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QUALITA'
Riconoscimento dell’Unesco alla dieta mediterranea va valorizzato
con un marchio ad hoc sui prodotti
Secondo la Cia, bisogna evitare che il prestigioso titolo
internazionale conferito nel 2010 resti sulla carta. Politi: necessaria
una politica promozionale che parta dalla ricaduta economica legata al
“brand” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’educazione, la cultura e la scienza.
La dieta mediterranea è patrimonio dell’Unesco, ma questo
non basta. È ora di tradurre in strategia di marketing il prestigioso
risultato raggiunto nel novembre 2010 per dare ai prodotti coltivati sulle
sponde del Mare Nostrum un ulteriore “sprint” commerciale.
È essenziale, quindi, creare un marchio che contraddistingua tutti
i cibi che fanno parte di questo straordinario regime alimentare, l’unico
in grado di conciliare il piacere della buona tavola con la salute dell’organismo.
Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
L’indiscussa reputazione garantita dal riconoscimento ricevuto va
assolutamente valorizzata. Tanto più che una recente indagine della
Iulm, la Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano,
dimostra che il “brand” Unesco è in grado di portare
uno straordinario valore aggiunto nella tutela del patrimonio culturale
(88 per cento), nella promozione dei beni naturalistici (86 per cento)
e in quella dei monumenti (84 per cento). Perché -sostiene la Cia-
questa stessa efficacia non si potrebbe ottenere nella promozione di prodotti
alimentari?
Facendo la dieta mediterranea patrimonio immateriale dell'umanità,
l'Unesco ha voluto riconoscere al nostro modello alimentare un valore
nutrizionale ma anche sociale e culturale: uno stile di vita sostenibile
basato su tradizioni agroalimentari e su valori culturali secolari, a
cui generazioni di agricoltori lavorano da decenni per garantire qualità
e salubrità. E’ un premio anche a quei territori e quelle
coltivazioni che rischiano di essere dimenticati, vittime del processo
di “omologazione sensoriale” a cui assistiamo da anni e che
mina proprio l’estrema varietà della dieta mediterranea.
Insomma -continua la Cia- dietro al riconoscimento dell’Unesco alla
nostra dieta si nasconde il riconoscimento alla nostra agricoltura tipica
e di qualità, che per il 50 per cento è diretta alla coltivazione
di cereali, vino, ortofrutta e olio d’oliva, i principali ingredienti
alla base di questo regime alimentare.
“Per questo -afferma il presidente della Cia, Giuseppe Politi- è
importante che il ministero delle Politiche agricole inserisca nel piano
di comunicazione per il 2012 una campagna di promozione per la dieta mediterranea
che faccia leva proprio sulla ricaduta economica di questo ‘brand’,
individuando un marchio che sia compatibile con le regole dell’Unesco
e che contribuisca al successo del made in Italy nel mondo, fornendo anche
delle garanzie al consumatore dal punto di vista della tracciabilità
del prodotto”. (www.cia.it)
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