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QUALITA'
L'Italia non può vietare gli Ogm
La sentenza della Corte di Giustizia
Ue dà ragione a Pioneer Hi-Bred Italia e riapre le polemiche
L’Italia, e così ogni altro Stato membro dell’Unione
europea, non può bloccare la coltivazione sul proprio territorio
di Organismi geneticamente modificati (Ogm) regolarmente autorizzati a
livello comunitario e iscritti nel catalogo comune.
A stabilirlo, una sentenza della Corte di giustizia europea del 6 settembre,
che non mancherà di rilanciare il dibattito sul quadro delle norme
che regolano le colture modificate nell’Ue.
I fatti
La causa era stata portata davanti ai giudici di Lussemburgo da Pioneer,
che produce e distribuisce a livello mondiale sementi convenzionali e
Ogm, comprese le varietà del mais Mon 810, autorizzate dalla Commissione
europea nel 1998.
Richiesto il permesso al Ministero delle politiche agricole (Mipaaf) per
poter coltivare questo tipo di granoturco anche in Italia, la compagnia
se l’è visto negare a causa della mancata adozione delle
norme di coesistenza da parte delle regioni.
La coesistenza
Il problema della coesistenza tra colture tradizionali o biologiche e
geneticamente modificate è inquadrato, a livello comunitario, dalla
raccomandazione del 23 luglio 2003, che dà agli Stati membri il
compito di individuare delle misure di gestione per minimizzare il rischio
che coltivazioni convenzionali o organiche vengano contaminate da ogm
messi a coltura nelle vicinanze.
L’obiettivo è evitare perdite economiche a chi coltiva in
maniera tradizionale, ma si vedrebbe costretto a indicare in etichetta
la presenza di Ogm anche se fosse accidentale, come nel caso della contaminazione.
Nel nostro Paese, però, questo processo non è stato ultimato
e proprio sull’incompletezza dell’iter che regola il nodo
della coesistenza si è basato il rifiuto dell’autorizzazione
a Pioneer.
La legge italiana stabilisce infatti che “fino all’adozione
dei diversi piani di coesistenza, le colture transgeniche non sono consentite”.
La sentenza
Di fatto, così, una lacuna legislativa nazionale rende impossibile
la fruizione di un’autorizzazione alla commercializzazione ricevuta
a livello comunitario. Ed è proprio su questo punto che la Corte
di giustizia europea ha dato ragione a Pioneer, stabilendo che “uno
Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione
nazionale la coltivazione di ogm autorizzati ed iscritti nel catalogo
comune”.
E questo, poiché le considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente
sarebbero già state tenute in conto nel corso della procedura di
autorizzazione a livello comunitario.
Le reazioni
La necessità che l’Unione europea adotti norme più
chiare è generalmente condivisa, sia da chi si oppone sia da chi
sostiene gli Ogm.
La evoca la Confederazione italiana agricoltori (Cia), ricordando la propria
posizione circa l’utilizzo del biotech, che “avrebbe l’effetto
di annullare l’unico vantaggio competitivo dei prodotti del nostro
Paese sui mercati: quello della biodiversità”.
La sentenza, secondo Coldiretti, “non cambia la scelta dell’Italia
di mantenere il proprio territorio libero dalle contaminazioni di ogm,
come chiedono il 71% degli italiani”.
Confagricoltura vede nel verdetto una conferma del proprio punto di vista
e chiede che il tema venga “affrontato nel nostro Paese senza pregiudizi,
ma sulla base di certezze scientifiche, sostenendo e non frenando la ricerca”.
Allo scopo, ribadisce la necessità di “fissare un sistema
di regole che garantisca la coesistenza tra le diverse forme di agricoltura
senza che l'una danneggi l'altra”.
Così anche Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i produttori
di alimenti zootecnici, che punta il dito contro la gestione della questione
biotech in Italia, dove “si è preferita di fatto una non-decisione,
evitando di affrontare l’argomento”, mentre è auspicabile
invece “un piano di ricerca e sperimentazione in un campo fino ad
ora boicottato”.
Secondo lo stesso commissario all’Agricoltura, Dacian Ciolos, anche
se la responsabilità in materia di coesistenza è degli Stati
membri, la Commissione europea può introdurre delle linee guida
più chiare che facilitino l’applicazione. “Altrimenti
– ha dichiarato Ciolos - tutto questo processo di trasparenza per
fare in modo che il consumatore e il produttore possano scegliere restano
solo parole teoriche''.
A mettere sul tavolo una proposta in questo senso, dovrebbe essere il
suo collega John Dalli, Commissario alla Salute e alle politiche dei consumatori.
(Laura Serassio - http://agronotizie.imagelinenetwork.com)
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