribushi
(sashimi di piccoli tonni) e Niboshi (piccoli pesci secchi)
Nyotaimori: corpo decorato di una donna per la cerimonia del sushi serviti
sul corpo vergine
Esecuzione di sushi con makisu
Ricetta generale per quasi tutti i tipi di sushi per l’esecuzione
di Sumeshi:
vedi Oryza 12 – 4, 12 – 5 e 12-6
Da La mistica del sushi:
Gari: il nostro zenzero
Ponzu: salsa che ricorda il succo di limone
Namida: denominazione di wasabi che ricorda le lacrime
Futomaki, Uramaki, Oshizushi, Nigirizushi: versioni di sushi di colori
e composizioni diverse
Hosomaki: polpettina di due centimetri
Temasi: polpettina conica di dieci centimetri
Nyotaimori: foto del corpo decorato per la cerimonia del sushi
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