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SALUTE
E BENESSERE
Meno sale ai bambini
Anche così si combatte il sovrappeso infantile. Negli
Stati Uniti sono calati i ragazzini obesi
Il sale favorisce l'obesità
infantile. Sembra incredibile, ma è così: meno citato dello
zucchero o dei grassi nocivi e ritenuto meno dannoso rispetto a questi
ultimi, il cloruro di sodio fa aumentare la sete e spinge i bambini, soprattutto
se già abituati, a consumare più bevande gassate e zuccherate.
Si dovrebbe dunque fare attenzione a questo ingrediente, soprattutto nell'alimentazione
infantile. Il ruolo del sale, del resto, è emerso con chiarezza
in uno studio appena pubblicato su Pediatrics: i ricercatori della Deakin
University australiana hanno verificato le abitudini e il peso di oltre
4.200 bambini e ragazzi di età compresa tra 2 e 16 anni per verificare
l'esistenza di un nesso tra l’assunzione di cibi salati, il consumo
di bevande zuccherate e il peso.
I ricercatori hanno così scoperto che in media ogni ragazzino assume
circa 6 grammi di sale al giorno, un valore già molto alto rispetto
alle quantità consigliate dalle autorità sanitarie, comprese
tra i 3 e i 5 grammi quotidiani. Oltre a ciò, circa il 62% dei
ragazzi coinvolti beve ogni giorno bevande zuccherate gassate, energy
drink, acque minerali aromatizzate e dolci (i succhi di frutta al 100%
non sono stati presi in considerazione).
Combinando insieme due tipi di dati, i nutrizionisti australiani hanno
trovato che per ogni grammo di sale in più, un ragazzino beve almeno
17 grammi di liquidi zuccherati; inoltre, i ragazzi che non bevono bibite
dolci abitualmente, assumono anche meno sale (in media mezzo grammo in
meno al giorno, cioè la quantità di un sacchettino di patatine
fritte).
È probabile, concludono gli autori, che i bambini che consumano
più sale e zucchero siano anche quelli che mangiano meno frutta,
verdura e latte e più cibo spazzatura. Questa ipotesi è
rafforzata dal fatto che i ragazzi che assumono più sale (pari
al 23% del totale) sono anche quelli che hanno più probabilità
di avere un peso superiore alla norma (per la precisione, hanno il 26%
in più di probabilità rispetto agli altri).
È dunque arrivato il momento – così ritengono gli
autori dello studio – di controllare nei bimbi il consumo di sale
e alimenti salati, accanto a quello di bevande dolci e cibi pieni di grassi.
E per ridurre l’assunzione quotidiana di sale, il primo passo consiste
nello spingere bambini e ragazzi a consumare più pasti preparati
in casa, meno infarciti di cloruro di sodio.
Negli Stati Uniti, le campagne di educazione alimentare e quelle
destinate a combattere l’obesità infantile iniziano a dare
qualche frutto, come riferisce il New York Times. Non si tratta di una
tendenza nazionale, ma di dati emersi da città di vario tipo, grandi
e importanti come New York, Filadelfia o Los Angeles, e piccole come Achorage,
in Alaska. Tra il 2007 e il 2011, i teenager obesi di New York sono diminuiti
del 5,5%, quelli di Filadelfia del 5% e quelli di Los Angeles del 3%.
Come si è invertita la tendenza?
Lo si comprende analizzando come è stata condotta a Filadelfia
la guerra totale all’obesità infantile. Qui, a partire dal
2004, i tè freddi, le bevande zuccherate alla frutta, gli sport
drink sono scomparsi dalle scuole. Nel 2005, sono stati imposti limiti
più severi alle calorie e ai grassi degli snack e i produttori
sono stati costretti a confezionare porzioni inferiori di patatine fritte.
Nel 2009, infine, queste ultime sono scomparse dalle caffetterie delle
scuole che hanno anche sostituito il latte intero con quello parzialmente
o totalmente scremato.
L’eliminazione di chips e patatine fritte della mense è stata
lentissima: questi prodotti, su cui le scuole guadagnavano parecchio,
rendevano le mense più attraenti, almeno secondo i gestori. Nondimeno,
gli interventi si sono realizzati e stando ai dati, qualcosa è
cambiato: tra il 2011 e il 2012 il tasso di obesità infantile è
ulteriormente sceso del 2,5%.
Naturalmente non è importante solo quanto accade a scuola: i ragazzi
americani ogni giorno comprano nel negozio di quartiere junk food per
almeno 350 calorie; è stato quindi varato un programma federale
che spinge i negozianti a limitare le vendite di cibo spazzatura e già
640 corner store vi hanno aderito. Molto resta da fare, se è vero,
come riferiscono i maestri di scuola, che tanti studenti non hanno mai
visto un cavolfiore in vita loro. Tuttavia, esistono interventi efficaci
ed è proprio dalla loro azione congiunta che possono scaturire
effetti positivi a lungo termine.
(Agnese Codignola - www.ilfattoalimentare.it)
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