ENTI E
MINISTERI Gianni Fossati, segretario della Consulta Accademica Nazionale, giornalista, ricorda che l’AIC è stata fondata a Milano il 29 luglio 1953, con Orio Vergani primo Presidente. Fossati presenta il nuovo comandante dei NAS, Tenente Colonnello Demetrio Conti, a cui cede la parola per la presentazione del volume a cui l’Arma ha contribuito con un apporto sostanziale per la tutela della salute e per la sicurezza alimentare. Il Nucleo NAS dispone nel territorio nazionale di 1536 nuclei di sorveglianza. La sua attività non solo è dedicata all’intervento in ogni caso di eventi acuti per la salute alimentare, ma svolge un’efficace azione di “prevenzione e di formazione” per l’intera filiera, dal campo e dalla frontiera alla tavola. La descrizione delle responsabilità e della struttura del corpo occupa la prima parte del libro, quasi un terzo. I capitoli toccano il ruolo delle istituzioni, l’organizzazione, le fasificazioni e le insidie più frequenti, la tutela ed il rapporto sulla sicurezza Italia a Tavola del 2008, l’attività del Corpo Forestale, la salute dei consumatori, i sistemi d’allarme comunitari ed i controlli delle Capitanerie di porto. E’ rassegna precisa ed obiettiva che testimonia il vanto di avere nel territorio nazionale oltre alla “cucina più variata e gustosa” anche un “livello di sicurezza e salute alimentare” molto alto, tra le prime nazioni del mondo, sparso nell’ampiezza e diversità ambientale di un territorio ricchissimo di tradizioni spesso diversificate e originate naturalmente da acque, aria, terra e boschi con caratteristiche locali. “Falsi ed imitazioni dei nostri
prodotti alimentari di maggior prestigio circolano in molti paesi esteri…
sia nei ristoranti che nei supermercati dilagano falsi doc in bottiglia,
falsi salumi e formaggi, inesistenti sughi italiani, dolci nomi che evocano
quelli italiani ma i cui ingredienti sono stati invece prodotti in luoghi
diversi e molto lontani dall’Italia…”. La difesa
della proprietà intellettuale delle denominazioni tipiche (ufficialmente
a legge) è esigenza non più rinviabile. Ogni tema è trattato a fondo e costituisce base di rilevante importanza per la qualità dell’informazione e della comunicazione che mass media ed altri mezzi sono chiamati spesso a rispettare e che ancora sono privi di “linee guida nella definizione di qualità per tutta la filiera”. Essa permane ancora priva di “definizioni condivise” dal mondo degli operatori, dei controllori, dei consumatori, dei produttori e di tutti gli stakeholders influenzati da una “Qualità” condivisa dal campo, alle fabbriche, dal consumo alla stessa tavola. Il Prof Ballarini ha informato durante la sessione di Q&A che l’AIC sta svolgendo una promozione di dibattito sul tema. I soci di ASA sanno non solo quanto il tema mi sia personalmente caro e sono coscienti che sia ritenuto altrettanto fondamentale da parte di molti stakeholders indipendenti, dalle autorità internazionali preposte ai piani di sicurezza alimentare e di salute, ma che, in Italia, con la presenza a Parma di una delle più importanti sedi delle autorità europee della filiera agroalimentare, con la crescente attività di formazione universitaria per corsi di laurea in Scienza e Storia dell’alimentazione e della cucina, trova ambiente particolarmente favorevole al raggruppamento di intelligenza idonea ad orientarne un approccio accettabile globalmente. Lo stesso Ispettorato centrale per il controllo della qualità sotto l’ombrello dei NAS evidenzia che “…particolare attenzione è stata dedicata ai prodotti nazionali di qualità regolamentata, in considerazione dell’importante ruolo strategico rivestito dagli stessi in ambito comunitario ed internazionale” ed è pervenuto all’indicazione delle azioni prioritarie di controllo come conclusione del capitolo dedicato a questo tema. Ci aspettiamo che AIC, organo insignito dal marchio di “istituzione culturale” dalla Presidenza della Repubblica, dimostri il proprio distacco da interessi di parte per contribuire allo sviluppo di un’immagine da ricuperare nei confronti dell’intera opinione pubblica sia italiana che europea. Per lo meno, questo tema, anche durante i miei 30 anni di permanenza in Accademia, è sempre stato “issue strategica” da perseguire in collaborazione con tutte le parti componenti interessate allo sviluppo della civiltà della tavola… condivisa particolarmente anche personalmente tra il Professore Ballarini e lo scrivente, a cominciare dalle proposte inviate a Brusselles per una correzione di carattere culturale della tradizione storica delle singole nazioni all’innovativa creazione del LIBRO BIANCO che alla base della strategia alimentare europea. Il Professore Giovanni Ballarini premette che AIC, con la tavola rotonda aperta alla stampa in quest’occasione, apre il 2° episodio dell’ Osservatorio Permanente della Cucina Italiana, che fa parte del suo compito istituzionale di fondo, per monitorare il mantenimento della sua identità caratteristica. AIC pubblica le sue osservazioni e riflessioni attraverso la rivista CIVILTA DELLA TAVOLA, distribuita gratuitamente (e la quota annuale?) ai suoi iscritti che è visibile e scaricabile in PDF, nelle sue ultime tre edizioni nel sito web www.accademiaitalianacucina.it. AIC inoltre pubblica regolarmente Quaderni monotematici, l’ultimo dei quali è uscito con i comunicati stampa ricchi di commenti al Pranzo della Domenica. Ancora è da citare la COLLANA DI CUCINA GASTRONOMICA (tra cui La cucina del Pesce, Gli orti, La Guida, cioè una pubblicazione di luoghi accessibile nel web visitati dalla AIC). Tra le note espresse dal presidente spicca un suggestione persuasiva sulla validità gastronomica del monitoraggio svolto dalla AIC, secondo alcuni ancora premiato dal vincolo statutario che dispone perentoriamente il principio per cui i CUOCHI NON HANNO DIRITTO AD ESSERE SOCI ACCADEMICI in quanto essi sono i responsabili dei luoghi del cibo SOTTOPOSTI A GIUDIZIO. Ne
miei trent’anni di Accademia non sono rimasto convinto, soprattutto
a partire dagli anni ’80, della rispondenza dell’assunto dei
fondatori a seguito delle profonde modifiche intervenute nella struttura
e nell’organizzazione della somministrazione pubblica di cibo, tanto
da riscontrare anche in gruppo quanto fosse fondamentale lo spirito di
“serena e rispettosa” amicizia e di collaborazione al continuo
aggiornamento con i “cuochi”, soprattutto i “cuochi
proprietari” protagonisti della conservazione della tradizione della
cucina italiana del territorio in contrapposizione alle catene di ristorazione
ed alla grande ristorazione gestita per conto di gruppi finanziari che
ha per scopo lecito il profitto ed il successo di mercato. Il Falso culinario Ingredienti Il falso si caratterizza in “Falso
Culinario degli ingredienti e falso culinario dell’esecuzione”.
Quanto all’esempio negativo attribuito alla denominazione di “insalata rinascimentale” della cucina toscana, devo contrapporre alla sapiente conoscenza come già in quel periodo storico si servissero “insalate”: è di “Archidipno ovvero dell’insalata e dell’uso di essa” di Salvatore Massonio, Venezia 1627, la testimonianza storica che forse in questo caso Petroni non ricorda, ma la riedizione dell’opera richiama le date di nascita di Archidipno (nel 1554 all’Aquila e la sua morte a Napoli nel 1624) e le stampe a Milano nel 1559 di un trattato su “cene leggere e cene buone”: tra le pietanze delle prime “mangisi buona copia d’insalata dove è bisogno di leggera cena”! A me basta per accettare la denominazione “rinascimentale” come denominazione storicamente veritiera. Compresi tra il XV e XVI secolo i termini di riferimento “rinascimentali”, ancor oggi in discussione, rappresentano un’accusa poco rappresentativa rispetto ad altre esecranti denominazioni, correnti sia nella ristorazione che nella stampa e nella divulgazione mediatica. Non occorre aggiungere altro… in
quanto i commenti del pubblico che compaiono nei blog del web e a commento
delle recensioni accessibili si scatenano su questi presupposti. Potrei
ricordare, per il piacere di riproporre il tema, la mistificazione frequentissima
in Lombardia della “denominazione” e della “ricetta”
del piatto “buseca”, milanesissima e lombarda, che si ritrova
nell’impiego in cucina non di “trippa comune” in luogo
del primo “segmento di budella”, ossia della porzione specifica
che si identifica nel “duodeno” di vitello a cui il regolamento
di protezione dall’inquinamento sanitario di questi ultimi anni
VIETA perentoriamente di essere presente tra le viscere ammesse nei banchi
di macellazione esposti alla visita sanitaria di autorizzazione. E’
una chicca di tradizione “ambrosiana” e lombarda che scompare,
mentre mercati e ristorazione romana abbondano di “pajata”
e derivati che utilizzano la stessa parte dell’intestino dei vitelli
di latte… anzi, ri-piena! (Per gli interessati è disponibile la bozza di mozione per un invito ad autorità e stakeholders a prendere delle contromisure, denominata “BUSECA alla MILANESE.doc”) Domande e curiosità Dove e quale è la certezza della
pena per chi commette le infrazioni?
La AIC non è un osservatorio del “cibo”, ma della “cucina italiana”. Un grande paese leader di gastronomia basa la sua missione sulla convinzione che non si esportano solo “cibi e prodotti alimentari”, ma sin deve esportare “CUCINA”, concetto sostenuto in molte pubblicazioni firmate dal prof Giovanni Ballerini, anche con lo pseudonimo di John Dancer, comprendenti numerosi saggi e documentati da oltre 900 pubblicazioni e numerosi libri. Da Scientiae Munus: “…Nella sua ricerca scientifica si è occupato di malattie degli animali, di storia delle malattie e del ruolo che gli alimenti d'origine animale hanno nell’alimentazione umana, anche in una prospettiva evoluzionista. Come membro di commissioni della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea e pubblico amministratore, in questi ultimi venticinque anni si è intensamente occupato sia della sicurezza sia della qualità degli alimenti, sviluppando, in particolare, temi d’antropologia alimentare, la disciplina che studia gli aspetti antropologici dell’alimentazione umana, in tutte le sue diverse sfaccettature e complessi rapporti con la società, l’economia ed in modo particolare la salute.” Il problema dell’etichettatura e dell’informazione sull’origine dei prodotti, degli animali, dei pesci, delle verdure, ortaggi, frutta, dei prodotti naturali è sempre stato oggetto di studio e di passione gastronomica al di fuori di moda o interessi di episodi sfruttabili a parte. Eppure il microfono non gli è stato concesso nelle occasioni più critiche della storia dell’alimentazione italiana in cui avrebbe potuto illuminare non solo le commissioni scientifiche ma anche l’opinione pubblica. L’occasione di un’ampia divulgazione e d’informazione pubblica per una formazione adeguata all’età moderna e al ruolo d’avanguardia che in questi settore hanno la cucina, l’agricoltura, la scienza dell’alimentazione italiana ed il buon gusto di tanta parte della ristorazione, potrà essere appunto occasione per ricuperare in pieno l’identità e la credibilità che alcuni episodi di “falso” hanno consentito di portare a turbamento dell’immagine Italia. I capitoli della terza parte del saggio sono coerenti con le risposte date verbalmente alle curiosità espresse dalla stampa. Dal capitolo “Gastronomia, arte della cucina e falsi gastronomici” si passa alle ragioni storicamente verificate, alla natura antropologica, psicologica e sociologica del falso alimentare, alla falsificazione della stessa arte gastronomica, all’agropirateria e ad un piccolo abbecedario di argomenti di falsificazione alimentare e gastronomica per chiudere con la minaccia di un falso culturale. Esemplare la riflessione: “ La cucina e la gastronomia sono tradizione ed innovazione, in quanto, come già sottolineato, la tradizione non è altro che la somma delle innovazioni buone e in ogni caso devono essere vere. Anche quando un alimento si presenta trasformato, siamo di frornte ad uina fasificazionre nella misura in cui esso trasmette un messaggio culturale specifico” Nel percorso che la Comunità Europea ha deciso di affrontare con il vantaggio del background culturale storicamente attribuitole, il LIBRO VERDE è tanto atteso dopo il LIBRO BIANCO, inglese, come conseguenza di Mucca Pazza: ma l’ENTE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE ha sede stabile a Parma! Nessuno finora è riuscito ad affrontare il compito di definizione della QUALITA ALIMENTARE GLOBALE, inclusa quella gastronomica, della CUCINA e di tutto quanto si produce e lavora nella FILIERA. IL LIBRO VERDE E’ LA QUALITA’. Ballarini risiede a Parma. Se lo sente come compito da portare a termine. Ho citato anche il coinvolgimento di un gruppo di lavoro di AGRIMERCATI e della CCIA di Milano, rimasto probabilmente in attesa di guadagnarsi il gradimento di tutte le componenti economiche che ne verrebbero toccate. AIC intende costituire un gruppo di lavoro: potrebbe esere disposta ad approfondire ed agevolare l’impegno di ASA per il miglioramento del draft finale sulla QUALITA’, quale background information disponibile, al Direttivo dell’associazione e ad Agorà Ambrosiana, libera associazione di dibattito a confronto. Un’interessante osservazione è fatta da una giovane collega del gruppo FOOD (Maria Teresa Manuelli) in merito alla posizione della AIC nei confronti dell’assenza dai loro piani di una stretta consultazione e partecipazione degli chef, i professionisti della ristorazione, che perdono il passo nel protagonismo di notizie e mode di stili alimentari dell’uomo della strada in confronto ai MASS MEDIA e all’INDUSTRIA ALIMENTARE in termini di tradizione e di innovazione, sempre più influenzati dalla comunicazione attraverso i mass media. Al momento ancora l’AIC, Istituzione Culturale della Repubblica Italiana, non ha definito un piano operativo, forse potrebbe dopo la prossima assemblea e revisione dello statuto in primavera. Per ora, a parte le lodevoli iniziative di carattere editoriale anche rivolte al pubblico ed episodici incontri come quello che stiamo commentando, il confronto con il mondo esterno è ridotto a risolvere qualche “querelle” come la sofisticazione di Speck o di Bresaola con carne di zebù! Il Presidente ha semplificato questo tipo di problemi. Se qualcuno ha scambiato l’episodio con quanto si è verificato nella “Bresaola”, anche in quel caso, dice Ballarini, basterebbe non chiamarla Bresaola e denominarla “Bresaola di Zebù”, poiché l’etimologia di bresaola richiama alla carne bovina conservata con invecchiamento all’aria… e lo Zebù un altro animale, non un bovino!
Commenti di altri giornali e testate Estratto di E.LS. dell’articolo di Marino Fioravanti sulla Accademia Italiana della Cucina: presentazione
“… Sapevamo che era un fenomeno molto diffuso all’estero. Ora, grazie alla ricerca sul campo dell’Accademia attraverso le sue 290 delegazioni presenti in tutto il mondo, scopriamo che l’imitazione maldestra delle nostre ricette tipiche è pratica diffusa anche in Italia: su 530 segnalazioni di ricette “taroccate”, ben 360 (oltre il 70%) arrivano dal nostro Paese. Al primo posto troviamo i risotti, seguono la pasta alla carbonara, al pesto, tortellini e costoletta alla milanese. Ma non vengono risparmiate neanche le ricette regionali: dalla pasta alla Norma al vitello tonnato, dal brodetto di pesce all’erbazzone, dalla bagna caoda ai cannoli siciliani. Le ricerca dell’Accademia conferma anche il tradimento della ricetta italiana all’estero: 170 i casi di falsi culinari. Oltre a USA, Canada e Australia risultano anche Germania, Irlanda, Portogallo e Finlandia. Il falso alimentare e culinario, dalla sofisticazione dei cibi alla frode alimentare fino all’ultima frontiera di tradimento, è condensato nel libro realizzato dall’ Accademia in collaborazione con il Comando dei Carabinieri per la tutela della salute - NAS dal significativo titolo “Il falso in tavola. Una mistificazione da conoscere e contrastare”. ?
“… Una ricerca promossa
dall'Accademia Italiana della Cucina in collaborazione con il Comando
carabinieri della salute (i Nas) rivela che su 530 segnalazioni di veri
e propri "falsi culinari" - piatti che hanno un nome preciso
ma sono preparati secondo ingredienti e procedimenti non canonici - ben
360, oltre il 70%, sono realizzati in Italia. Le ricette canoniche, invece,
sono le 2000 catalogate nel ricettario nazionale dell'Accademia Italiana
della Cucina.
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