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QUALITA'
Cibi scaduti: distinguere tra vera
data di scadenza e termine minimo di conservazione
Abbiamo intervistato Giorgio Donegani, nutrizionista e direttore di Food&School,
sulle notizie di questi giorni riguardanti il consumo di alimenti dopo
la scadenza prescritta, evitando gli sprechi di cibo. “Sono d’accordo
con l’iniziativa greca: sono poche le scadenze imposte per legge,
tanti invece i termini minimi di conservazione. Consumare dopo questi
prodotti non comporta rischi per la salute, al limite caratteristiche
organolettiche diverse”
A luglio abbiamo parlato del sondaggio comunitario dell’Eurobarometro,
che su 27 paesi europei colloca quello italiano tra i più diffidenti
nel consumare prodotti alimentari già scaduti, piuttosto che gettarli
nei rifiuti, soprattutto rispetto ai paesi nord-europei. Questa settimana
si è discusso della notizia arrivata dalla Grecia, dove una legge
ad hoc da settembre autorizza il regolare smercio nei supermercati di
prodotti già scaduti, offrendoli a metà prezzo, purché
opportunamente evidenziati in scaffali a parte.
Abbiamo intervistato Giorgio Donegani, tra i più conosciuti nutrizionisti
italiani, direttore scientifico di Food&School. Donegani si occupa
di progetti di educazione alimentare, è docente di Merceologia
degli alimenti, membro dei Comitati scientifici “Scuola e Cibo”
del MIUR, EXPOScuola 2015 e di “Verso Expo 2015”, il tavolo
d’indirizzo delle iniziative sull’educazione alimentare legate
all’evento milanese.
PROF. DONEGANI, QUAL È IL SUO PARERE SUL SONDAGGIO DI EUROBAROMETRO
E SULLA RECENTE NOTIZIA CHE È ARRIVATA DALLA GRECIA?
Personalmente ritengo che l’iniziativa di vendere liberamente prodotti
oltre il TMC – termine minimo di conservazione - (il “best
before” inglese, NdR) con sconti sino al 50% sia lecita e accettabile.
In fondo l’atto di acquisto è un contratto tra il consumatore
e il produttore; in questo caso il produttore dice "ti offro un articolo
per cui non ti posso garantire la piena qualità organolettica (le
caratteristiche percepite dagli organi di senso), ma te lo offro a metà
prezzo". Siccome stiamo parlando di termini ampiamente cautelativi,
rischi per la salute non ce ne sono. Solo un "rischio condiviso"
su possibili sapore e aroma diversi, rispetto a quelli del prodotto consumato
entro i TMC prescritti.
MA ALLORA IL TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE È BEN DIVERSO DALLA
DATA DI SCADENZA, COME SI PUÒ ORIENTARE IL CONSUMATORE ?
Sono due cose molto diverse. La data di scadenza è un termine oltre
il quale davvero il prodotto può non essere più sicuro per
la salute. Comunque anch'essa, tranne qualche eccezione, è sempre
decisa dal produttore. Solo per alimenti come le uova fresche e il latte
fresco c’è una data di scadenza imposta dalle legge, che
per le uova è 28 gg e per il latte fresco 6 gg.
Tutto il resto (scatolame, biscotteria, pasta, conserve) è sottoposto
al TMC, termine minimo di conservazione, indicato con "da consumarsi
preferibilmente entro" o "best before", che rappresenta
il termine secondo il quale, per il produttore, l’alimento conserva
tutte le sue proprietà specifiche, naturalmente in adeguate condizioni
di conservazione. Va da sé che le aziende alimentari hanno convenienza
a fare girare il più possibile i prodotti e quindi i TMC sono spesso
a breve termine. Ma anche allontanandosi dalla data di superamento del
TMC, se vengono meno i requisiti della qualità organoelettica del
prodotto, non vengono intaccati quelli della sicurezza.
COSA DOVREBBE FARE IL CONSUMATORE PER EVITARE DI BUTTARE E SPRECARE CIBI
ANCORA COMMESTIBILI SENZA RISCHI?
In Italia andrebbe più promossa l’educazione alimentare che
insegna come riconoscere la qualità di un alimento, riattivando
la sensibilità del gusto, dell’olfatto, attraverso l’assaggio.
L’esempio del latte è emblematico. Da tempo la lavorazione
del prodotto è tale che il latte è garantibile come "fresco"
sino a 6 giorni, è stata Parmalat ad attivare questa rivoluzione,
per farlo inserire nello "spesone settimanale", venendo infatti
combattuta dai produttori di latte fresco. Il latte, come gli yoghurt,
basta osservarli, annusarli e assaggiarli; se non sono intervenute modificazioni
avvertibili con i sensi e il prodotto è stato conservato regolarmente
in frigo, l’esperienza ci di dice che latte scaduto di qualche giorno
e yoghurt anche di più, sono ancora buonissimi.
E LA CARNE?
Naturalmente è un alimento fortemente deperibile, soprattutto la
carne di pollo che è più delicata. Comunque 4 giorni per
la carne, se ben conservata, sono un termine che si può aspettare
senza problemi, per il consumo. Anche qui la nostra sensibilità
olfattiva, gustativa e visiva ci fa capire benissimo se la carne è
ancora commestibile o meno. E la risposta è spesso "sì",
anche se la data di scadenza indicata è già superata.
Anche per la carne andrebbe ancora più diffusa la conservazione
sottovuoto, un sistema molto semplice e ormai sempre più economico
anche a livello industriale, che permette - in assenza di aria –
la non proliferazione della maggior parte dei microorganismi e dei batteri.
Con il sottovuoto il tempo di conservazione degli alimenti freschi può
triplicarsi. E’ il sistema più consigliabile anche a livello
domestico.
(Stefano D'Adda - www.ecodallecitta.it)
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