|
QUALITA'
Vongole turche e polpo vietnamita. Ecco il menu del pesce taroccato
Ingannevoli 3 piatti su 4. Coldiretti: serve l'etichetta d'origine
Giornata di tramontana un paio di giorni fa. Molte barche ferme, poche
al largo. Al porto di Anzio la spigola veniva battuta a 47 euro il chilo.
Spigola autentica.
Il ristoratore in vena di truffe e risparmio però avrebbe potuto
scegliere in alternativa quella «taroccata», ad esempio quella
francese, di qualità media, allevata in cattività in gabbie
in mezzo al mare. Costa circa la metà e viene spacciata come appena
tirata su dalle reti, anche nel prezzo. Il consumatore non se ne accorge.
E a meno di non essere esperto a tal punto da cercare sulle squame della
pseudo spigola italiana un'inconfondibile macchia rossa al di là
del suo fiuto non possiede altri strumenti di difesa.
Per il pesce che si mangia al ristorante non è necessaria alcuna
etichetta d'origine. Da qui la richiesta di Coldiretti Impresa Pesca di
estendere questo obbligo, già in vigore in pescheria, anche ai
menù della tavola. Una vera e propria carta di accompagnamento
dove vengono riportate tutte le informazioni per ricostruire il viaggio
di cernie, sogliole, dentici e gamberetti dalle onde (o dalle vasche)
al piatto. Tanto più che il rischio di inforchettare bocconi «falsi»
è fortemente aumentato di pari passo con le importazioni da Paesi
stranieri del Terzo mondo.
L'associazione presieduta da Paolo Bedoni basa la sua denuncia sulle stime
di questo mercato truffaldino. Nel 2011 le importazioni di pesce e preparazioni
a base di pesce sono cresciute dell'11%, superando i 4 miliardi di euro.
Ogni anno gli italiani ne consumano un miliardo di chili. Facile ingannare
il cliente incapace di distinguere sapori e qualità. Pangasio del
Mekong spacciato per cernia, filetto di Brosme al posto del baccalà,
halibut dell'Atlantico anziché sogliola, squalo sostituito al pesce
spada, vongole turche o del Mozambico vendute come originarie del mare
locale, gamberetti cinesi o polpo del Vietnam.
Secondo Coldiretti tre piatti su quattro nascondono sorprese straniere.
Per non contare, aggiunge Impresa Pesca, che dal punto di vista della
salute si abbassa il livello di sicurezza. In alcuni Paesi asiatici è
consentito un trattamento a base di antibiotici che da noi è vietato
perché ritenuto molto dannoso.
Enrico Pierri, proprietario del ristorante Sanlorenzo, al centro di Roma,
ritiene che il fenomeno sia molto diffuso e abbia una doppia causa: «I
prodotti del mare italiano - dice - sono sempre più rari mentre
i costi aumentano forse per il prezzo del carburante. Per noi il rischio
non esiste perché compriamo alle aste dei porti di Anzio e Civitavecchia
ai quali fanno riferimento i pescherecci locali. Dunque tutto pesce certificato.
Ai mercati generali può invece arrivare di tutto. Noi lo sappiamo
bene. Dunque se al posto del dentice rosa viene offerto il pagro è
per prendere volutamente in giro il cliente». Come difendersi? Enzo
Savarese, titolare dell'hotel Mary di Vico Equense, dove il prodotto è
di primissima qualità e origine sicura, suggerisce qualche trucco:
«Diffidate delle sfilettature e dei tranci, facili da scambiare
perché, tanto per fare un esempio, quelli di spada e verdesca si
assomigliano. Il pangasio costa 2,5 euro al chilo all'ingrosso, la sogliola
dai 25 ai 30, dunque quando il prezzo indicato sul menù è
inferiore ponetevi qualche dubbio». Tonino Giardini, responsabile
Coldiretti Impresa Pesca insiste sull'urgenza di introdurre la tracciabilità
completa: «Dobbiamo aiutare le imprese non con denaro ma tutelando
le loro attività. Oggi il pesce è tracciabile fino al ristoratore
e non fino all'utente. Oltre la metà dei prodotti ittici vengono
consumati fuori delle mura domestiche». (Margherita De Bac - mdebac@corriere.it)
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|