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SALUTE
E BENESSERE
Non mangiate quella frutta!
E’ allerta in Europa per i frutti
di bosco contaminati dal virus dell’epatite A. Oltre mille casi
in Italia e 240 in Francia, Germania, Olanda…Pericolo contagio da
persona a persona. Allerta in Europa per i frutti di bosco: 1.300 le persone
colpite da epatite A
La vicenda dell’epatite A veicolata
dalle confezioni di frutti di bosco surgelati venduti in Italia sta assumendo
contorni sempre più preoccupanti, anche se l’opinione pubblica
ignora il problema e il ministro della salute Beatrice Lorenzin porta
avanti una comunicazione che definire insufficiente è poco.
Aumenta la conta dei paesi dove sono segnalate infezioni e cresce il numero
di persone che, pur non essendo venute in Italia, hanno contratto l’epatite.
Questo elemento lascia pensare che i focolai dell’epidemia siano
più di uno.
A delineare i nuovi contorni di una situazione che ancora sfugge al controllo
delle autorità sanitare è l’Efsa. L’Autorità
per la sicurezza alimentare europea ha pubblicato un aggiornamento della
situazione elaborato insieme al Centro europeo per la prevenzione e il
controllo delle malattie, alla Commissione Europea e all’Istituto
federale per la valutazione dei rischi (BfR).
Al momento i casi segnalati in Europa dal primo gennaio 2013 sarebbero
1.315. La maggioranza (1.075) sono stati registrati in Italia, mentre
240 hanno coinvolto soggetti che non hanno avuto contatti con l’Italia
e risiedono in: Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi bassi, Svezia
e Regno Unito.
Dall’epoca della sua comparsa e per molti mesi le autorità
sanitarie, Efsa in testa, avevano ritenuto che l’origine dei virus
dell’epatite A fosse da ricercare in alcune partite di frutti di
bosco provenienti da diversi paesi, assemblati per il congelamento e venduti
in Italia. Oggi l’opinione è in parte cambiata. Si tende
a pensare che la contaminazione possa aver avuto origine in qualche stabilimento
di lavorazione e, in particolare, nei macchinari. Si teme quindi che i
responsabili dell’epidemia non siano solo i frutti di bosco ma anche
da altri cibi, per ora non identificati.
C’è anche il concreto pericolo che il virus possa passare
da persona a persona o entrare in qualche derivato del sangue attraverso
donatori che non sanno di essere malati e che non hanno ancora sviluppato
alcun sintomo. Il contagio diretto interpersonale è specificato
proprio nel documento dell’Efsa, dove si legge: “L’infettività
è massima durante la seconda metà del periodo di incubazione
(ovvero quella asintomatica) […]. HAV (hepatitis A virus) può
essere trasmessa attraverso l’acqua contaminata, il cibo e per via
fecale-orale tra i contatti stretti (ad esempio contatti familiari, rapporti
sessuali, asili, nidi o scuole“.
L’unica certezza riguarda il ceppo di epatite A. Tutti gli oltre
1.300 casi (italiani ed europei) hanno la stessa firma genetica, cioè
derivano da un unico ceppo virale. Sembra quasi incredibile che non si
sia ancora riusciti a capire da dove provenga. In realtà, come
ricordato da Il Fatto Alimentare in un precedente articolo, l’analisi
della tracciabilità è complessa.
Le indagini condotte in Italia su 20 lotti hanno comportato l’esame
di 830 transazioni commerciali, che fanno riferimento a 331 fornitori
di 25 paesi europei ed extra europei. Il numero medio di transazioni per
ogni singolo lotto è di 56,6, e questo spiega perché sia
così difficile ripercorrere tutte le tappe affrontate dai prodotti
contaminati. Tuttavia è evidente che il sistema di sorveglianza
e di tracciabilità delle merci alimentari in territorio europeo
non è adeguato, come del resto aveva già tragicamente dimostrato
la vicenda dei germogli di soia del 2012 (41 morti e centinaia di ricoveri)
e quella della carne di cavallo del 2013.
La situazione è dunque piuttosto grave, e purtroppo le misure adottate
per contenere il contagio non sembrano all’altezza. Le autorità
sanitarie come Efsa ed Ecdc si limitano a consigliare di lavare i frutti
di bosco e di vaccinarsi in caso si intraprendano viaggi in paesi europei
colpiti dal fenomeno. In base al principio di precauzione è però
meglio astenersi del tutto dal consumare prodotti con frutti di bosco
sulla cui origine non vi siano assolute certezze. In attesa che l’Europa,
magari anche in vista delle elezioni, si muova in maniera omogenea ed
efficace, dando al cittadino la dimostrazione concreta dell’importanza
di andare a votare.
Leggi il documento completo dell’Efsa in inglese (Techincal report)
(Agnese Codignola - www.ilfattoalimentare.it)
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