QUALITA'

Vino & Etica . L’enologia italiana deve puntare sull’autoregomanetazione
Sì all’impegno individuale dei produttori nei confronti della legge, dei consumatori, dei giovani e dell’ambiente.

“Il mondo dell’enologia italiana deve puntare sull’autoregolamentazione e sull’impegno individuale dei produttori nei confronti della legge, dei consumatori, dei giovani e dell’ambiente: i controlli di “polizia” esistono già e sono fondamentali, ma è importante affiancare ad essi la responsabilità personale delle singole aziende”: lo afferma Andrea Sartori, presidente dell’Unione Italiana Vini e della Confederazione Italiana della Vite e del Vino, in seguito ad un incontro con il ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro sul tema dei controlli dei vini Doc. In merito al decreto relativo ad un piano di controlli nazionale delle produzioni a denominazione di origine, l’Unione Italiana Vini lancia l’idea che, contestualmente all’azione della pubblica amministrazione, all’interno della filiera del vino si lavori per la creazione di una piattaforma organizzativa e infrastrutturale finalizzata ad un progetto di autoregolamentazione.
“E’ fondamentale - afferma Sartori - creare un’adeguata sinergia tra le azioni ufficiali di controllo e quelle di autocontrollo: le aziende devono assumere una responsabilità primaria nella tutela degli interessi dei consumatori. La dimostrazione tangibile dell’impegno della nostra associazione e del mondo imprenditoriale vitivinicolo verso una visione sempre più etica e impegnata del “fare impresa” è di questi giorni - prosegue Sartori - con l’adesione ufficiale dell’Unione Italiana Vini all’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool, organismo fondato nel 1991 e oggi presieduto da Umberto Veronesi, che ha tra i suoi scopi raccogliere e mettere a disposizione della collettività informazioni obiettive e scientificamente corrette sulle modalità di consumo di bevande alcoliche e relative problematiche nella popolazione giovanile italiana. Abbiamo chiesto e ottenuto di diventare soci – continua ancora Sartori - proprio perché condividiamo l’approccio equilibrato a una materia assai delicata, dove è troppo facile lanciare allarmismi sugli abusi e dove invece è necessario un grande impegno per educare a un corretto consumo. Forti delle evidenze scientifiche che dimostrano come un corretto consumo di vino può avere effetti benefici su svariate patologie, dalle malattie coronariche al diabete, noi, come Unione Italiana Vini, non ci siamo mai nascosti, ma anzi siamo stati sempre in prima linea per informare in maniera rigorosa, tanto sui rischi da abuso, quanto e soprattutto sui benefici del corretto uso”.


Tornando al problema dei controlli, l’impianto del nuovo decreto proposto dai funzionari del ministero dell’Agricoltura, che deroga ai principi della vigente legge 164 e ingiustamente pretende di anticiparne contenuti nuovi e diversi, appare formulato sulla base di una conoscenza imperfetta delle dinamiche del comparto vitivinicolo, laddove invece sarebbe urgente uno studio analitico. “Prima di tutto – afferma Sartori – occorre tracciare uno “stato dell’arte” della nostra vitivinicoltura: solo dopo un approfondito confronto con i vincoli legislativi, giuridici ed economici delle realtà europee e internazionali si può dare inizio ad un percorso di riorganizzazione complessiva del patrimonio delle regole del settore vitivinicolo italiano”. Sul ruolo dei Consorzi di tutela la posizione di Sartori è molto chiara: “E’ assurdo che ad esercitare i poteri di controllo siano i Consorzi, spesso rappresentati ai vertici da diretti concorrenti delle aziende controllate. La nostra associazione ritiene sia necessario esaurire la sperimentazione dei Consorzi entro fine anno, per permettere un avvio che si riferisca a una moderna e coerente “base dati” comune delle produzioni a denominazione di origine, che integri e gestisca gli archivi informativi degli enti coinvolti”. “Le imprese italiane – conclude Sartori - vogliono sì i controlli, ma li vogliono idonei ed efficaci: essi devono rispondere alle legittime aspettative del mercato, ma in vista di tale obiettivo non possono elevare ulteriori barriere alla competitività, incidere negativamente sull’efficienza del sistema filiera e compromettere il ruolo centrale dell’impresa”.