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QUALITA'
Alimentare: è italiano cibo meno contaminato in Ue e nel mondo
L'Italia conquista il primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare
con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre
il limite (0,3 per cento) che sono risultati peraltro inferiori di cinque
volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità)
e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità).
E' quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti sulle analisi condotte
dall'Efsa, l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, su oltre 77mila
campioni di 582 alimentari differenti ed appena pubblicate nel Rapporto
annuale sui residui di pesticidi negli alimenti.
Secondo i dati contenuti nel Rapporto un prodotto su due che circola nel
Vecchio Continente è - sottolinea la Coldiretti - completamente
privo di "tracce" di residui chimici da fitofarmaci mentre il
98,4 per cento dei campioni esaminati presenta residui entro i limiti,
con la percentuale che sale addirittura al 99,7 per cento nel caso dell'Italia
che conquista il primato e scende al 92,1 per cento per la media dei Paesi
extracomunitari. Se si vanno ad analizzare i singoli paesi il dato peggiore
- precisa la Coldiretti - viene fatto segnare dai cavoli cinesi che in
più di quattro casi su cinque (83 per cento) sono risultati con
valori oltre i limiti ammessi, ma lo stesso discorso vale anche per i
broccoli (irregolare il 77 per cento dei casi) e i pomodori (47 per cento
dei casi) provenienti dal paese asiatico. Risultano poco salubri anche
l'uva (65 per cento di superamento dei limiti) e il pepe (42 per cento)
indiani, i piselli sloveni, l'aglio argentino, le patate brasiliane. Per
le analisi Efsa ha usato per la primissima volta il sistema di analisi
cumulativa del rischio, che consente di valutare insieme gli effetti combinati
di una esposizione incrociata a diversi agenti chimici che hanno proprietà
tossicologiche simili. Il risultato - sostiene la Coldiretti - è
incoraggiante per i produttori agricoli italiani che vedono così
premiato il loro impegno per garantire la qualità e la sicurezza
alimentare ma preoccupa per la crescente flusso di importazioni di prodotti
alimentari dall'estero, spesso a basso costo e con minori garanzie, favorito
dalla crisi. Secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes la produzione complessiva
dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati per un valore
di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate,
trasformate e vendute con il marchio Made in Italy.
Nello specifico secondo una analisi della Coldiretti viene dall'estero
ben il 40 per cento del frumento duro utilizzato per produrre la pasta,
il 60 per cento il frumento tenero per produrre il pane, il 40 per cento
della carne bovina, il 35 per cento della carne suina da consumare fresca
o da trasformare in salumi e prosciutti e il 45 per cento del latte per
prodotti lattiero caseari. Tra l'altro nel 2012 - precisa la Coldiretti
- sono stati importati dalla Cina oltre 80 milioni di chili di pomodori
conservati destinati con la rilavorazione industriale a trasformarsi magicamente
in prodotti Made in Italy. Una situazione resa possibile dalla mancanza
di trasparenza nell'informazione dovuta ai ritardi accumulati nell'introdurre
l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti per effetto
della pressione delle lobby nonostante sia ritenuto importante dal 71
per cento dei cittadini europei secondo Eurobarometro. Ad oggi - denuncia
la Coldiretti - è obbligatorio indicare l'origine in etichetta
per la carne bovina ma non per quella di cavallo, agnello, coniglio o
maiale fresco o trasformato in salumi, per il latte fresco ma non per
quello a lunga conservazione o i formaggi, per la passata di pomodoro
ma non per le il concentrato o i sughi pronti, per la frutta fresca ma
non per quella conservata o per i succhi, ne' tantomeno per il grano impiegato
nella pasta. (www.agi.it)
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