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RASSEGNA
STAMPA
IL CIBO CHE RIVOLUZIONÒ L’OCCIDENTE
Nord polentone? E perchè mai dovrebbe
essere considerata un’offesa quella che è semplicemente una
realtà storica! Importante e fondamentale, per di più, visto
che l’arrivo del mais dalle Americhe ha rivoluzionato l’economia
agricola e l’alimentazione occidentali e della pianura padana in
particolare.
Il mais, o anche “formenton” o “granoturco” (che
così lo chiamavano tutti fino ad una cinquantina d’anni fa),
trovò proprio in terra veneta, a cavallo tra l’alto Polesine
e il basso veronese, la prima ospitalità, trasformando in breve
il modo di vivere: le rese sono ineguagliabili sotto il profilo quantitativo
rispetto ai cereali tradizionali e dalla granella si ricava un cibo abbondante
e calorico, la polenta per antonomasia, appunto. Perché polenta
era il nome che i latini davano a qualunque impasto fatto con farina di
cereali (puls, al plurale pultes, che con pulvis, polvere, ha in comune
la radice). Ma l’intera pianta è un utile e conveniente alimento
per l’alimentazione del bestiame. Intere popolazioni, che con la
fame dovevano fare i conti tutti i giorni, trovarono in breve tempo il
modo di risolvere molti dei loro problemi. Certo, la storia della polenta
di mais è legata anche alla pellagra, ma all’epoca ancora
se ne sapeva poco delle vitamine e della necessità di non utilizzare
un’unica pietanza per nutrirsi. Insomma l’avitaminosi, chè
di questo si tratta, non è colpa della polenta, ma del fatto che
ci si nutriva solo con quella.
Ecco, la polenta, e le tradizioni ad essa legate, nascono da qui, dai
primi anni del ‘500: una rivoluzione in breve divenuta tradizione,
in tempi recenti in verità un tantino annichilita dal fast e dal
prodotto industriale. Attualmente tuttavia la polenta tradizionale è
in ripresa, sia nella ristorazione sia a livello “domestico”,
grazie anche alla “meccanizzazione” della parte più
impegnativa della preparazione di una pietanza assolutamente facile.
Il mais è una pianta dalle connotazioni curiose: i “conquistadores”
la trovarono già ben coltivata nel nuovo continente, mentre non
se ne conoscono varietà selvatiche, tanto da far pensare che la
sua “scoperta” sia stata lontana e casuale e che la pianta
si sia poi evoluta solo grazie alla mano dell’uomo. Il quale ne
ha selezionato e ne seleziona le sementi che ritiene migliori per i suoi
scopi, “ibridando” talune specie con altre per modificarne
le caratteristiche. Oggi l’offerta di farine di mais per polenta
è vastissima e si va dalle anonime farine “industriali”,
a quelle caserecce e di produzione locale, passando per quelle ottenute
da ibridi “specializzati” o frutto di tradizione.
E proprio nel “Veneto polentone” venne “inventata”
una delle qualità più pregiate. Nel 1890, a Marano Vicentino,
l’agricoltore Antonio Fioretti incrociò il mais locale con
quello chiamato “Pignoletto d’oro”, che veniva da Rettorgole
di Caldogno. Rispetto ai prodotti tradizionali Il nuovo ibrido mostrò
subito qualità superiori, che vennero ancor più affinate
attraverso ulteriori selezioni. Il Maranello, la farina di mais di Marano,
è nato così: pannocchia piuttosto piccola e allungata, con
grani di colore rosso aranciato, lucido e vitreo, tutolo sottile. E’
una qualità particolarmente produttiva, a maturazione precoce,
con ridotta percentuale di scarto, di facile e buona conservabilità.
Le sue qualità gli valsero nel 1940 il marchio governativo. Oggi
che la polenta non è una scelta gastronomica, il Maranello (sono
in molti a produrlo) fornisce una farina tra le più ricercate da
buongustai ed intenditori, che accompagna al meglio i più tradizionali
piatti della cucina veneta e vicentina: dal pollo allo spezzatino, dal
formaggio al baccalà.
Ma in molte località si sta riscoprendo il legame tra la polenta
e il mais tipico del territorio. Nel Bellunese, ad esempio, si può
trovare lo “Sponcio”, che viene proposto dalla cooperativa
“La Fiorita”, “specializzata” in frutti di bosco
e appunto produzioni locali. E’ una farina ottenuta da una qualità
particolare di mais locale, con pannocchia stretta e lunga. Altri ancora,
ad esempio il Dominio di Bagnoli, propone accanto al Maranello una “sua”
farina da polenta.
Pure in Friuli Venezia Giulia, dove la presenza del mais è ricordata
dal 1620, si sta riscoprendo la tradizione della polenta, la “blave”,
come la chiamano i friulani, e sono in corso selezioni per migliorare
e caratterizzare la materia prima. Il primato di migliore se lo contendono
la Blave di Mortean, farina da polenta ottenuta da varietà autoctone
di mais coltivato nel Comune di Martegliano, e la “Blave di Levrôns”,
ottenuta da mais coltivato nei territori duri e difficili del comune di
Leproso. “Blave di Mortean” è oggi un marchio che garantisce
la rispondenza della coltivazione e della lavorazione del mais ai contenuti
di uno specifico regolamento.
Polenta gialla o bianca? Il colore, ovviamente, dipende dalla materia
prima: se il mais è più o meno giallo o rossastro, il colore
sarà conseguente; se i chicchi sono bianchi la polenta sarà
bianca. La differenza è questione raffinata e di gusto, connessa
al sapore ma non disgiunta dall’aspetto del piatto nel suo complesso.
Difficile, ad esempio, pensare, alle seppie in nero con polenta gialla.
In ogni caso non mancano sostenitori convinti dell’una o dell’altra
polenta
La farina bianca ha oggi la sua migliore materia prima nel mais Biancoperla,
presidio Slow Food del Veneto. Di granella vitrea, quasi di aspetto ceramico,
è una varietà di mais ad impollinazione libera (auto-fecondante)
e come tale ha una resa piuttosto bassa, compensata dalla qualità
della farina che se ne ottiene e che consente di preparare una polenta
squisita, largamente conosciuta ed apprezzata in passato, quando proprio
questo mais era riservato quasi esclusivamente al consumo umano. Si coltiva
principalmente nel Trevigiano e nelle province di Padova e Venezia. La
presenza di “sorgoturco” bianco è segnalata in un libro
edito alla fine del ‘600, scritto da Giacomo Agostinetti, agronomo
di Cimadolmo. Ma la maggiore diffusione di questa varietà bianca
si ha nella seconda metà dell’800 e la sua fortuna pare legata
anche alla sua maggiore conservabilità. Oggi c’è una
sua riscoperta e valorizzazione, anche con iniziative di tipo pubblico,
mentre gli agricoltori che lo coltivano sono riuniti nell’Associazione
Conservatori Mais Biancoperla.
COME PREPARARLA
Preparare una polenta tradizionale è
facilissimo, anche se proporzioni degli ingredienti e tempi di cottura
possono variare in relazione alle differenze che esistono tra le varie
farine e al risultato che si vuole ottenere.
L’operazione che richiede più fatica e attenzione è
quella di mescolare di continuo, con un mestolo di legno, l’impasto
che sta cocendo. Anche tale incombenza, tuttavia, è oggi resa molto
facile e non richiede particolare attenzione se ci si procura un apposito
paiolo, con pala di mescola mossa elettricamente.
Mediamente si utilizzano circa due etti di farina per litro d’acqua.
Si scalda quest’ultima, la si sala quanto serve (circa un cucchiaino
di sale per litro), si versa la polenta e si sbatte rapidamente con una
frusta da cucina per evitare la formazione di grumi. Quindi si inizia
a mescolare il tutto (a mano o “elettricamente”) e si prosegue
per una cinquantina di minuti. Di massima, più la grana della farina
è grossa, maggiore è il tempo necessario. Personalmente,
su antico insegnamento di una vecchia zia che cucinava la polenta all’antica
in un enorme paiolo di rame sul focolare, aggiungo un filo d’olio
d’oliva.
A fine cottura, si versa la polenta in un tagliere tondo (o in un piatto,
o anche in una terrina se la consistenza è molto liquida), la si
lascia raffreddare un po’ (le ustioni da polenta, alle dita e al
palato, sono micidiali), la si taglia o lo si versa a cucchiaio per servirla
ai commensali, abbinata ad altre pietanze. Quali? Be’, c’è
un libro che ve ne propone a non finire. Si tratta di “Polenta e…”,
di Antonietta Mariacher. E se volete sbizzarrirvi davvero, a Busiago di
Campo San Martino, in provincia di Padova (dove alla pannocchia è
stato pure dedicato un monumento bronzeo), si svolge annualmente. In settembre,
una festa del mais con concorso gastronomico per le migliori ricette a
base di polenta.
Maddalena Durello
Origine N. 1 2006
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