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QUALITA'
Impronta idrica e comparto ortofrutticolo: una filiera
più sostenibile passa attraverso la scelta dell’imballaggio
giusto
Bestack, consorzio non profit dei produttori di imballaggi in cartone
ondulato per ortofrutta, ha promosso due studi universitari che dimostrano,
insieme, come consumare frutta e verdura conservate negli imballaggi in
cartone ondulato sia la scelta più virtuosa per minimizzare gli
sprechi e ridurre la cosiddetta “Water Footprint” delle nostre
abitudini alimentari
“Water Footprint”, ovvero impronta idrica. E’ una delle
variabili che definiscono l’LCA dei beni che consumiamo e produciamo,
cioè il modo in cui essi interagiscono con l’ambiente circostante
lasciando appunto una traccia. Normalmente si è abituati a parlare
di sostenibilità ambientale in termine di emissioni di CO2: se
da un lato cresce l’allarme sul futuro del pianeta per effetto del
riscaldamento globale e dell’inquinamento, dall’altro, oggi,
l’utilizzo sempre più intensivo di acqua nei processi produttivi
sta diventando la nuova emergenza. La filiera agroalimentare, in particolare,
è quella che risulta pesare di più sull’equilibrio
del pianeta, in quanto questo settore - soprattutto per quanto riguarda
la produzione di carne e derivati – comporta un ingente consumo
di acqua dolce.
Le scelte alimentari sono quindi un fattore decisivo nella definizione
della Water Footprint: l’impronta idrica di un vegetariano corrisponde
a 1.500/2.600 litri di acqua al giorno, contro i 3.000/5.000 litri di
una persona con un’alimentazione a base di carne (fonte: studio
Barilla Center for Food & Nutrition). Il motivo di questa disparità
è che la filiera della carne e dei derivati richiede una quantità
maggiore di acqua, soprattutto per produrre foraggio. È quindi
molto più vantaggioso, dal punto di vista delle risorse idriche,
mangiare frutta e verdura. Se poi l’imballaggio che le conserva
è in cartone ondulato - materiale naturale al 100%, rinnovabile
e riciclabile - ecco allora che il vantaggio in termini di sostenibilità
ambientale è doppio: si consuma un alimento a minore impatto idrico
rispetto ai cibi di origine animale, e allo stesso tempo si riducono gli
sprechi - altra misura che le organizzazioni internazionali indicano come
fondamentale nella minimizzazione della Water Footprint – perché
il cartone ondulato per sua stessa natura favorisce la shelf life dei
prodotti ortofrutticoli.
A darne evidenza è BESTACK, consorzio non profit di ricerca che
riunisce a livello nazionale i produttori di imballaggi in cartone ondulato
per ortofrutta, che di recente ha promosso uno studio universitario che
indaga l’interazione fra imballaggio e prodotto contenuto per vedere
quali soluzioni consentono di avere la migliore shelf life di frutta e
verdura e mantenere elevati standard di igiene e sicurezza. Lo studio,
condotto dall’Università di Bologna-Dipartimento di Scienze
e Tecnologie Agro-Alimentari, ha messo il luce che il grado di conservabilità
dei prodotti ortofrutticoli è superiore del 20% se essi sono contenuti
in imballaggi in cartone ondulato piuttosto che in altri tipi di packaging:
il che significa che il prodotto è più buono e c’è
più tempo per consumarlo, e di conseguenza ci sono meno possibilità
che esso finisca nella spazzatura.
Gli imballaggi in cartone ondulato certificati Bestack sono quindi amici
dell’ambiente e aiutano a ridurre gli sprechi alimentari nel settore
ortofrutticolo: ma quanto pesa, in termini di Water Footprint, questo
comparto produttivo? Uno studio di Assocarta ha misurato l’impronta
idrica delle aziende italiane che producono cartone ondulato e ha messo
in luce che dagli anni Settanta ad oggi questa si è ridotta dei
tre quarti. Un ulteriore studio promosso da Bestack e condotto dal Politecnico
di Milano è andato a misurare, nello specifico, la Water Footprint
del comparto italiano del cartone ondulato per ortofrutta.
Dallo studio è emerso che per produrre un imballaggio si consumano
8 litri di acqua: questa è l’impronta idrica rilasciata dal
processo di trasformazione da cartone ondulato in fogli a cassa. Un dato
marginale, se si considera quanto pesa l’impronta idrica che ogni
individuo ha quotidianamente sul pianeta solo mangiando, vestendosi e
lavandosi: basti pensare che solo facendo una doccia di 5 minuti si sono
già consumati dai 75 ai 90 litri di acqua. Scendendo nello specifico,
la Water Footprint di un imballaggio in cartone ondulato per ortofrutta
si divide fra diretta e indiretta: quella diretta è appunto quella
legata al processo di trasformazione da cartone in fogli a cassa, quella
indiretta invece è legata al consumo di acqua dolce per la selvicoltura
e la produzione di materia prima vergine (carta). Nel caso del cartone
ondulato, l’impatto ambientale va considerato in termini positivi,
per le peculiarità stesse di questa filiera: le aziende italiane
che producono cartone ondulato, infatti, fanno ricorso a materia prima
vergine proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, con piani
di reimpianto superiori a quelli di taglio. Inoltre nella definizione
di impronta idrica è fondamentale la localizzazione geografica
dei punti di captazione della risorsa: nel caso della carta, essa proviene
dalle foreste della Scandinavia, un Paese molto ricco dal punto di vista
idrogeologico (diverso, in proporzione, sarebbe l’impatto di un
bene prodotto in un Paese caratterizzato da scarse riserve di acqua).
Le cassette in cartone ondulato certificate Bestack sono confezioni naturali
e riciclabili al 100%, che preservano frutta e verdura dai danneggiamenti
che possono subire i prodotti sfusi e che garantiscono una shelf life
maggiore rispetto ad altre soluzioni. E soprattutto sono imballaggi rinnovabili:
un concetto, quello della rinnovabilità, che quando si parla di
sostenibilità ambientale solitamente viene associato all’energia,
ma che ha un peso fondamentale anche in relazione alla materia. “Foreste
gestite in modo sostenibile” significa che per ogni albero tagliato
per produrre la materia prima vergine ne vengono piantati tre. Grazie
al cartone ondulato, quindi, crescono le foreste.
“Scegliere prodotti che hanno un impatto ambientale in generale,
e idrico in particolare, più contenuto è il primo atteggiamento
virtuoso da adottare per andare verso consumi alimentari più consapevoli
e sostenibili - dichiara il direttore di Bestack, Claudio Dall’Agata
- Una filiera ortofrutticola più sostenibile è quella dove
innanzitutto ci sono meno sprechi alimentari: in questo il ruolo dell’imballaggio
è fondamentale. E’ importante scegliere una confezione che
consenta di mantenere frutta e verdura nelle condizioni ottimali, al fine
di evitare che esse diventino spazzatura. Una cassetta di cartone ondulato
in più costa solo 8 litri di acqua. Una mela buttata perchéammaccata
125 litri, una pesca ammuffita 140 litri”.
Water Footprint: i numeri del quotidiano in pillola
Sebbene oggi ancora in pochi utilizzino questo indicatore per definire
l’LCA dei beni che produciamo e consumiamo, un’analisi dell’impronta
idrica che ogni individuo ha quotidianamente ci rivela numeri eclatanti:
in media ogni anno esauriamo indirettamente, solamente mangiando, vestendoci
e comprando merce, 1385 metri cubi d’acqua, l’equivalente
di 8650 vasche da bagno piene: in Italia l’impronta media individuale
raggiunge valori ancora più alti, è di 2.303 metri cubi
annui (fonte WWF).
Andando nel dettaglio con qualche esempio: quando mangiamo un uovo consumiamo
200 litri d'acqua, per un chilo di pasta i litri diventano 1.924. E se
per pranzo ordiniamo un hamburger da 150 grammi, dobbiamo sapere che è
“costato” 2.400 litri. E' tutta l'acqua servita per far crescere
la gallina, per coltivare il grano, il foraggio, per sfamare e dissetare
un manzo.
Nel 2009 per approfondire gli studi sul tema e trovare soluzioni alla
crescente emergenza idrica globale è nata un’organizzazione
internazionale, la Water Footprint Network, con l’obiettivo di collegare
in modo strutturale privati, enti pubblici non governativi, sviluppatori
di strumenti e standard per il water management, governi e Nazioni Unite.
(www.ecodallecitta.it)
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