ENTI E MINISTERI

Cibo falso a Tavola
5 marzo, Circolo della Stampa – Presentazione del volume “Il falso a tavola – Una mistificazione da conoscere e da contrastare”, di Giovanni Ballarini e Paolo Petroni

Gianni Fossati, segretario della Consulta Accademica Nazionale, giornalista, ricorda che l’AIC è stata fondata a Milano il 29 luglio 1953, con Orio Vergani primo Presidente. Fossati presenta il nuovo comandante dei NAS, Tenente Colonnello Demetrio Conti, a cui cede la parola per la presentazione del volume a cui l’Arma ha contribuito con un apporto sostanziale per la tutela della salute e per la sicurezza alimentare.

Il Nucleo NAS dispone nel territorio nazionale di 1536 nuclei di sorveglianza. La sua attività non solo è dedicata all’intervento in ogni caso di eventi acuti per la salute alimentare, ma svolge un’efficace azione di “prevenzione e di formazione” per l’intera filiera, dal campo e dalla frontiera alla tavola. La descrizione delle responsabilità e della struttura del corpo occupa la prima parte del libro, quasi un terzo. I capitoli toccano il ruolo delle istituzioni, l’organizzazione, le fasificazioni e le insidie più frequenti, la tutela ed il rapporto sulla sicurezza Italia a Tavola del 2008, l’attività del Corpo Forestale, la salute dei consumatori, i sistemi d’allarme comunitari ed i controlli delle Capitanerie di porto. E’ rassegna precisa ed obiettiva che testimonia il vanto di avere nel territorio nazionale oltre alla “cucina più variata e gustosa” anche un “livello di sicurezza e salute alimentare” molto alto, tra le prime nazioni del mondo, sparso nell’ampiezza e diversità ambientale di un territorio ricchissimo di tradizioni spesso diversificate e originate naturalmente da acque, aria, terra e boschi con caratteristiche locali.

“Falsi ed imitazioni dei nostri prodotti alimentari di maggior prestigio circolano in molti paesi esteri… sia nei ristoranti che nei supermercati dilagano falsi doc in bottiglia, falsi salumi e formaggi, inesistenti sughi italiani, dolci nomi che evocano quelli italiani ma i cui ingredienti sono stati invece prodotti in luoghi diversi e molto lontani dall’Italia…”. La difesa della proprietà intellettuale delle denominazioni tipiche (ufficialmente a legge) è esigenza non più rinviabile.
E non solo: “ Oltre ai marchi dell’alta moda e ai CD, è importante che per la prima volta la lotta al mercato dei taroccati sia rivolta anche ai falsi alimentari attraverso controlli alle frontiere contro i tentativi di commercializzazione dell’imitazione degli alimenti tipici comunitari”.
Una complicata e ferruginosa selva di disposizioni e regolamenti non facilita il compito di tutelare il bene giuridico o distinguere condizioni di buona fede da quelle dolose dell’acquirente o proteggere il mercato da manovre ed indicazioni ingannevoli riguardanti la qualità della sostanza alimentare posta in vendita.

Ogni tema è trattato a fondo e costituisce base di rilevante importanza per la qualità dell’informazione e della comunicazione che mass media ed altri mezzi sono chiamati spesso a rispettare e che ancora sono privi di “linee guida nella definizione di qualità per tutta la filiera”. Essa permane ancora priva di “definizioni condivise” dal mondo degli operatori, dei controllori, dei consumatori, dei produttori e di tutti gli stakeholders influenzati da una “Qualità” condivisa dal campo, alle fabbriche, dal consumo alla stessa tavola. Il Prof Ballarini ha informato durante la sessione di Q&A che l’AIC sta svolgendo una promozione di dibattito sul tema. I soci di ASA sanno non solo quanto il tema mi sia personalmente caro e sono coscienti che sia ritenuto altrettanto fondamentale da parte di molti stakeholders indipendenti, dalle autorità internazionali preposte ai piani di sicurezza alimentare e di salute, ma che, in Italia, con la presenza a Parma di una delle più importanti sedi delle autorità europee della filiera agroalimentare, con la crescente attività di formazione universitaria per corsi di laurea in Scienza e Storia dell’alimentazione e della cucina, trova ambiente particolarmente favorevole al raggruppamento di intelligenza idonea ad orientarne un approccio accettabile globalmente.

Lo stesso Ispettorato centrale per il controllo della qualità sotto l’ombrello dei NAS evidenzia che “…particolare attenzione è stata dedicata ai prodotti nazionali di qualità regolamentata, in considerazione dell’importante ruolo strategico rivestito dagli stessi in ambito comunitario ed internazionale” ed è pervenuto all’indicazione delle azioni prioritarie di controllo come conclusione del capitolo dedicato a questo tema. Ci aspettiamo che AIC, organo insignito dal marchio di “istituzione culturale” dalla Presidenza della Repubblica, dimostri il proprio distacco da interessi di parte per contribuire allo sviluppo di un’immagine da ricuperare nei confronti dell’intera opinione pubblica sia italiana che europea. Per lo meno, questo tema, anche durante i miei 30 anni di permanenza in Accademia, è sempre stato “issue strategica” da perseguire in collaborazione con tutte le parti componenti interessate allo sviluppo della civiltà della tavola… condivisa particolarmente anche personalmente tra il Professore Ballarini e lo scrivente, a cominciare dalle proposte inviate a Brusselles per una correzione di carattere culturale della tradizione storica delle singole nazioni all’innovativa creazione del LIBRO BIANCO che alla base della strategia alimentare europea.

Il Professore Giovanni Ballarini premette che AIC, con la tavola rotonda aperta alla stampa in quest’occasione, apre il 2° episodio dell’ Osservatorio Permanente della Cucina Italiana, che fa parte del suo compito istituzionale di fondo, per monitorare il mantenimento della sua identità caratteristica. AIC pubblica le sue osservazioni e riflessioni attraverso la rivista CIVILTA DELLA TAVOLA, distribuita gratuitamente (e la quota annuale?) ai suoi iscritti che è visibile e scaricabile in PDF, nelle sue ultime tre edizioni nel sito web www.accademiaitalianacucina.it. AIC inoltre pubblica regolarmente Quaderni monotematici, l’ultimo dei quali è uscito con i comunicati stampa ricchi di commenti al Pranzo della Domenica. Ancora è da citare la COLLANA DI CUCINA GASTRONOMICA (tra cui La cucina del Pesce, Gli orti, La Guida, cioè una pubblicazione di luoghi accessibile nel web visitati dalla AIC). Tra le note espresse dal presidente spicca un suggestione persuasiva sulla validità gastronomica del monitoraggio svolto dalla AIC, secondo alcuni ancora premiato dal vincolo statutario che dispone perentoriamente il principio per cui i CUOCHI NON HANNO DIRITTO AD ESSERE SOCI ACCADEMICI in quanto essi sono i responsabili dei luoghi del cibo SOTTOPOSTI A GIUDIZIO.

Ne miei trent’anni di Accademia non sono rimasto convinto, soprattutto a partire dagli anni ’80, della rispondenza dell’assunto dei fondatori a seguito delle profonde modifiche intervenute nella struttura e nell’organizzazione della somministrazione pubblica di cibo, tanto da riscontrare anche in gruppo quanto fosse fondamentale lo spirito di “serena e rispettosa” amicizia e di collaborazione al continuo aggiornamento con i “cuochi”, soprattutto i “cuochi proprietari” protagonisti della conservazione della tradizione della cucina italiana del territorio in contrapposizione alle catene di ristorazione ed alla grande ristorazione gestita per conto di gruppi finanziari che ha per scopo lecito il profitto ed il successo di mercato.
Il professore informa che in Italia i luoghi in cui si può mangiare oggi sono stimati in 1 ogni 800 abitanti! Un’immensa capacità capillare d’iniziative buone e cattive di nicchia o di massa, capaci di divulgare con RICETTARI veri o falsi DI CUCINA REGIONALE editi dai produttori di Alimentari, servizi e materie prime e divulgati attraverso mass media popolari, diffusi in edicola, in casa ed in libreria. Le ricette regionali EDITE nella rivista, nelle pubblicazioni ed anche IN LIBRERIA dall’Accademia sono state arricchite da ricette storicamente emerse che oggi in parte sono depositate presso banche dati e teche delle CCIA e che costituiscono il corpo delle ricette fondamentali di cucina locale e regionale italiana.

Il Falso culinario
Sulla seconda parte dello studio e su ruolo svolto nel complesso lavoro di espressione delle radici della tradizione della cucina regionale e locale italiana si esprime il presidente del Comitato Scientifico dell’Accademia, Paolo Petroni. Tre sono i filoni in cui si raffigura il FALSO DELLA TRADIZIONE ALIMENTARE in Italia: Ingredienti – Ricette - Denominazioni

Ingredienti
Nel capitolo che apre l’indagine svolta dall’Accademia, è trattato come esempio “Il dramma della carbonara” e nelle tabelle il “falso di cotoletta e costoletta” sui quali il relatore si sofferma per mettere in mostra l’ATTENZIONE alla cucina locale. Anzi, l’idea di farne una rappresentazione diretta al tavolo imbandito al Circolo della Stampa è stata particolarmente apprezzata nell’intenzione, purtroppo senza fare i conti.. con la cucina del Circolo!

Il falso si caratterizza in “Falso Culinario degli ingredienti e falso culinario dell’esecuzione”.
L’esempio della “pasta alla carbonara” e della “costoletta alla milanese” in primis avrebbe dovuto essere eseguito almeno a livella di sufficienza di “qualità gastronomica”, in quanto la differenza tra i due esempi, data la povertà dell’esecuzione, era riconoscibile più all’olfatto che alla vista e al gusto (per la carbonara) e solo al gusto piatto ed insapore oppure leggermente sapido (per la “costoletta” e la “cotoletta”) in quanto la sottigliezza da “orecchietta d’elefante” non ne consentivano la distinzione ed i “manici” delle sottili costolette non erano riconoscibili! Qualche collega ha anche osservato che la decorazione di pomodorini sulla cotoletta fritta (di maiale) fosse stata messa sulla carne sbagliata…! Alla faccia dell’immagine del Circolo della Stampa e dei suoi chef in occasione di un evento sul “falso in tavola” dedicato ai giornalisti!

Ricette
Si tratta dei falsi di cucina più numerosi e noti, diffusi in Italia e all’estero, il cui elenco è inutile per il critico gastronomico … forse utile per la stampa più omologata di cucina tra i mass media che svolgono un’azione penetrante tanto quanto petulante da centinaia di testate. I testi sono ricchi di rilievi eseguiti e seguiti sia in Italia che all’estero, coprendo casi di cucina di nicchia e di cucina ampiamente diffusa, sviluppatasi nel corso del novecento.

Denominazioni
L’esempio prende di mira ancora la “costoletta alla milanese” (di Gualtiero Marchesi) ricostruita dalla segmentazione di una vera costoletta di vitello… che ha voluto “eclater le bourgeois”… ma NON E’ UN FALSO di denominazione, mentre nella presentazione del testo è proposta come “falso”, senza nominare l’autore né cercare di comprenderne l’evoluzione creativa senza distrazione del concetto di “costoletta milanese”. Le imitazioni d’esecuzioni creative in genere sono di scadente valore all’apporto ad uno stile di cucina, ma quando l’esecuzione creativa viene studiata e proposta con successo da un “maestro” che sa cucinare la “costoletta” dalla moda tradizionale alla creatività artistica di “grande” va fatta una ben netta differenza: non mettere in evidenza questo concetto mi ricorda tanto l’atteggiamento dell’ Artusi che ha dovuto editare e sostenere per varie edizioni la divulgazione che solo la sua fosse “buona cucina” nell’intero paese Italia, quando altre opere come “Il Re dei cuochi” di Giovanni Nelli e le successive in ogni regione italiana a seguire, scritte per i cuochi professionisti, e trattati come il “Talismano della felicità” per le massaie e donne di casa rappresentino, anche per l’Accademia Italiana della Cucina, delle pietre miliari di riferimento per le denominazioni e le ricette tradizionali.

Quanto all’esempio negativo attribuito alla denominazione di “insalata rinascimentale” della cucina toscana, devo contrapporre alla sapiente conoscenza come già in quel periodo storico si servissero “insalate”: è di “Archidipno ovvero dell’insalata e dell’uso di essa” di Salvatore Massonio, Venezia 1627, la testimonianza storica che forse in questo caso Petroni non ricorda, ma la riedizione dell’opera richiama le date di nascita di Archidipno (nel 1554 all’Aquila e la sua morte a Napoli nel 1624) e le stampe a Milano nel 1559 di un trattato su “cene leggere e cene buone”: tra le pietanze delle prime “mangisi buona copia d’insalata dove è bisogno di leggera cena”! A me basta per accettare la denominazione “rinascimentale” come denominazione storicamente veritiera. Compresi tra il XV e XVI secolo i termini di riferimento “rinascimentali”, ancor oggi in discussione, rappresentano un’accusa poco rappresentativa rispetto ad altre esecranti denominazioni, correnti sia nella ristorazione che nella stampa e nella divulgazione mediatica.

Non occorre aggiungere altro… in quanto i commenti del pubblico che compaiono nei blog del web e a commento delle recensioni accessibili si scatenano su questi presupposti. Potrei ricordare, per il piacere di riproporre il tema, la mistificazione frequentissima in Lombardia della “denominazione” e della “ricetta” del piatto “buseca”, milanesissima e lombarda, che si ritrova nell’impiego in cucina non di “trippa comune” in luogo del primo “segmento di budella”, ossia della porzione specifica che si identifica nel “duodeno” di vitello a cui il regolamento di protezione dall’inquinamento sanitario di questi ultimi anni VIETA perentoriamente di essere presente tra le viscere ammesse nei banchi di macellazione esposti alla visita sanitaria di autorizzazione. E’ una chicca di tradizione “ambrosiana” e lombarda che scompare, mentre mercati e ristorazione romana abbondano di “pajata” e derivati che utilizzano la stessa parte dell’intestino dei vitelli di latte… anzi, ri-piena!
Potremmo proseguire all’infinito, sulla scia dell’indagine compiutamente fatta, pubblicata e divulgata dall’Accademia, a cui faranno seguito presentazioni in altre città e territori italiani dopo la prima del circolo della Stampa a Milano.

(Per gli interessati è disponibile la bozza di mozione per un invito ad autorità e stakeholders a prendere delle contromisure, denominata “BUSECA alla MILANESE.doc”)

Domande e curiosità

Dove e quale è la certezza della pena per chi commette le infrazioni?
Quali sono le reazioni della AIC nei confronti dei protagonisti dei falsi?
Il pomodoro di Pachino è siciliano? Esclusivamente italiano? come può essere riconosciuto?
Il tartufo bianco di Alba? E’ un falso o è vero che possiede lo stesso DNA del Magnatum Pico di Acqualagna e di quello istriano? e le terfezie? Come possono essere confuse?

…omississ…


Risposte e spunti di chiarimento del Presidente

La AIC non è un osservatorio del “cibo”, ma della “cucina italiana”. Un grande paese leader di gastronomia basa la sua missione sulla convinzione che non si esportano solo “cibi e prodotti alimentari”, ma sin deve esportare “CUCINA”, concetto sostenuto in molte pubblicazioni firmate dal prof Giovanni Ballerini, anche con lo pseudonimo di John Dancer, comprendenti numerosi saggi e documentati da oltre 900 pubblicazioni e numerosi libri. Da Scientiae Munus: “…Nella sua ricerca scientifica si è occupato di malattie degli animali, di storia delle malattie e del ruolo che gli alimenti d'origine animale hanno nell’alimentazione umana, anche in una prospettiva evoluzionista. Come membro di commissioni della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea e pubblico amministratore, in questi ultimi venticinque anni si è intensamente occupato sia della sicurezza sia della qualità degli alimenti, sviluppando, in particolare, temi d’antropologia alimentare, la disciplina che studia gli aspetti antropologici dell’alimentazione umana, in tutte le sue diverse sfaccettature e complessi rapporti con la società, l’economia ed in modo particolare la salute.

Il problema dell’etichettatura e dell’informazione sull’origine dei prodotti, degli animali, dei pesci, delle verdure, ortaggi, frutta, dei prodotti naturali è sempre stato oggetto di studio e di passione gastronomica al di fuori di moda o interessi di episodi sfruttabili a parte. Eppure il microfono non gli è stato concesso nelle occasioni più critiche della storia dell’alimentazione italiana in cui avrebbe potuto illuminare non solo le commissioni scientifiche ma anche l’opinione pubblica. L’occasione di un’ampia divulgazione e d’informazione pubblica per una formazione adeguata all’età moderna e al ruolo d’avanguardia che in questi settore hanno la cucina, l’agricoltura, la scienza dell’alimentazione italiana ed il buon gusto di tanta parte della ristorazione, potrà essere appunto occasione per ricuperare in pieno l’identità e la credibilità che alcuni episodi di “falso” hanno consentito di portare a turbamento dell’immagine Italia.

I capitoli della terza parte del saggio sono coerenti con le risposte date verbalmente alle curiosità espresse dalla stampa. Dal capitolo “Gastronomia, arte della cucina e falsi gastronomici” si passa alle ragioni storicamente verificate, alla natura antropologica, psicologica e sociologica del falso alimentare, alla falsificazione della stessa arte gastronomica, all’agropirateria e ad un piccolo abbecedario di argomenti di falsificazione alimentare e gastronomica per chiudere con la minaccia di un falso culturale. Esemplare la riflessione: “ La cucina e la gastronomia sono tradizione ed innovazione, in quanto, come già sottolineato, la tradizione non è altro che la somma delle innovazioni buone e in ogni caso devono essere vere. Anche quando un alimento si presenta trasformato, siamo di frornte ad uina fasificazionre nella misura in cui esso trasmette un messaggio culturale specifico”

Nel percorso che la Comunità Europea ha deciso di affrontare con il vantaggio del background culturale storicamente attribuitole, il LIBRO VERDE è tanto atteso dopo il LIBRO BIANCO, inglese, come conseguenza di Mucca Pazza: ma l’ENTE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE ha sede stabile a Parma! Nessuno finora è riuscito ad affrontare il compito di definizione della QUALITA ALIMENTARE GLOBALE, inclusa quella gastronomica, della CUCINA e di tutto quanto si produce e lavora nella FILIERA. IL LIBRO VERDE E’ LA QUALITA’. Ballarini risiede a Parma. Se lo sente come compito da portare a termine. Ho citato anche il coinvolgimento di un gruppo di lavoro di AGRIMERCATI e della CCIA di Milano, rimasto probabilmente in attesa di guadagnarsi il gradimento di tutte le componenti economiche che ne verrebbero toccate. AIC intende costituire un gruppo di lavoro: potrebbe esere disposta ad approfondire ed agevolare l’impegno di ASA per il miglioramento del draft finale sulla QUALITA’, quale background information disponibile, al Direttivo dell’associazione e ad Agorà Ambrosiana, libera associazione di dibattito a confronto.

Un’interessante osservazione è fatta da una giovane collega del gruppo FOOD (Maria Teresa Manuelli) in merito alla posizione della AIC nei confronti dell’assenza dai loro piani di una stretta consultazione e partecipazione degli chef, i professionisti della ristorazione, che perdono il passo nel protagonismo di notizie e mode di stili alimentari dell’uomo della strada in confronto ai MASS MEDIA e all’INDUSTRIA ALIMENTARE in termini di tradizione e di innovazione, sempre più influenzati dalla comunicazione attraverso i mass media. Al momento ancora l’AIC, Istituzione Culturale della Repubblica Italiana, non ha definito un piano operativo, forse potrebbe dopo la prossima assemblea e revisione dello statuto in primavera.

Per ora, a parte le lodevoli iniziative di carattere editoriale anche rivolte al pubblico ed episodici incontri come quello che stiamo commentando, il confronto con il mondo esterno è ridotto a risolvere qualche “querelle” come la sofisticazione di Speck o di Bresaola con carne di zebù! Il Presidente ha semplificato questo tipo di problemi. Se qualcuno ha scambiato l’episodio con quanto si è verificato nella “Bresaola”, anche in quel caso, dice Ballarini, basterebbe non chiamarla Bresaola e denominarla “Bresaola di Zebù”, poiché l’etimologia di bresaola richiama alla carne bovina conservata con invecchiamento all’aria… e lo Zebù un altro animale, non un bovino!


Enzo Lo Scalzo, ASA Lombardia, 13.03.2009

Commenti di altri giornali e testate
ITALIA A TAVOLA del 10.09.2009

Estratto di E.LS. dell’articolo di Marino Fioravanti sulla Accademia Italiana della Cucina: presentazione


“…Le nostre tavole e i ristoranti non rischiano solo di abbondare di falsi alimentari, cioè prodotti contraffatti, ma anche di falsi culinari. Le ricette della tradizione gastronomica italiana, infatti, sono sempre più spesso tradite non solo all'estero, dove ha ormai raggiunto i contorni contro-tradizione, ma anche in Italia. A svelarlo sono i risultati di una ricerca dell'Accademia italiana della cucina, presentati a Milano e contenuti nel volume “Il falso in tavola”.

“… Sapevamo che era un fenomeno molto diffuso all’estero. Ora, grazie alla ricerca sul campo dell’Accademia attraverso le sue 290 delegazioni presenti in tutto il mondo, scopriamo che l’imitazione maldestra delle nostre ricette tipiche è pratica diffusa anche in Italia: su 530 segnalazioni di ricette “taroccate”, ben 360 (oltre il 70%) arrivano dal nostro Paese. Al primo posto troviamo i risotti, seguono la pasta alla carbonara, al pesto, tortellini e costoletta alla milanese. Ma non vengono risparmiate neanche le ricette regionali: dalla pasta alla Norma al vitello tonnato, dal brodetto di pesce all’erbazzone, dalla bagna caoda ai cannoli siciliani. Le ricerca dell’Accademia conferma anche il tradimento della ricetta italiana all’estero: 170 i casi di falsi culinari. Oltre a USA, Canada e Australia risultano anche  Germania, Irlanda, Portogallo e Finlandia. Il falso alimentare e culinario, dalla sofisticazione dei cibi alla frode alimentare fino all’ultima frontiera di tradimento, è condensato nel libro realizzato dall’ Accademia in collaborazione con il Comando dei Carabinieri per la tutela della salute - NAS dal significativo titolo “Il falso in tavola. Una mistificazione da conoscere e contrastare”. ?


La Repubblica – Enzo Vizzari – 12.03.09
Estratto di E.LS. dell’articolo di Vizzari “A tavola il falso è servito. Così si uccide la nostra cucina:
Lasagne con panna e carbonara con pancetta, i gourmand dell'Accademia e i Nas hanno scoperto 360 ricette inventate”

“… Una ricerca promossa dall'Accademia Italiana della Cucina in collaborazione con il Comando carabinieri della salute (i Nas) rivela che su 530 segnalazioni di veri e propri "falsi culinari" - piatti che hanno un nome preciso ma sono preparati secondo ingredienti e procedimenti non canonici - ben 360, oltre il 70%, sono realizzati in Italia. Le ricette canoniche, invece, sono le 2000 catalogate nel ricettario nazionale dell'Accademia Italiana della Cucina.
… È vero che il filtro degli accademici è piuttosto severo, tanto da bollare come eterodossa parte delle esperienze della "nuova cucina italiana", quella degli Alajmo, dei Bottura, degli Scabin o dello stesso Vissani. Ma è indispensabile ricordare che, per esempio, la carbonara e l'amatriciana richiedono il guanciale e non la pancetta (peggio se affumicata), né il prosciutto o la salsiccia, che il pesto non è pesto senza pinoli, che le lasagne alla bolognese escludono le sottilette, la mozzarella e la panna, che la cotoletta alla milanese non si deve fare con la carne di maiale né con quella di tacchino e si cuoce nel burro, che un vero risotto non si potrà mai confezionare con un riso cinese e nemmeno con un riso parboiled e non prevede la presenza della panna.
…E invece nel volumetto "Il falso in tavola. Una mistificazione da conoscere e contrastare", tutte queste deviazioni sono documentate. "Non vogliamo suscitare allarmismo e un piatto frutto di una ricetta falsificata non è pericoloso per la salute ma può esserlo per quella della gastronomia nazionale", sostiene Giovanni Ballarini, presidente dell'Accademia Italiana della Cucina. Certo, applicata alla lettera, la "lezione" dell'Accademia sarebbe vissuta come una camicia di forza dagli eccellenti cuochi innovatori, dai cultori della "fusion" intelligente. In realtà è un richiamo, che fa bene a tutti, alla verità e all'identità dei piatti regionali. Aggiunge Ballarini: "Definito il "modello" di un piatto attraverso i prodotti e i procedimenti, di questo piatto sono lecite diverse interpretazioni, secondo la fantasia e la sensibilità di chi lo realizza. Ma sui fondamentali non ci possono essere equivoci e inganni"….