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QUALITA', SALUTE, BENESSERE
Bruxelles: la Commissione
svende le denominazioni dei vini europei
Che fine ha fatto di quella idea di riforma
che avrebbe dovuto indicare il nuovo iter di sviluppo per il nostro vino
europeo?
La Commissione Ue ha deciso di modificare il Regolamento n.753/02 che
disciplina le indicazioni che si possono apporre sull'etichetta dei vini,
proprio in quella parte che dovrebbe invece tutelare alcune delle nostre
produzioni più famose.
Questo nonostante il voto contrario, nel Comitato gestione vino di Bruxelles,
dei principali Paesi produttori: Italia, Francia, e Spagna. Ma proprio
per questo ci sentiamo maggiormente derubati. In pratica, con la nuova
impostazione gli elenchi dei termini che si possono utilizzare per indicare
sull'etichetta di un vino il metodo di produzione, di invecchiamento,
o una particolare qualità, colore e luogo di produzione non sono
più tutelati da possibili usurpazioni di produttori extra-europei.
A tutt'oggi, il regolamento prevede due liste: nella lista B del Regolamento
sono elencate 17 denominazioni e indicazioni geografiche italiane, tra
cui Amarone, Brunello, Gutturnio, Recioto, Sforzato, e il cui utilizzo
è strettamente riservato ai soli vini italiani, nella lista A,
invece, sono comprese 50 menzioni italiane tra le quali Classico, Cacc'e
mitte, Fine, Passito, ecc., che godono però di una protezione meno
forte, e potrebbero essere utilizzate a determinate condizioni anche da
produttori stranieri.
Ma cosa verrebbe modificato con questo ultimo atto di Bruxelles?.
Intanto, le due liste vengono unificate e quindi i termini presenti nella
lista B d'ora in avanti non saranno più di esclusivo uso dei produttori
di quella specifica zona di produzione.
Inoltre, tutte le menzioni dei vini europei presenti in tale lista potranno
essere utilizzate da un Paese extraeuropeo: sarà sufficiente che
il proprio vino sia conforme alle regole vigenti in quella nazione affinchè
possa scrivere in etichetta le nostre terminologie e quelle degli altri
Paesi europei, compresa la Francia. Ad esempio, potrebbe essere permesso
ai vini australiani o cileni l'uso in etichetta di nomi di fantasia che
riprendono le terminologie dei nostri vini più famosi, generando
possibile confusione nel consumatore.
Ma c'è di più: mentre i vini italiani e comunitari, per
utilizzare tali menzioni, devono sottostare alla rigidissima normativa
dei V.Q.P.R.D europei, nella modifica che si vuole imporre viene addirittura
riconosciuta la possibilità per un vino non europeo di scrivere
in etichetta delle indicazioni che potrebbero essere autorizzate e gestite
dagli stessi gruppi di produttori, con l'evidente pericolo che nessuno
potrà controllarne la veridicità e la fondatezza.
Siamo al paradosso! Non solo, dunque, liberi di vendere nei nostri mercati
vini sottoposti a lavorazioni vietate in Europa, ma da ora liberi di usurpare
il nostro patrimonio produttivo di elevata qualità, che il consumatore
del mondo intero ha imparato a riconoscere attraverso le menzioni riportate
in etichetta.
Ci troveremo quindi di fronte all'assalto dell'enopirateria internazionale!
Teniamo conto che già oggi , secondo una indagine Nomisma, solo
negli Stati Uniti il mercato dei vini di imitazione del made in Italy
è quasi uguale a quello è quasi uguale a quello delle nostre
esportazioni : in altre parole, è "falsa" un bottiglia
su due e si incontrano bottiglie di Chianti, Sangiovese, Barbera "rosè"
e via dicendo con "origine" Napa Valley o Sonoma County.
Malgrado i notevoli sforzi del nostro Ministero delle Politiche Agricole,
sul patrimonio vitivinicolo italiano (ed europeo) grava una reale minaccia
proveniente proprio da quel sistema di governo Comunitario che dovrebbe
invece tutelarci.
Le motivazioni addotte dalla Commissione, e cioè la preoccupazione
che i paesi Extraeuropei possano sollevare obiezioni al in sede di Negoziati
WTO, non sono sufficienti a giustificare questa "svendita" preventiva.
Ci sembra proprio che, in una Europa che ormai non è più
costituita da una maggioranza di paesi produttori di vino, qualcuno abbia
deciso che ci sono cose più interessanti che la tutela di un patrimonio
produttivo e culturale unico al mondo, che costituisce una insostituibile
fonte di reddito per milioni di agricoltori europei e da vita ad una filiera
agroindustriale che dà un fondamentale apporto di valore all'economia
comunitaria .
Pertanto, tutte le Organizzazioni del settore
vitivinicolo italiano si ritrovano unite a pochi giorni dal voto di Bruxelles,
nel ribadire con forza il totale rifiuto verso le posizioni che la Commissione
Ue sta assumendo per il futuro del settore vitivinicolo nazionale ed europeo.
Roma, 4 febbraio 2004
ANCA/Legacoop
ASSOENOLOGI
CIA
COLDIRETTI
CONFAGRICOLTURA
CONFCOOPERATIVE
FEDERDOC
FEDERVINI
UNIONE ITALIANA VINI
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Bruxelles: all'euro forte la Commissione
contrappone la svendita dei vini europei.
Per la prima volta le Organizzazioni di categoria si uniscono in difesa
delle Denominazioni.
E' di pochi giorni fa la notizia che la decisione della Commissione Ue
di modificare il Regolamento n.753/02, che disciplina le indicazioni che
si possono apporre sull'etichetta dei vini, è passata al Comitato
gestione vino di Bruxelles con il voto contrario dei principali Paesi
produttori.
Il Presidente Federdoc Riccardo Ricci Curbastro evidenzia il pericolo:
"con la nuova impostazione, i termini utilizzabili per indicare sull'etichetta
di un nostro vino il metodo di produzione, di invecchiamento, o una particolare
qualità, colore e luogo di produzione non saranno più tutelati
da possibili usurpazioni di produttori extra-europei".
Attualmente, l'utilizzo di 17 denominazioni e indicazioni geografiche
italiane, tra cui Amarone, Brunello, Gutturnio, Recioto, Sforzato, è
strettamente riservato ai soli vini italiani, mentre per 50 menzioni tradizionali
italiane tra le quali Classico, Cacc'e mitte, Fine, Passito, ecc., la
protezione accordata è meno forte, e potrebbero essere utilizzate
a determinate condizioni anche da produttori stranieri.
Ma cosa verrebbe modificato con questo ultimo atto di Bruxelles?.
I termini come Brunello, Amarone, Recioto, d'ora in avanti non saranno
più di esclusivo uso dei produttori di quella specifica zona di
produzione. Per un Paese extraeuropeo sarà sufficiente che il proprio
vino sia conforme alle regole vigenti in quella nazione affinchè
possa scrivere in etichetta le indicazioni dei Paesi europei. Ad esempio,
potrebbe essere permesso ai vini australiani o cileni l'uso in etichetta
di nomi di fantasia che riprendono le terminologie dei nostri vini più
famosi, generando possibile confusione nel consumatore del mondo intero
cha imparato a riconoscere la qualità dei vini italiani attraverso
le menzioni riportate in etichetta.
Inoltre, nella modifica che si vuole imporre viene addirittura riconosciuta
la possibilità per un vino non europeo di scrivere in etichetta
delle indicazioni che potrebbero essere autorizzate e gestite dagli stessi
gruppi di produttori, con l'evidente pericolo che nessuno potrà
controllarne la veridicità e la fondatezza.
Riprende il Presidente Ricci Curbastro: "malgrado la lodevole attività
svolta dal nostro Ministero delle Politiche Agricole, sul patrimonio vitivinicolo
italiano (ed europeo) grava una reale minaccia proveniente proprio da
quel sistema di governo Comunitario che dovrebbe invece tutelarci."
Da parte Federdoc, continua "assieme alle Organizzazioni di categoria
- ribadiamo con forza il totale rifiuto verso le posizioni che la Commissione
Ue sta assumendo per il futuro del settore vitivinicolo nazionale ed europeo".
Data 6 febbraio 2004 Il Presidente Federdoc
(Riccardo Ricci Curbastro)
Per info:
Federdoc tel 06-44250589
Andrea Panont 333-2533647
Marzia Morganti 335-6130800
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