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SALUTE
E BENESSERE
Latte: la cruda verità
Latte crudo e in sicurezza è
il risultato delle moderne tecnologie. Ricercatori, nutrizionisti e produttori
a convegno all’Università di Scienze Gastronomiche
La recente bufera mediatica scatenatasi sul latte crudo ha causato
ingenti perdite agli allevatori che avevano investito su questo nuovo
prodotto, creando un ingiustificato allarme e un diffuso disorientamento
tra i consumatori. Il punto sulla situazione è stato fatto il 28
gennaio da ricercatori, nutrizionisti, produttori ed esperti del settore
in un convegno dal titolo Latte: la cruda verità. Il latte crudo,
i suoi vantaggi, i suoi pericoli, organizzato da Slow Food Italia e dall’Università
di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, tenutosi presso l’Aula Magna
dell’ateneo piemontese.
A seguito dei casi di tossinfezione oggetto delle cronache, il 10 dicembre
2008 il Ministero della Salute ha emesso un’ordinanza che introduce
l’obbligo di riportare sugli appositi distributori la dicitura “da
consumarsi solo dopo bollitura”. Tuttavia le statistiche dimostrano
che non ci sono state variazioni nella casistica di SEU (Sindrome emolitico-uremica),
una malattia molto rara causata da tossinfezioni di Escherichia Coli,
da quando si sono diffusi in Italia gli erogatori di latte crudo.
«Il latte crudo è un prodotto nuovo e diverso – ha
affermato Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, introducendo
il convegno. Consumarlo non vuol dire tornare indietro, ma servirsi delle
moderne tecnologie per usufruire in tutta sicurezza di un prodotto nutrizionalmente
valido ed economicamente conveniente per il consumatore, che rappresenta
un’opportunità di differenziazione delle entrate per le aziende
zootecniche.»
«Si tratta di un alimento integro e vivo che contiene elementi nutrizionali
fondamentali per l’alimentazione umana a tutte le età –
ha dichiarato Giorgio Calabrese, docente di Nutrizione Umana presso l’Università
di Torino e consulente del Ministero della Salute. È necessario
mettere in atto tutte le iniziative utili a prevenire patologie e controllare
il livello di rischio. Per questo – ha aggiunto Calabrese –
sarebbe utile trovare nuove strumentazioni che permettano di distribuire
latte pastorizzato garantendo la catena del freddo senza interrompere
tuttavia il rapporto diretto tra produttore e consumatore.»
«L’atto di spillare il latte crudo da un distributore –
ha continuato Cinzia Scaffidi, direttore del Centro Studi Slow Food e
moderatrice dell’incontro - è la sintesi perfetta del buono,
pulito e giusto: questo latte ha proprietà nutritive superiori
a quelle del prodotto pastorizzato ed è più gradevole al
palato; percorre pochi chilometri per giungere al consumatore e non produce
rifiuti in packaging; infine, la filiera diretta consente una politica
di prezzo più rispettosa del lavoro degli allevatori.
Roberta Lodi, responsabile della sede di Milano del CNR - ISPA (Istituto
di Scienze delle Produzioni Animali), ha raccontato la pionieristica esperienza
lombarda: i primi distributori sono nati nel 2004 dalla volontà
di alcuni produttori che vendevano direttamente il loro latte crudo di
grande qualità. Già alla fine di quell’anno una circolare
della Regione Lombardia fissava rigidi livelli di sicurezza igienico-sanitaria.
Da quelle prime esperienze, gli erogatori di latte crudo si sono diffusi
in tutta Italia e oggi se ne contano oltre 1100. Una goccia di latte contiene
tutti gli elementi nutrizionali necessari all’alimentazione in un
equilibrio perfetto quanto precario. Per questo il latte deve subire il
minor numero possibile di trattamenti e alterazioni. Il latte prodotto
in una stalla sana, in cui si rispettano tutte le norme igieniche, filtrato,
refrigerato a 4° e mantenuto in stato di blanda agitazione conserva
inalterate le proprie caratteristiche. «L’esperienza lombarda
- ha concluso Lodi – ci ha permesso di costruire le regole per una
gestione sanitaria del latte crudo: l’allevatore garantisce che
la sua stalla è sana, grazie anche agli strumenti per ridurre il
rischio di proliferazione di elementi patogeni forniti da veterinari e
tecnici del latte; il consumatore, infine, conserva correttamente il prodotto
prelevato dall’erogatore.»
Per Roberto Rubino, ricercatore del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura,
i “latti” non sono tutti uguali: «Si differenziano,
oltre che per l’animale che li produce, per il tipo di allevamento
e alimentazione e, infine, per il trattamento che subiscono. È
necessario che il produttore differenzi l’offerta per offrire al
consumatore possibilità di scelta tra i latti, anche quelli crudi,
così che il prodotto sia legato direttamente al produttore e al
suo territorio.»
Jean Claude Le Jaouen, giornalista esperto del settore lattiero-caseario,
ha raccontato l’esperienza francese, dove si punta sulla sicurezza
assoluta per i consumatori e la responsabilizzazione dei produttori. Sulla
base di questo, già nel 1999 è stata realizzata una guida
delle buone pratiche, ripresa poi nel 2006 con il cosiddetto “pacchetto
igiene”.
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Paola Nano
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