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QUALITA'
Come riconoscere i prodotti OGM attraverso l’etichettatura
Gli alimenti geneticamente modificati sono ormai delle vecchie conoscenze
dei consumatori italiani ed europei. Almeno dal punto di vista teorico.
E’ infatti almeno a partire dagli anni ’90 che i cittadini
del nostro paese si sono resi conto che nell’alimentazione comune
erano cominciati a penetrare in modo massiccio prodotti trattati e coltivati
in maniera totalmente diversa da quella a cui fino a quel momento si era
abituati.
Dopo una serie di lotte durate alcuni anni e dopo molte campagne di sensibilizzazione
dell’opinione pubblica, l’Unione Europea nel 2004 ha deciso
di adottare nuove regole in merito all’etichettatura dei prodotti
alimentari, che avrebbero dovuto riportare chiaramente l’indicazione
delle materie prime utilizzate e in particolare la presenza tra queste
di eventuali OGM.
Per questa ragione è molto difficile al giorno d’oggi incontrare
sulle nostre tavole cibi OGM, perché sia i prodotti alimentari
che gli eventuali mangimi utilizzati per l’allevamento animale,
avrebbero dovuto essere indicati come tali.
Una eccezione in merito potrebbe però essere costituita dalla presenza
di eventuali OGM non rilevabili nel prodotto finito. Nel caso in cui vengano
utilizzati olii vegetali di questo tipo, ad esempio, l’etichettatura
non interviene. Ma la registrazione dei contenuti OGM sull’etichetta
non viene applicata neanche quando la percentuale di OGM contenuti al
loro interno è inferiore allo 0,9 per cento, purché si tratti
di una presenza accidentale e non eliminabile dal punto di vista tecnico,
produttivo.
In virtù di tutta questa serie di ragioni, e dei limiti imposti
dall’etichettatura, i grandi produttori internazionali hanno praticamente
abbandonato con il tempo l’uso dei prodotti OGM nelle produzioni
di prodotti finiti e non finiti destinate al mercato europeo, uno dei
principali mercati al mondo.
Gli OGM, tuttavia, sono oggi ancora indirettamente diffusi attraverso
i mangimi che vengono somministrati agli animali, soprattutto quelli di
provenienza americana a base di soia e in maniera “invisibile”
entrano a far parte della nostra catena alimentare. (Sofia Martini - www.aciclico.com)
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