SALUTE
E BENESSERE Assolatte: i grassi sono stati demonizzati per decenni. Ingiustamente. Lo sostengono nuovi autorevoli studi e importanti meta-ricerche da cui emerge che ridurre il consumo di grassi non aiuta a difendersi dalle malattie cardiovascolari. Ma anzi fa aumentare sovrappeso, obesità e diabete Il Time gli ha dedicato la copertina, il New Scientist un’inchiesta di 4 pagine e il New York Times un lungo articolo: la riabilitazione dei grassi, che emerge con chiarezza da numerosi e autorevoli studi scientifici, fa decisamente notizia. Un po’ perché permette di tornare a gustarsi senza sensi di colpa molti alimenti demonizzati per decenni (come il burro, la carne, i formaggi), un po’ perché rappresenta l’alba di una vera e propria rivoluzione del paradigma nutrizionale che ci ha accompagnato da almeno 40 anni a questa parte, spingendoci a ridurre l’assunzione di grassi per prevenire le malattie cardiovascolari. "Mangiate il burro" è l’esplicito invito con cui lo scorso giugno il Time titolava il suo servizio di copertina dove evidenzia come le campagne "antigrassi" condotte da oltre 30 anni negli Stati Uniti non abbiano avuto alcun effetto sull'obesità e sulle malattie ad essa collegata. Al contrario, anche se gli americani mangiano meno grassi che negli anni ’70, e hanno sostituito latte, formaggi e carne con cereali e zuccheri, nei fatti sono meno sani che mai. Le malattie cardiovascolari restano la prima causa di mortalità, l’obesità riguarda oltre 1/3 degli statunitensi e si assiste a un boom del diabete di tipo 2, aumentato del 166% tra 1980 e 2012. Di fronte a questa situazione, si pongono le ricerche che contestano l’idea in base alla quale i grassi fanno male e sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiache. Una meta-analisi, condotta dai ricercatori della Cambridge University, dell’Harvard University e dell’Erasmus University e pubblicata su Annals of Internal Medicine, ha analizzato le ricerche condotte su oltre 650.000 persone concludendo che non ci sono relazioni dirette tra consumo di grassi polinsaturi e rischio di malattie cardiovascolari. Ma non sono solo i grassi polinsaturi ad
avere un effetto protettivo per il cuore. Di recente si è scoperto
che anche i grassi saturi (come quelli del burro, della carne, delle uova
e dei formaggi) hanno un effetto più complesso e favorevole sul
corpo umano visto che, nel peggiore dei casi, si limitano ad avere un
effetto neutrale su obesità e cardiopatia. Le nuove ricerche riabilitano,
dunque, il ruolo dei grassi in un’alimentazione equilibrata e puntano
invece il dito contro l’eccesso di carboidrati, zuccheri e dolcificanti.
Proprio il consumo eccessivo di questi alimenti è accusato di essere
il principale responsabile dell’epidemia di obesità e di
diabete alimentare. 3 BUONI MOTIVI PER CUI I GRASSI SONO STATI
RIABILITATI Una dieta con il giusto tenore di grassi fa perdere peso più facilmente. Consumando meno carboidrati e più lipidi si riduce di più il grasso corporeo e si dimagrisce più efficacemente. E’ la conclusione a cui è giunto uno studio, pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, che ha seguito per un anno 150 tra uomini e donne sottoposti a regimi dietetici diversi per quantità di grassi o carboidrati ma senza restrizioni caloriche. Numerosi altri studi hanno mostrato quanto sia difficile perdere peso, e non riprenderlo a fine dieta per il micidiale effetto yo-yo, se si segue una dieta che abolisce o riduce drasticamente i grassi. Le spiegazioni sono diverse. Da un lato i grassi producono un senso di sazietà ben maggiore di quello ottenuto con i carboidrati, e per questo permettono di tenere meglio sotto controllo l’appetito. Infatti i carboidrati raffinati (come quelli contenuti nel pane, nei prodotti dolciari e nella pasta) causano alterazioni della composizione chimica del sangue che inducono l`organismo ad accumulare le calorie sotto forma di grasso e intensificano il senso di fame, rendendo molto più difficile la perdita di peso. I grassi saturi non aumentano il rischio di patologie cardiovascolari. Una meta-analisi pubblicata nel 2014 sugli Annals of Internal Medicine, che ha analizzato quasi 80 studi, ha concluso che non ci sono sufficienti evidenze a dimostrazione che un’alimentazione con un basso apporto di grassi saturi e un alto apporto di grassi polinsaturi sia più salutare per il cuore. E anche uno studio apparso nel 2013 su Clinical Nutrition ha rilevato che non esistono prove sufficienti per collegare un alto livello di grassi saturi nel sangue con un maggior rischio di malattie coronariche e di ipertensione arteriosa.
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