|
IN
PRIMO PIANO
“Trucioli rumorosi”
Il dibattito tra favorevoli e contrari continua.
Federdoc chiede un progetto a medio lungo termine
I rimedi francesi: una seria A e una serie B ancora più confusione
nel consumatore
Roma 12 giugno, 2006.- Mai come in questi giorni si è tanto parlato
di trucioli di legno, o chips, e ancora per qualche giorno ancora se ne
parlerà, poi tutto cadrà nell’oblio, salvo risvegliare
grida e lai alla prossima intrusione di Unione Europea, americani, WTO
e via dicendo nelle nostre questioni enologiche. <Federdoc –
afferma il Presidente Riccardo Ricci Curbastro, ritiene che il ”problema
trucioli” sia in realtà la punta di un iceberg enorme e che
il “pericolo” andrebbe affrontato con un progetto di medio-lungo
termine, diciamo della durata almeno di uno dei nostri vigneti: venti,
trent’anni>. La battaglia tra favorevoli e contrari alle chips
raccoglie sui due fronti tradizionalisti contrapposti ad innovatori. <Questo
mercato, continua il Presidente, vede un crescente successo di vini a
basso prezzo, caratterizzati da un buon rapporto qualità prezzo,
da una facile riconoscibilità legata spesso al solo nome della
varietà o di grandi zone di produzione, un mercato che sta “banalizzando”
il concetto di vino. Un mercato però che sembra in grado di attrarre
nuovi consumatori. Il 70% dei dettaglianti americani intervistati nel
2003 per una ricerca economica sul vino indicava nel buon rapporto qualità/prezzo
il motivo principale di acquisto, l’89% dei grossisti lo indicava
come motivo principale per promuovere un vino. In contrapposizione a questi
vini ci siamo noi italiani ed europei con vini che pongono l’accento
su tradizione, territorio, cultura, regole produttive ed enologiche severamente
controllate. Lo scontro tra “fabbricare” un vino – continua
Ricci Curbastro - e valorizzare il territorio e la Denominazione con vini
che vi si rispecchino e non corrano solo dietro alle mode sta giungendo
all’ apice. Il “rumore dei trucioli”, afferma, è
l’avanguardia di nuove pratiche enologiche, di tecnologie che rischiano
di fare del vino solo una somma di componenti chimiche riassemblate in
cantina per assecondare il mercato>. <Non perdendo di vista la necessità
di garantire successo e futuro a tutto il vigneto Italia crediamo sarebbe
il caso di riadattare e rinforzare una strategia già delineata
da decenni e che potrebbe portarci a competere su entrambi i mercati attuali
pronti ad affermare la nostra leadership qualitativa Valorizzare la capacità
competitiva delle IGT, continua, che già oggi possono schierare
in etichetta il nome di vitigno, accompagnandolo da una zona di produzione
ben più ampia di quella di una D.O. con una apertura a nuove tecniche
enologiche che garantisca l’accesso a tutte quelle che possono ridurre
i costi e migliorare la competitività, ma che rifiuti con forza
quelle che possono essere scappatoie lungo il percorso vigna-uva-vino.
Dall’altra parte, conclude, occorre costruire intorno al sistema
delle Denominazioni una politica di promozione più incisiva, valorizzando
il loro contenuto etico di salvaguardia dell’ ambiente e del paesaggio.
La Francia che oggi si dibatte in una crisi ancora più profonda
della nostra, pensa di risolverla con un sistema a due binari realizzato
solo all’interno delle Denominazioni d’Origine (Proposta dell’INAO,
sessione del 1° Giugno 2006), a nostro avviso, rischia di travolgere
così le Denominazioni realizzando una serie A ed una serie B che
difficilmente potranno essere comprese e giustificate dai consumatori,
molto meglio due categorie distinte, quasi due sport e due campionati
all’interno di un paese>.
[ Torna
all'indice ]
|
|
|