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PRIMO PIANO In chiusura di articolo si parla anche di Aristide e della "ventilata" iniziativa incentrata sulla "proposta di autocertificazione (...). Tutte le aziende che non usano i trucioli nei loro vini potranno dichiararlo in un database consultabile su Internet, e avranno il supporto della comunicazione di blog, newsgroup, forum, e magazine on line". L'ottima Elisabetta si riferisce al dibattito evidenziato in questo post del 20 luglio ("Partito dell'etichetta": prende forma una proposta dal Web?) e ai commenti sviluppatisi in seguito. La pausa d'agosto ha rallentato lo sviluppo dell'idea e sono pertanto qui a rilanciarla a tutti gli amici che ne hanno condiviso l'impostazione sin dall'inizio e a tutti coloro che vorranno unirsi in itinere.
Non critico affatto il ricorso ai trucioli da parte di quei produttori che intendono la concorrenza con i vini del Nuovo Mondo come un fattore esclusivamente basato sulla politica di prezzo. Se vogliono limitarsi ad usare solo questa leva competitiva, a prescindere dal prodotto in bottiglia, sono affari loro. Riceveranno dal mercato quello che hanno seminato in questi anni. L'uso dei trucioli sembra invece essere la scorciatoia ideale per conferire aromi di legno al vino, allo scopo di coprire difetti della materia prima o della vinificazione o aggiungere quel sapore così "internazionale", risparmiando sui costi delle barrique vere. L'effetto più preoccupante di questa vicenda, è che si svolge sul terreno sdrucciolevole della manipolazione fisico-chimica del vino e, allo scopo di ridurre ulteriormente i costi e la praticità di applicazione, si arriverà a sostituire i chips con liquidi o polverine magiche dal medesimo effetto (ne abbiamo già parlato qui e qui), della quale salubrità vorremmo si svolgessero studi e analisi approfondite. Bene, Aristide non critica nemmeno questi produttori: semplicemente non vuole comprare i loro i vini. E vuole informare i consumatori affinché scelgano liberamente cosa fare. Un altro aspetto della vicenda riguarda l'alterazione delle condizioni di concorrenza: un produttore che ricorre alla barrique e, quindi, non usa trucioli, si trova in svantaggio rispetto al produttore che li usa e non li dichiara in etichetta o dichiara di usare anch'esso la barrique (ancora una volta: quest'ultima è una truffa). Il primo produttore non può dichiarare esplicitamente in etichetta che non usa trucioli. Occorre quindi dargli un'alternativa. L'idea "Chips Free" è
semplice. In attesa che le Autorità competenti autorizzino con
apposita disciplina l'indicazione in etichetta della presenza di trucioli
nel vino, e che autorizzino parimenti l'indicazione da parte del produttore
del non impiego di trucioli, ho proposto - e cominciato a condividere
con alcuni di voi - di realizzare un archivio elettronico dei produttori
e rispettivi vini che siano esenti da trattamento con trucioli di rovere. Lasciamo che l'informazione libera consenta a tutti di fare libere scelte.
Il nome: nasce con un nome inglese perchè
è sintetico, è internazionale, è chiaro. Non ha un
tono negativo, non vuole colpevolizzare chi li usa, vuole premiare chi
non li usa. ---------------------------- Ecco la copia dell'articolo pubblicato sull'Arena del 1.9.2006: "Trucioli nel vino? Verona dice no, ma...", di Elisabetta Tosi. AGGIORNAMENTO: E' del 6 settembre
un nuovo pronunciamento contro l'uso dei trucioli. Questa volta tocca
al Consiglio di Amministrazione della Strada del Vino Valpolicella per
bocca del suo presidente, Pietro Clementi. Qui l'articolo al riguardo. [ Torna all'indice ]
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