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SALUTE
E BENESSERE
Giappone: la nube non deve far paura, nessun rischio contaminazione
sui nostri prodotti agroalimentari
Bene le rassicurazioni del ministro Fazio
e di Cnr e Ispra. Secondo la Cia sono da evitare comportamenti irrazionali
che creano “l’effetto psicosi”, a partire dal sushi.
Anche perché quasi tutto il pesce crudo usato nei ristoranti giapponesi
del Belpaese è locale.
Bisogna evitare la psicosi collettiva: l’Italia non corre alcun
rischio dall’arrivo della nube dal Giappone. I nostri prodotti agroalimentari
sono al sicuro e non c’è nessun pericolo di contaminazione
radioattiva. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in
merito alla notizia della massa d’aria che dall’area di Fukushima
si sta spostando sul resto del mondo e potrebbe arrivare anche in Europa.
Come hanno già sottolineato il ministro della Salute Ferruccio
Fazio e i ricercatori di Cnr e Ispra -spiega la Cia- non c’è
nulla da temere sul fronte della sicurezza. Si tratta di normali masse
d'aria che si spostano e che, nel caso raggiungessero effettivamente l'Italia,
avrebbero un contenuto radioattivo insignificante. Questo vuol dire che
non c’è alcun rischio per la salute e tantomeno un “rischio
contaminazione” per i prodotti della nostra agricoltura. E’
importante ricordarlo, per evitare allarmi ingiustificati che potrebbero
arrecare solo danni al settore primario.
Allo stesso modo, oggi non c’è nessun pericolo sul sushi.
La fuga dai ristoranti giapponesi e dal pesce crudo è assolutamente
irrazionale -osserva la Cia- e questo perché il tonno o il salmone
che ci vengono serviti in locali come i “sushi bar” sono praticamente
nostrani. Piatti come il sashimi, infatti, hanno bisogno di prodotti freschissimi
e quindi il pesce è solitamente quello locale. Al massimo viene
dai paesi del Mediterraneo o, per quanto riguarda il salmone, dal Nord
Europa.
Ma il rischio è irrisorio anche sul fronte dell’import da
Tokio: le importazioni alimentari dal Giappone all’Italia -aggiunge
la Cia- sono quasi inesistenti, rappresentando appena lo 0,03 per cento
dell’intero commercio agroalimentare in entrata dai paesi stranieri.
Non solo. La Ue ha già esortato gli Stati membri a verificare con
accurati controlli e verifiche l’import di cibi provenienti dal
Sol Levante.
Insomma, non c’è nulla di cui aver paura sul fronte alimentare
-conclude la Cia-. Non bisogna scatenare emergenze ingiustificate e provocare
“l’effetto psicosi”. In questo senso, il passato deve
insegnarci qualcosa: tra allarmi Bse, aviaria, diossina e mozzarella blu,
il mondo agricolo italiano ha già contato perdite per oltre 5 miliardi
di euro.
www.cia.it

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