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QUALITA'
Etichette della carne: arriva l’origine per
polli, maiali, pecore e capre. Come leggere le nuove indicazioni su allevamento
e macellazione
Entrerà in vigore dall’aprile
2015 il nuovo regolamento sulle etichette della carne di suino, ovino,
caprino e volatili
Novità in arrivo per l’etichettatura
delle carni. È stato approvato, ed entrerà in vigore dall’aprile
2015, un nuovo regolamento sulle etichette della carne di suino, ovino,
per i volatili e la carne di capra sia fresche che refrigerate e/o congelate.
Si tratta dell’ultima tappa di un lungo percorso, in cui sono state
prese in considerazione diverse modalità di etichettatura, per
conciliare la tutela del consumatore con la necessità di evitare
procedure onerose che finirebbero con l’incidere sul prezzo finale.
Il provvedimento giunge dopo anni in cui esistono regole sulla tracciabilità
e sulla etichettatura per la carne bovina, scaturite dopo l’allarme
per l’epidemia di BSE, la cosiddetta “mucca pazza”.
Le normative europee prevede da anni
la tracciabilità per tutti gli alimenti, ma la novità
sta nel fatto che adesso, per questi tipi di carne, l’informazione
sarà fornita anche ai consumatori. «Il termine “origine”
sull’etichetta – spiega Giordano Iotti veterinario della Asl
di Modena – potrà essere usato solo per gli animali nati,
vissuti e macellati in uno stesso paese. L’indicazione “origine:
Italia” potrà essere solo animali nati cresciuti e
macellati in Italia. In tutti gli altri casi, sarà necessario indicare
sull’etichetta dove l’animale è stato allevato e dove
è stato macellato. Occorre inoltre specificare se questo è
avvenuto in Italia, all’interno dell’Unione europea o in paesi
extra Ue». Si tratta di un provvedimento che dovrebbe venire incontro
alle esigenze dei consumatori, che tendono a preferire i prodotti nazionali.
«Lo consideriamo un importante passo avanti, che fornisce ai consumatori
indicazioni sulla provenienza delle carni», commenta Rolando Manfredini,
Capo Area Sicurezza alimentare e produttiva di Coldiretti. «Sarebbe
stato importante però completarlo indicando in ogni caso anche
il luogo di nascita dell’animale, come avviene per i bovini: in
questo modo si sarebbero unificate le procedure, offrendo al consumatore
lo stesso tipo di informazione completa e trasparente”.
Il regolamento prevede condizioni differenti per le diverse specie, pensate
per tenere conto dei tempi di allevamento: «Per esempio, ammette
di indicare come “allevati in Italia” gli ovini che hanno
trascorso almeno sei mesi nel nostro paese, o che sono nati qui e sono
stati macellati prima dei sei mesi di età», spiega Iotti.
Per i maiali il limite è di quattro mesi, salvo casi particolari
(vedi tabella) mentre il pollame è “allevato in Italia”
se ha trascorso in Italia almeno un mese prima della macellazione”.
Ma in pratica, quanta della carne che acquistiamo è ottenuta da
animali nati o allevati all’estero? «Può succedere
che siano acquistati all’estero suini – o anche bovini –
per completarne qui l’allevamento, con l’obiettivo di dare
alla carne le caratteristiche desiderate. Si tratta spesso di una scelta
motivata da ragioni economiche – in Italia i costi dell’allevamento
sono molto alti – o semplicemente dall’interesse per le caratteristiche
di una determinata specie», spiega Iotti. «Ci sono animali
che arrivano in Italia pronti per essere macellati, anche se è
un fenomeno in diminuzione a causa della difficoltà nel trasporto
di animali vivi rispettando le normative sul benessere ». Questo
aspetto dell’importazione riguarda soprattutto i maiali visto che
«circa il 35% della carne consumata arriva dall’estero –
spiega Manfredini – mentre per quanto riguarda il pollame, la produzione
nazionale supera i consumi».
Il regolamento comunque non comprende conigli ed equini. «Sono anche
previste procedure semplificate per le carni macinate e per le cosiddette
rifilature (piccoli pezzi di carne idonei al consumo e ottenuti dal procedimento
di disosso)» prosegue Iotti. «È utile invece ricordare
che gli allevatori possono integrare le informazioni obbligatorie, con
altre attinenti alla provenienza della carne». È quello che
avverrà presumibilmente per le carni DOP o IGP per cui esistono
disciplinari specifici che definiscono anche la provenienza.
Quali saranno le conseguenze del nuovo regolamento? Per Iotti «è
facile prevedere una grossa mole di lavoro, e costi aggiuntivi che rischiano
di ricadere sui consumatori. Le grandi aziende stanno cominciando ad attrezzarsi,
mentre nelle realtà minori dove si macellano animali di provenienza
locale i cambiamenti saranno marginali, basterà inserire in etichetta
le informazioni previste dal nuovo Regolamento. I problemi maggiori riguardano
le aziende di medie dimensioni, che si approvvigionano di animali di provenienza
diversa a seconda dell’andamento del mercato, e che dovranno fare
fronte a una mole suppletiva di lavoro. Senza dimenticare che anche gli
organi di controllo dovranno attrezzarsi per le necessarie verifiche».
«In ogni caso – commenta Manfredini – l’applicazione
del regolamento dovrà essere garantita»
(Paola Emilia Cicerone - www.ilfattoalimentare.it)
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