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SALUTE
E BENESSERE
Contrordine: il pesce scartato ributtato in
mare non è uno spreco, perché contribuisce a equilibrare
l’ecosistema e aiuta le specie a rischio
Le norme dell’Unione europea (Common Fisheries Policy, CFP) sul
divieto di ributtare in mare il pescato di taglia piccola o comunque
invendibile, potrebbe essere controproducente. Le direttive, entrate in
vigore il primo gennaio scorso, volte a eliminare il fenomeno tra il 2015
e il 2019, non avrebbero un effetto positivo, ma al contrario comportano
conseguenze negative per l’ambiente marino.
Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Communication condotto
dai ricercatori dell’Università di Strathclyde. La ricerca
grazie a simulazioni al computer di tutto l’ecosistema marino e
costiero, ha quantificato cosa comporta la scomparsa dello scarto del
pesce non commerciabile su altri fattori (altri pesci più grossi,
uccelli marini e costieri, mammiferi e in generale sul mare). Il
risultato è sconfortante: nessuno ne trarrebbe vantaggio, perché
moltissime specie vivono o sopravvivono anche grazie agli scarti dell’uomo
(non solo in mare). I banchi di pesce a rischio estinzione, poi, traggono
solo beneficio della presenza di pesce di scarto ributtato in mare
. Inoltre i pescherecci, appesantiti dal pesce inutile consumano più
carburante e devono compiere più battute per ottenere lo stesso
quantitativo di pescato buono per essere venduto. Riportare a terra
il pesce di scarto vuol dire aumentare le quote dipesca assegnate
e questo aspetto minaccia aree marine più ampie. Siamo di fronte
ad una stroncatura, frutto di una considerazione ampia e omnicomprensiva
di tutto l’ecosistema marino e non soltanto dall’esigenza
di attuare politiche antispreco.
Per ripopolare gli stock di pesce - sempre secondo le simulazioni del
gruppo inglese – occorrerebbe modificare le pratiche di pesca
per ridurre la quantità di pesce indesiderato che finisce nelle
reti. Servono quindi attrezzi più specifici e una severa
regolamentazione delle aree e dei perimetri in cui gettare le reti. Anche
se entrambi gli approcci soddisfano la richiesta dell’opinione pubblica
di limitare gli sprechi – commentano gli autori – solo un
programma basato su nuove pratiche garantisce un reale beneficio per l’ambiente.
La questione del pesce considerato inutile perché appartenente
a specie non commercializzabili oppure sotto taglia è dibattuta
da anni. La soluzione del Parlamento Europeo è stata quella della
moral suasion chiedendo ai pescatori di riportare a terra
tutto il pescato avendone in cambio quote di mare per espandere le aree
di pesca. Questa strategia non va bene perché– sottolineano
gli autori – tutto l’ecosistema marino subisce dei danni notevoli,
senza trarne alcun beneficio, tantomeno sul ripopolamento delle specie
a rischio, private di una fonte di cibo importante e ulteriormente minacciate.
Al contrario, limitare la quantità di pescato modificando il sistema
di pesca, potrebbe avere effetti potenti e rapidi, soprattutto sulle specie
più depauperate.
(Agnese Codignola - www.ilfattoalimentare.it)
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