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SALUTE
E BENESSERE
Etichette nutrizionali: arriva la classifica degli
alimenti con un punteggio basato sugli ingredienti. Le aziende protestano
L’organizzazione statunitense
ambientalista e per la difesa del consumatore Environmental Health Group
ha lanciato il database Food Score, nel quale sono già presenti
più di 80.000 prodotti. Il sito raccoglie tutti i dati disponibili
sugli alimenti confezionati. classificandoli in base alle informazioni
nutrizionali, gli ingredienti. Le fonti sono sia quelle fornite dalle
aziende riportate sull’etichetta sia quelle proprie basate sulla
scelta degli additivi, dei coloranti e sulla presenza di zuccheri,
sale, olio di palma e così via, così come la messa
in luce di alcuni processi produttivi e di filiere che presentano criticità.
A ogni alimento è attribuito un punteggio da 1 (il meglio) a 10
(il peggio) basato sul valore nutrizionale, sul numero di ingredienti,
sul packaging , sul rispetto del benessere animale, l’impiego di
antibiotici e in generale dell’impronta ambientale. Analogamente,
il sito segnala se un alimento o uno dei suoi ingredienti è biologico.
Il risultato è un’informazione completa che fornisce anche,
indirettamente, dati quali la presenza di glutine e allergeni, ingredienti
GM e viene fatto anche un confronto tra alimenti analoghi proposti da
aziende diverse.
Secondo Ken Cook, presidente e fondatore di EWG: «Il sito riflette
i cambiamenti avvenuti nella società e nella coscienza dei consumatori,
e li sostiene. Oggi non si compra solo qualcosa che sfama, ma si cerca
di capire la composizione e di valutare la filiera produttiva di
ciò che si acquista. L’intento è di stimolare i produttori
a modificare le scelte strategiche, per rispondere alle mutate esigenze
di un pubblico sempre più consapevole ed esigente». La risposta
delle aziende non si è fatta attendere: «Poco più
che opinioni personali – ha infatti subito dichiarato l’associazione
di categoria Grocery Manufacturers Association in una presa di posizione
ufficiale – queste informazioni hanno un unico effetto: quello di
confondere i consumatori e allontanarli da ciò che essi amano.
Non dimentichiamo che tutto ciò che si trova nel database è
già presente in moltissimi altri sistemi di scoring, che stanno
diventando così numerosi e diversi da diventare controproducenti.
L’unico riferimento valido è quello delle etichette nutrizionali
approvate dal Governo, e cioè dal Nutrition Fact Panel».
Naturalmente l’Environmental Health Group ha respinto le critiche,
facendo sapere che la metodologia usata è rigorosa, spiegata passo
dopo passo nel sito ed è stata messa a punto dopo una discussione
aperta sul web. Le proteste delle aziende nascono dal fatto che una raccolta
così grande e corretta di informazioni mette in luce fatti scomodi
come la presenza di zucchero nel 60% degli alimenti venduti negli Stati
Uniti, carni e salumi compresi. Per dimostrare quanto questo tipo di iniziativa
abbia ricadute positive, la EWG cita due esempi: quello dell’analogo
database sui cosmetici, sempre sviluppato da loro, chiamato Skin Deep,
che ha costretto le aziende a modificare molti dei prodotti proposti,
e quello di un’altra associazione per la tutela dei consumatori
e per un’economia più rispettosa e giusta, il Cornucopia
Institute, che di recente ha fatto un grande lavoro sugli yogurt (seguendo
quanto già fatto nei mesi scorsi su latte, cereali e uova), studiandone
e classificandone oltre 100.
Tra i criteri scelti per l’attribuzione del punteggio espresso in
cucchiai ( da 1 per il peggiore a 5 per il migliore) troviamo la
presenza di carragenine, coloranti e sciroppo di glucosio. Anche in quel
caso i risultati sono stati in parte sorprendenti. Prodotti molto popolari
come gli yogurt marcati Danone e Yoplait sono risultati essere tra i peggiori
(un solo cucchiaio)per l’eccesso di zuccheri e additivi. A poco
è servita la replica di Danone, che ha ricordato di vendere anche
molte varietà di yogurt bianco senza aggiunta di altri ingredienti.
Attraverso queste banche dati si possono evidenziare aspetti poco
noti di molti alimenti industriali. I consumatori non sono
solo acquirenti, ma sempre più spesso vogliono esercitare il proprio
diritto di sapere, per scegliere consapevolmente.
(Agnese Codignola - www.ilfattoalimentare.it)
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