QUALITA' MILANO è in piena azione di ricupero di PROTAGONISMO anche del CIBO, per decenni trascurato lasciando spazio e voce ad altre sedi, più o meno meritevoli di notorietà internazionale. Un’esplorazione della dinamica PRESTAZIONALE dell’alimentazione in ogni parte del suo scenario espressivo è il nuovo-vecchio target di studio dell’innovativa proposta: il COORDINAMENTO da parte del FOOD DESIGNER - come avviene in molti settori della proposta al mercato di filiere di prodotto, nelle forme e prestazioni legate alle tecnologie o al territorio, riconoscibile come carattere di modernnità e culturale. L’opportunità affascinante
prima della conferenza, è diventata meno convincente alla fine,
per un suo DESIGN ancora non a fuoco. Milano è protagonista nell’affermazione del concetto teorico e pratico di questa DISCIPLINA professionale, perchè non estenderla al Cibo? ADI ha raccolto e sta affiancando la promozione dell’approccio innovativo, con patrimonio dell’esperienza fatta e legata alla storia e all’evoluzione del DESIGN, fino alla composizione delle vertenze di diritto e di contenuto di ogni tipo di diritto e responsabilità . ASA che da alcuni anni ha osservato alcuni dei protagonisti è pronta a promuovere con giornalisti e comunicatori associati il coinvolgimento nella comunicazione della proposta.. Come è avvenuto per il Design Industriale, per i concetti di qualità ed ergonomia nella progettualità del mobile, di stile e di comfort nelle applicazioni della ceramica che hanno caratterizzato la leadership italiana nel mondo, un percorso similare può e deve essere ipotizzato per la filiera del cibo puntando alla sua accettazione da parte della società civile anche da parte dei proposti ai lavori, gli stakeholeders della filiera agro-alimentare, industria, artigianato, professioni, utenti, operatori, servizi. Lo stand NEMO NEXT FOOD è stato a TUTTOFOOD il punto d’incontro dedicato tra il design e l’evento: ha costituito un’isola espositiva densa di novità al PADIGLIONE 22 di TUTTOFOOD che ha stimolato la stampa, colta di sorpresa, a pubblicare spinti di commenti spontanei ed entusiasti... e allo stesso tempo spaventati dalla pioggia di simboli, definizioni, scatole pazze e sagge, scenari, idee di futuro che il gruppo di proposta di FOOD DESIGN ha saputo allestire. EAT PARADE, che di progetti si nutre ogni settimana, ha visto e continua a vedere, ascoltare e divulgare idee e proposte di ogni genere, dall’aria fritta alle crochette di mare, ha telegenicamente ripreso immagini dello stand e dichiarazioni di volontà di fare, presto e bene, espresse con convinzione dal fondatore della Divisione. architetto Paolo Barrichella. Alla prima conferenza – internazionale
per la presenza di operatori dal Belgio e dagli Stati Uniti – c’era
un discreto pubblico, curioso di raccogliere notizie direttamente. C’era
lo spazio per intervenire, non sono mancate le domande dopo la presentazione
dello stato dell’arte. Presentazione del certificato di nascita di Food Design Ritengo di annoverarmi tra i pochi testimoni
in sala di quanto il progetto di FOOD DESIGN avesse stimolato la fantasia
di Ornella Piluso, scultrice, fondatrice di Artedamangiare – bacio
- Mangiarearte, originale gruppo di proposta di forma e di sostanza anche
alimentare poco diffusa in materia d’arte. Ornella padroneggia il
polistirolo... foggiato con creatività nei laboratori di Bollate
dell’antica Sicedison diventata Montedison ed afferma come Topylabris
la natura della plastica, costituita da macromolecole, come lo sono tutti
i componenti del cibo al di fuori dell’acqua. Da Artedamangiare nasce Piattod’arte.
Si crea non solo un rapporto con artisti ed artigiani della cucina in
cucina, ma anche con gli utenti, i convivianti. Per alcuni anni ci siamo
divertiti insieme: tra artisti, convivianti e cuochi abbiamo giocato sul
tema con il contorno culturale di sensibilità artistica e gastronomica
oltre che di sensibilità al piacere, alla gratificazione. Il progetto era complesso, ha avuto momenti
di espressione ed accoglienza spontanea, altri più difficilmente
accessibili all’approccio limitato alla ristorazione, che hanno
mancato un’occasione adatta per una proposta allargata all’opinione
pubblica. Per l’artista Topylabris il passaggio dall’espressione libera al design - avendo avuto esperienza diretta in ADI - è stato quasi automatico: le edizioni del MACEF alla Fiera di Milano e l’ambiente di New York hanno apprezzato fantasia, design, forme astratte o funzionali espresse ad ogni tornata. Il giovane architetto, Paolo Barrichella, e il cuoco creativo hanno abbracciato l’idea della sfida al concetto di design innovativo, il cibo ha bisogno di fare uso di ogni accorgimento tecnologico, artistico, d’aspetto, di contenuto, di odori e sapori per gratificare con il successo la sua “mission”. E’ nato FOOD DESIGN sorridendo nei chiostri dell’Umanitaria, a Milano, un paio di anni fa. Questa storia è stata risparmiata alla conferenza, Paolo è partito dalla presentazione di ADI, del ruolo del Design e del Designer di cui è fondamentale “RICONOSCERE LA MISSION” per la filiera alimentare. Da poco di parla di DESIGN ALIMENTARE, spesso non correttamente, riferendo l’accezione di DESIGN a STILE, alla presentazione nella forma di una pietanza o di un prodotto, spesso confuso con il design del package, della bottiglia, del piatto, della tavola... cioè con il progetto di forma. La cartella stampa contiene il testo del MANIFESTO DEL FOOD DESIGN, ma era troppo presto per discuterne. Prima devono essere chiarite le definizioni, la strategia, gli obiettivi. Dopo la conferenza è stato necessario rileggerlo, e proporre di riesaminare obiettivi e progetto.
Milano e con la città tutta l’Italia
è stimata come terra di designer e di gusto, di stile, di capacità.
Le esposizioni del territorio modenese,
sorrette annualmente da CERAMIC TILES OF ITALY al CERSAIE sono altrettanto
per la piastrella, la sua forma, prestazione, qualità, sviluppo,
per tutto il mercato mondiale dove ADI ha accompagnato ASSOPIASTRELLE
a guidare il successo dell’industria, del lavoro, della scienza
delle tecnologie italiane al rivestimento di pareti, giardini, pavimentazioni
interni ed esterni del mondo. La FILIERA ALIMENTARE, il cibo, ha la stessa
immensità di temi e di problemi: la natura e le biodiversità
sono infinitamente varie, l’industria tende a concentrarle, le piccole
comunità tendono a conservarle in nicchie preziose. Non solo la forma o l’aspetto, ma il contenuto e LA QUALITÀ di tante funzioni e temi in cui deve spaziare la conoscenza del cibo richiede un coordinamento sensibilizzato e responsabilizzato allo scopo. Come nel mobile, come nella piastrella, come nella moda. Il FOOD DESIGNER.
Nei primi sei mesi d’incubazione il gruppo fondatore si è dato da fare, toccando qua e là aspetti di pratica e di fantasia. Future Menù è un contenitore affascinante e curioso di “Soluzioni e scenari del Food verso il domani”. La “Tassonomia del Food Trend” fa colpo anche sulla fantasia allenata alla cucina d’avanguardia di Identità Golose, creatura di Paolo Marchi andata in dote Milano per viaggi gastronomici di settimo livello, altro che della Stazione Spaziale per cui Ducasse ha studiato anche menu di lusso e festa per ospiti ed eventi eccezionali! Le tappe dei successi che avrebbero potuto
avere al vertice del coordinamento un Designer sono documentati nelle
pagine dedicate al Futuro Passato di Food Design Story. Infine – ma solo per ora – FOOD I-VOLUTION, Navigare nel cibo, apre un collegamento con l’informatica e con la compenetrazione dei corpi: cibo come sacro alimento per la più esasperata interazione... Si tratta di uno scenario che confina e si confonde con l’universo... forse affrontato troppo presto, prima di avere definito la “mission”, “compiti”, “caratteristiche”, “codice deontologico” o di comportamento, “comunicazione”, “controllo ed autocontrollo”, “orizzonti” e “competenze”... ma ancora tanto altro, quanto servirà ogni qualvolta si potrà rivedere ordinatamente quanto fatto e quanto sia da fare, ma non perdendo da subito il dubbio di dovere essere pronti a riparare sbagli. TUTTOFOOD con NEMOLAB e la prima CONFERENZA DI FOOD DESIGN hanno fatto seguito ai primi segnali illuminati in occasione del SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE con una mostra alla Triennale, che riprendeva un’esposizione portata in giro per il mondo da New York all’Asia. Attenti a non bruciare, anche se ADI ha buona esperienza di cerini accesi... Sciupare le energie per elencare oggi con la fantasia i potenziali progetti di design anticiperebbe troppo la moltiplicazione dei problemi da risolvere. Il motto benedettino va ricordato con rispetto. ADI, pur concedendo di dare libertà senza regole all’attività di numerosi gruppetti di lavoro, deve sforzarsi di trasferire le esperienze di cui è ricca la sua struttura per COSTRUIRE il codice con cui formare la SQUADRA di riferimento: ossia proporre il modello d’organizzazione con la definizione trasparente degli obiettivi, ruoli, mansioni. Chi, cosa, dove, quando, con quale etica, possibilmente in armonia con la storia di successo di ADI e con le aspettative dell’industria agro-alimentare e dei professionisti ed artigiani che operano dai campi alla tavola, con la partecipazione interattiva di enti amministrativi e legislativi in qualità in primis di ascoltatori e subito dopo di suggeritori di temi e problemi da prendere in considerazione, formazione compresa, di enti culturali senza interessi materiali ma apportatori di cultura, d’immagine e di conoscenze, dell’opinione pubblica, dei consumatori finali. Il circolo è largo. La sua gestione non può essere improvvisata. Il periodo d’incubazione lento e complicato: per questo ciascun ruolo deve essere definito dalla convinzione che stadio per stadio alla guida occorrono le esperienze più affidabili. Non esistono nel mercato nè patenti nè organi in grado di emetterle con la responsabilità del migliore: tanti personaggi si sono persi nelle complessità del sistema in progetti molto più piccoli, in genere grandi Maestri di tavola o del cibo. Sono andati più vicino alcuni imprenditori, chiamiamoli illuminati: si sono saputi avvalere di collaboratori, ma i migliori hanno avuto tipiche “illuminazioni” imprenditoriali. Le nazioni, per questa necessità, hanno contribuito alla costruzione di una SQUADRA, con i colori nazionali. La prima decisione strategica è
quella di costituire la SQUADRA per giocare in un campionato mondiale,
provinciale o continentale oppure la FEDERAZIONE e le regole del campionato? Il primo Manifesto del FOOD DESIGN Un assessment critico del testo allegato alla cartella stampa è prematuro. Ha ancora legami stretti legati a concetti di artista, di esperto e di consumatore come individui più che di gruppo. Una domanda specifica ha portato l’autorevole rappresentante del Giurì di ADI a ritenere che FOOD DESIGNER deve implicare un TEAM multidisciplinare, per affrontare una tematica di simile respiro con un progetto innovativo esportabile e attuabile in molti paesi del mondo. Perchè alla fine è bene pensare in grande, tenendo conto della complessità del mondo. Quindi, un primo suggerimento, a titolo
personale, è quello di costituire un gruppo di lavoro per la continua
edizione critica del “Manifesto”, se così si volesse
chiamalo. Quindi l’affermazione del paragrafo del Manifesto citato – restando pur valida inizialmente, ma che potrebbe approdare ad altre definizioni più idonee alla “mission” che si andrà delineando – che “FOOD DESIGN vuole essere lo strumento per ottenere il massimo risultato con il minore sforzo possibile mantenendo il corretto rapporto qualità/prezzo grazie alle economie di scala che permettono di ottimizzare i costi di progettazione e produzione da parte dell’impresa”, di primo acchito non può essere altro che provvisoriamente “definizione” tipica di FOOD DESIGN, in quanto contiene aspetti di auto-limitazione validi solo temporalmente, in particolare quelli della materializzazione di un risultato, di uno sforzo e di qualità/prezzo “in funzione di economia di scala”. Altrettanto limitativa appare la premessa che presenta FOOD DESIGN quale “progettazione culturalmente consapevole di prodotti” che sono successivamente esemplificati in “alimento e lo strumento” che interagiscono per risolvere “un’esigenza legata al consumo di un prodotto alimentare”. Progettazione culturale e prodotto alimentare appaiono vincolati al consumo esclusivamente umano, ma perchè vincolare solo al genere superiore la professionalità di un team capace di affrontare tematiche caratterizzate da specializzazioni necessariamente esperte di temi e condizioni di alimentazione di altre specie? in quanto con le stesse proprio l’uomo decide quale sia la selezione di convivenza e di sussidiarietà reciproca, dando per scontata la sua evoluzione? Il lavoro che si presenta è complesso, difficoltoso, interattivo con biodiversità, scienza, cultura e costumi provenienti da ambienti e imprinting specifici. Un “Manifesto” ha il significato di codice morale che coinvolge la filosofia con cui si svilupperà la strategia operativa. Il Manifesto è, per definizione etica, la matrice d’ogni successiva regola e codice. Mi sento di suggerire di denominare con più semplicità i primi tentativi di definizione dell’approccio ed i limiti di campo della “mission”. Forse come “Progetto Food Design” e “Laboratori di sperimentazione del concetto di Food Design”. NEMO, nella presentazione astratta ma attraente è uno di essi. Non marca confini, per ora, almeno inizialmente. Poi con il progredire dell’attività, volendo, li demarcherà. FOOD DESIGN, è l’idea generatrice di altre idee, più o meno figlie, nipoti o parenti. E’ affascinante perchè richiama sogni, ricerca, razionalità, conoscenza, esperienza, valori e meriti, complessità d’interazioni. ADI merita apprezzamento e rispetto in un ruolo di guida e d’assistenza all’assunzione di responsabilità del DESIGNER per crescere ed affermarsi in un ruolo che solo nel medio evo aveva nei mestieri e nelle arti assunto meriti e ruoli così importanti, messi al servizio del principe e dei sudditi, in materia di cibo e di alimentazione. Non solo è auspicabile il ricupero di quello stesso ruolo esercitato dal “maestro” medioevale, ma anche la sua estensione ai compiti per complessi per l’alimentazione nel piacere e nell’ordine delle specie viventi del secolo e dei secoli futuri. Osare e pensare in grande non ha mai fatto male. La riflessione passi ai giovani, da noi ormai a fine del ciclo di vita, l’espressione degli auguri più sinceri di tentare per sbagliare, ritentare, risbagliare in un gioco avvincente volto al miglioramento della società. Cordialmente, Enzo Lo Scalzo
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