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SALUTE
E BENESSERE
Troppo zucchero nella dieta di inglesi e americani
Campagna dell’associazione «Action for sugar» per ridurne
il consumo. L’eccesso non è dovuto solo ai dolci ma a vari
tipi di alimenti
Ci sono almeno nove cucchiaini di
zucchero in una bottiglietta da 33 cl di bevanda gassata, se ne nascondono
8 in una barretta di cioccolato e caramello, almeno 5 anche in colazioni
insospettabili come quelle a base di latte e cereali, o nello yogurt con
la frutta. Anche se i calcoli riguardano marche precise e non è
possibile generalizzare a tutta l’industria alimentare, il monito
da parte del gruppo Action for Sugar, composto da esperti e medici americani
e inglesi, è forte: lo zucchero nelle nostre diete «è
diventato il nuovo tabacco».
Per questo motivo gli stessi specialisti che hanno lanciato l’allarme
stanno cercando di convincere i grandi nomi della produzione alimentare
di tutto il mondo a ridurre volontariamente almeno del 30 per cento i
livelli di zuccheri dei loro prodotti sul mercato.
LE DOSI GIORNALIERE - Cibi comunemente consumati dai bambini (per cui
lo zucchero viene definito “l’alcol dei piccoli”) e
dagli adulti (per loro lo zucchero sarebbe appunto una dipendenza al pari
delle sigarette), che se contenessero minori quantitativi di questi carboidrati
complessi potrebbero salvare dalla dieta quotidiana una media di 100 calorie,
aiutando considerevolmente anche nella lotta all’obesità,
oltre che ad arginare diabete, problemi al fegato, malattie del metabolismo,
che molte ricerche mediche hanno legato agli eccessivi consumi di zuccheri.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un adulto
dovrebbe consumare non più di 10 cucchiaini di zucchero al dì,
ma le ricerche hanno dimostrato come alcune popolazioni (come inglesi
e americani, appunto) arrivino a ingerirne anche 46 ogni 24 ore.
LA RICERCA – Il monito arriva da Action for Sugar: dietro a questo
nome lavora una organizzazione trasversale composta da medici, ricercatori,
scrittori, divulgatori americani e inglesi, attivi da anni nel combattere
le malattie legate al sovrappeso e agli scorretti stili di vita, a partire
proprio dall’alimentazione. Tra loro vi sono anche elementi che
in passato lanciarono la campagna CASH, Consensus Action on Salt and Health,
che negli anni Novanta lavorò per abbattere i quantitativi di sale
nei cibi confezionati e precotti con un buon successo, soprattutto nella
prevenzione delle malattie del cuore. Il senso del loro lavoro di studio
e di lobbying è quello di convincere i produttori a scendere, lentamente,
nei quantitativi di ingredienti presenti nelle loro ricette, alleggerendo
quelli potenzialmente rischiosi se consumati in grande quantità
magari inconsapevolmente, senza che i consumatori stessi avvertano un
grande cambiamento nel gusto dell’alimento stesso. Un accordo che,
sulla carta, non causa vincitori né vinti, e permette però
di controllare maggiormente la qualità dei principi nutritivi consumati
nella dieta quotidiana di ogni essere umano.
LA PROVA SUL CAMPO – Action for Sugar ha svolto una serie di misurazioni
a campione su alcuni degli alimenti più conosciuti e consumati
in Gran Bretagna e Stati Uniti. Vi sono ovviamente anche prodotti reperibili
nei supermercati italiani, come si evince dalla tabella pubblicata dal
Daily Mail: per ognuno, oltre alle calorie del singolo “pezzo”
in commercio,
i ricercatori hanno misurato i cucchiaini di zucchero presenti.
In un ragù pronto da 300 grammi se ne anniderebbero ben tre, uno
in una porzione di ketchup, quattro in una porzione da 30 grammi di cereali
glassati con latte scremato, ancora quattro in un gelato su stecco alla
crema ricoperto di frutta, cinque sono invece i cucchiaini di zucchero
presenti in uno yogurt alla frutta da 150 grammi prodotto da latte intero,
nove in una bottiglietta da 33 cl di cola di qualsiasi marca e ben undici
– il top segnalato dai ricercatori - in una tazza grande di “frappuccino”
con caramello e panna, preparato che accompagna molte merende e colazioni
americane meno diffuso in Italia.
LE REAZIONI – Tiepida e in alcuni casi di rottura la reazione dell’industria
alimentare a questa denuncia, che peraltro non è la prima del genere
negli ultimi anni. Alla richiesta del gruppo di pressione di ridurre i
quantitativi di zuccheri e di alleggerire i cibi – soprattutto quelli
per bambini tanto reclamizzati – le associazioni che tutelano gli
interessi delle grandi aziende del food hanno reagito citando a loro volta
ricerche scientifiche. In Gran Bretagna il gruppo Sugar Nutrition ha ricordato
come la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità solo lo scorso
anno avesse pubblicato una ricerca i cui risultati dicevano che il legame
tra peso corporeo e diabete dipende dal consumo tropo alto di calorie
e non singolarmente dallo zucchero, che di per sé non è
pericoloso. Per il momento dunque l’allarme dei medici non è
stato ascoltato: l’industria alimentare ricorda che ogni alimento
con tiene sulla sua etichetta le informazioni nutrizionali e che sta al
consumatore stesso la scelta di consumare cibi in modo equilibrato. (www.corriere.it)
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