|
QUALITA'
Frodi alimentari: dopo la carne equina ora
tocca al Fishgate
Il Pangasio sempre più usato al posto del merluzzo anche per
il tradizionale Fish & Chips. Ma il mercato del pesce esotico al posto
del tradizionale si va diffondendo in tutta Europa
Non si fa a tempo a denunciare una frode alimentare di massa che subito
se ne affaccia un’altra all’orizzonte. Nonostante l’amplificarsi
dei controlli e delle tutele per i consumatori imposte dalle sempre più
stringenti regole dell’UE, infatti, e dopo la mega truffa dei prodotti
con carne equina spacciata come di manzo, ancora una volta un importante
comparto del settore alimentare del Regno Unito e non solo, potrebbe trovarsi
nell’occhio del ciclone per un nuovo possibile scandalo che coinvolgerebbe
nientepopodimeno che il piatto nazionale: il Fish & Chips.
Il più tradizionale piatto della cucina britannica, com’è
noto, consiste in filetto di pesce bianco (solitamente gadidi come il
merluzzo o l'eglefino) fritto in pastella o impanatura e attorniato da
abbondanti patatine, anch'esse fritte, scelte tra le varietà farinose
maris piper, king edward o desiree. Viene servito con una spruzzata di
sale e di aceto (solitamente di malto), ma può essere accompagnato
anche da altre pietanze, spesso piselli (bolliti in modo particolare a
formare una zuppa grumosa).
La richiesta mai decrescente di questa pietanza, pare che sia alla base
di un’involuzione nella base della preparazione che ne coinvolge
l’elemento più importante: alcune indagini tra cui una dell’Università
di Salford, riportate anche dalla Bbc, avrebbero rivelato, infatti, che
il pesce con cui viene preparato è sempre meno il merluzzo, come
richiederebbe la ricetta, ma varietà molto meno pregiate e ovviamente
meno costose, provenienti anche da paesi esotici, come il Pangasio vietnamita.
La più prudente delle ricerche sul punto avrebbe svelato che almeno
il 7% del pesce smerciato per merluzzo sarebbe invece altro.
È chiaro che tale sorprendete rivelazione da parte della principale
tv britannica solleva almeno tre questioni rilevanti. In primo luogo un’evidente
violazione dei diritti dei consumatori che in casi del genere subiscono
una vera e propria truffa perché non in grado di conoscere con
sufficiente certezza se il prodotto acquistato è conforme a quello
dichiarato. Dall’altro lato si pongono chiari problemi di sicurezza
alimentare e ambientale.
Sono anni, infatti, che anche per l’innalzamento (in melius per
i consumatori) del livello della normativa europea nel campo della tracciabilità
dei cibi, in tutta l’UE si sono stabilite ferree regole che consentono
la possibilità di risalire ai metodi di pesca utilizzati per valutarne
l'impatto con l’ecosistema, ed al contempo gli eventuali sistemi
di allevamento.
Ciò che sorprende e dovrebbe inquietare anche le autorità
sanitarie italiane, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello
dei Diritti”, è che ricerche analoghe siano state già
effettuate non solo in Gran Bretagna, ma anche nel resto dell’Unione
ed hanno rivelato che una quantità pari tra un quarto e un terzo
dei prodotti a base di pesce contiene specie diverse da quelle specificate
sulle etichette.
Vi è da dire che ad oggi non possiamo annunciare se si tratta di
un vero e proprio “Fishgate” perché non è semplice
quantificare con i sistemi attuali l’esatta ampiezza del fenomeno.
Ma di certo, due ragioni incontrovertibili ci fanno propendere in tal
senso anche alla luce della pubblicizzazione della vicenda da parte dell’autorevole
tv britannica. Da una parte, infatti, è difficile rintracciare
la provenienza di tutto il pesce che giunge nel Vecchio Continente per
riversarsi nei mercati dei singoli Paesi europei, perché il pescato
proveniente dal mondo intero non trova il suo epicentro di smistamento
in uno dei grandi porti europei, ma sorprendentemente all'aeroporto di
Francoforte, dove, sempre più spesso le autorità doganali
continuano a “scoprire” nuove specie fino ad ora non commercializzate
o addirittura ignote al mercato europeo. Dall’altra, il settore
merceologico del pesce congelato continua a crescere in maniera esponenziale,
quasi incontrollabile per la mole di container che giungono, provenendo
dai territori dell’intero globo, ma come in altri mercati la Cina
continua a far la parte del leone.
A questo punto, non resta che imporre il rispetto delle regole sulla tracciabilità
e sanzionare pesantemente gli importatori e i commercianti di prodotti
del pescato che violano le regole del mercato comune. (www.sportellodeidiritti.org)
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|