IN PRIMO PIANO


Aviaria : evitare facili allarmismi
INTERVENTI NEL SETTORE AVICOLO PIEMONTESE

AVIARIA: RISCHIO INESISTENTE
AVIAN INFLUENZA AND FOOD SAFETY: STATEMENT BY DR LEE JONG-WOOK,
WHO DIRECTOR-GENERAL

Aviaria Inglese
Aviaria Francese
CHI MANGIA POLLO NON RISCHIA L’AVIARIA
Aviaria in Italia: il pericolo che non c'è
Aviaria: CCM si pronuncia su sicurezza carni e vaccinazioni
GLOBAL MEETING TO DEVELOP COMMON APPROACH ON AVIAN INFLUENZA AND HUMAN PANDEMIC INFLUENZA
Communiqué conjoint OMS/FAO/OIE/BANQUE MONDIALE/58
LE VIRUS H5N1 : FIXER LES PRIORITES POUR COMBATTRE
LES VOLAILLES ET LES ŒUFS BIEN CUITS NE PRESENTENT AUCUN RISQUE DE GRIPPE AVIAIRE POUR LE CONSOMMATEUR


Aviaria: evitare i facili allarmismi

I recenti casi di influenza aviare riscontrati anche sul territorio bresciano sono comunque sotto controllo da parte dei competenti organi sanitari

“Bisogna evitare con attenzione gli allarmismi ingiustificati, che si riflettono pericolosamente sui consumi e che già nel passato hanno provocato una grave crisi del settore avicolo con gravi perdite economiche ed occupazionali” – interviene a caldo il Presidente di Coldiretti Brescia Ettore Prandini – a commento della notizia dei tre focolai di influenza aviaria riscontrati sul territorio bresciano.
“Certo – continua Prandini - non può e non deve essere abbassata la guardia: comunque il riscontro di questi ultimi casi è la dimostrazione di come i controlli sanitari in Italia siano seri e costanti. Le norme sanitarie messe in atto (abbattimento degli animali dei tre focolai, delimitazione di zone di sorveglianza e di attenzione) sono esclusivamente di tipo precauzionale e finalizzate a evitare la diffusione della malattia tra gli animali e vanno lette come un elemento di tranquillità per il consumatore, che ha la certezza che gli animali positivi (in questo caso riscontrato il virus H5N3, a bassa patogenicità) non vengono in alcun modo destinate al consumo. Questo i consumatori ormai lo sanno e sono consapevoli che acquistando il prodotto veramente italiano hanno tutte le garanzie”.
“Abbiamo la massima attenzione anche alle sorti degli allevamenti del comparto: per quelli colpiti direttamente è importante un celere rimborso dei danni diretti (come già previsto dalla legge 218/88), mentre per gli altri stiamo valutando la portata dei danni indiretti. Invero, ad oggi, sembrano relativamente ridotti, grazie anche ad una campagna di informazione che non ha scatenato facili ed inutili allarmismi”.
“Rimango sempre dell’idea – conclude il Presidente – che il riuscire a rendere definitivo l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei polli e dei prodotti derivati (una misura di trasparenza fortemente voluta dai produttori e dai consumatori) permetterebbe di superare ancora meglio queste emergenze, come permetterebbe di dare tranquillità al consumatore ed il giusto riconoscimento alla qualità e alla salubrità degli animali allevati in Italia. Per questo il nostro Paese deve respingere al mittente la recente e irricevibile richiesta della Commissione Europea di cancellare l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei polli e dei prodotti derivati entrata in vigore il 17 ottobre 2005, a seguito dell'ordinanza del ministero della Salute del 26 agosto precedente”


INTERVENTI NEL SETTORE AVICOLO PIEMONTESE
Approvato dalla Giunta il piano di interventi

La Giunta ha approvato nella seduta del 30 ottobre 2006 il Piano per gli
interventi nel settore avicolo piemontese definendo le azioni che la
Regione intende attivare per fronteggiare la situazione determinatasi a
seguito della crisi del mercato avicolo provocata dalla influenza aviaria ,
nel periodo compreso tra il settembre 2005 e l’aprile 2006.

Il Piano adottato dalla Regione si propone di agire a più livelli e con
una serie di interventi diversificati che prospettino soluzioni sia di tipo
emergenziale sia di tipo strutturale per arginare la situazione di crisi
che il settore avicolo piemontese sta vivendo e che ha determinato un
pesante crollo dei consumi e dei prezzi.

Le tipologie di intervento riguardano in particolare i programmi
finalizzati alla realizzazione di intervento per l’abbandono dell’attività
produttiva, gli investimenti per misure di biosicurezza, ivi comprese le
spese sostenute per misure sanitarie, gli interventi disposti dall’autorità
sanitaria per l’abbattimento degli avicoli in caso di sovraffollamento
delle strutture produttive o di blocco della movimentazione dei capi, il
consolidamento dell’indebitamento, il salvataggio e la ristrutturazione
delle imprese in difficoltà, l’indennità compensativa della perdita di
reddito o delle maggiori spese sopportate a causa del verificarsi
dell’evento, per i danni indiretti- prolungamento del vuoto biologico e
restrizioni sanitarie, per danni indiretti- fermo programmato.
L’attuazione del Piano è subordinata alla decisione della Commissione
Europea di approvazione della legge 11 marzo 2006 n. 81 e dovrà adeguarsi
alle disposizioni che saranno emanate dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali e dal Ministero della Salute.

“La grave crisi che ha colpito in particolare il mercato avicolo piemontese
– afferma l’assessore all'Agricoltura, Mino Taricco - imponeva l’adozione
di un provvedimento, come quello approvato dalla Giunta, di carattere
generale ma allo stesso tempo alquanto concreto che formula soluzioni alle
attuali esigenze di un settore che, avendo subito un durissimo contraccolpo
dall’influenza aviaria, deve essere necessariamente supportato nella
risalita verso un nuovo equilibrio economico e nel ristabilimento delle
condizioni necessarie per operare in piena autonomia“.



AVIARIA: RISCHIO INESISTENTE

Lo ha affermato Giulio Tarro al convegno di Soveria Mannelli, alla presenza di Abraham Karpas. I relatori invitati poi a cena. Menu? Pollo in tutte le salse.

SOVERIA MANNELLI (12.3.2006) – “Le possibilità di infezione nell’uomo dell’influenza aviaria in Italia sono praticamente inesistenti”. E’ quanto ha affermato Giulio Tarro, virologo di fama mondiale dell’Ospedale “Cotuogno” di Napoli, intervenendo a Soveria Mannelli al convegno “Aviaria:il rischio inventato”, promosso dall’Amministrazione Comunale. “L’allarme – ha detto Tarro – è del tutto ingiustificato, in quanto l’infezione riguarda i volatili e che, ad eccezione di particolari condizionai sociali ed ambientali, non è trasmissibile all’uomo. Ed in ogni caso non è stata dimostrata la trasmissione tra uomo e uomo.” In particolare Tarro ha rassicurato che non vi è alcun pericolo per la salute mangiare carne di pollo, in quanto è la più sicura e genuina tra quelle presenti nella Comunità Europea, per gli scrupolosi controlli a cui è sottoposta in tutte le fasi della catena alimentare. Alla conferenza, presieduta ed introdotta dal Presidente del Consiglio comunale Mario Caligiuri, è intervento anche Abraham Karpas dell’Università di Cambridge, lo studioso che ha isolato in Gran Bretagna per primo il virus dell’AIDS. Karpas ha tra l’altro riferito anche il titolo di un articolo apparso sul “Times” che dice “E’ più facile vincere alla lotteria che ammalarsi di aviaria”, che riporta l’affermazione di Sir David King, responsabile dei consulenti scientifici del governo di sua maestà britannica. Caligiuri ha concluso la conferenza anticipando che Giulio Tarro pubblicherà nella collana editoriale promossa dall’Amministrazione Comunale “La città delle idee” un volume divulgativo sulla prevenzione sanitaria con particolare riferimento alle malattie più ricorrenti nel comune e che verrà poi consegnato a tutte le famiglie. I relatori sono stati poi invitati a cena. Menù? Ovviamente, pollo in tutte le salse.


Statement WHO/4
27 February 2006

AVIAN INFLUENZA AND FOOD SAFETY:
STATEMENT BY DR LEE JONG-WOOK,
WHO DIRECTOR-GENERAL

Since the beginning of February 2006, the highly pathogenic H5N1 avian influenza virus has spread to affect wild or domestic birds in 17 new countries in Africa, Asia, Europe, and the Middle East.
The World Health Organization reconfirms that, when poultry products are safely handled and properly cooked, humans are not at risk of acquiring H5N1 infection through food.
Although the H5N1 virus is highly infectious among poultry, it is not easily transmissible to humans. Since December 2003, this virus is known to have infected 173 people, of whom 93 have died. Not one of these cases has been linked to the consumption of properly cooked poultry or poultry products.
The main health risk currently is to people who are in close contact with infected poultry, such as families with backyard flocks and poultry workers in wet markets or live animal markets.
Heightened surveillance among domestic and wild birds, rapid detection of the virus, and swift implementation of control measures are important in supporting and maintaining consumer confidence in the safety of poultry products.
Globally, the evidence demonstrates that there is no risk of infection when birds and eggs are well-cooked, as this kills the virus. Poultry products are important sources of protein throughout the world.
For further information, please refer to the WHO avian influenza website http://www.who.int/csr/disease/avian_influenza/en/index.html



AVIAN INFLUENZA
Fact Sheet N°298
February 2006

THE DISEASE IN BIRDS
Avian influenza is an infectious disease of birds caused by type A strains of the influenza virus. The disease occurs worldwide. While all birds are thought to be susceptible to infection with avian influenza viruses, many wild bird species carry these viruses with no apparent signs of harm.
Other bird species, including domestic poultry, develop disease when infected with avian influenza viruses. In poultry, the viruses cause two distinctly different forms of disease – one common and mild, the other rare and highly lethal. In the mild form, signs of illness may be expressed only as ruffled feathers, reduced egg production, or mild effects on the respiratory system. Outbreaks can be so mild they escape detection unless regular testing for viruses is in place.
In contrast, the second and far less common highly pathogenic form is difficult to miss. First identified in Italy in 1878, highly pathogenic avian influenza is characterized by sudden onset of severe disease, rapid contagion, and a mortality rate that can approach 100% within 48 hours. In this form of the disease, the virus not only affects the respiratory tract, as in the mild form, but also invades multiple organs and tissues. The resulting massive internal haemorrhaging has earned it the lay name of “chicken Ebola”.
All 16 HA (haemagluttinin) and 9 NA (neuraminidase) subtypes of influenza viruses are known to infect wild waterfowl, thus providing an extensive reservoir of influenza viruses perpetually circulating in bird populations. In wild birds, routine testing will nearly always find some influenza viruses. The vast majority of these viruses cause no harm.
To date, all outbreaks of the highly pathogenic form of avian influenza have been caused by viruses of the H5 and H7 subtypes. Highly pathogenic viruses possess a tell-tale genetic “trade mark” or signature – a distinctive set of basic amino acids in the cleavage site of the HA – that distinguishes them from all other avian influenza viruses and is associated with their exceptional virulence.
Not all virus strains of the H5 and H7 subtypes are highly pathogenic, but most are thought to have the potential to become so. Recent research has shown that H5 and H7 viruses of low pathogenicity can, after circulation for sometimes short periods in a poultry population, mutate into highly pathogenic viruses. Considerable circumstantial evidence has long suggested that wild waterfowl introduce avian influenza viruses, in their low pathogenic form, to poultry flocks, but do not carry or directly spread highly pathogenic viruses. This role may, however, have changed very recently: at least some species of migratory waterfowl are now thought to be carrying the H5N1 virus in its highly pathogenic form and introducing it to new geographical areas located along their flight routes.
Apart from being highly contagious among poultry, avian influenza viruses are readily transmitted from farm to farm by the movement of live birds, people (especially when shoes and other clothing are contaminated), and contaminated vehicles, equipment, feed, and cages. Highly pathogenic viruses can survive for long periods in the environment, especially when temperatures are low. For example, the highly pathogenic H5N1 virus can survive in bird faeces for at least 35 days at low temperature (4oC). At a much higher temperature (37oC), H5N1 viruses have been shown to survive, in faecal samples, for six days.
For highly pathogenic disease, the most important control measures are rapid culling of all infected or exposed birds, proper disposal of carcasses, the quarantining and rigorous disinfection of farms, and the implementation of strict sanitary, or “biosecurity”, measures. Restrictions on the movement of live poultry, both within and between countries, are another important control measure. The logistics of recommended control measures are most straightforward when applied to large commercial farms, where birds are housed indoors, usually under strictly controlled sanitary conditions, in large numbers. Control is far more difficult under poultry production systems in which most birds are raised in small backyard flocks scattered throughout rural or periurban areas.
When culling – the first line of defence for containing outbreaks – fails or proves impracticable, vaccination of poultry in a high-risk area can be used as a supplementary emergency measure, provided quality-assured vaccines are used and recommendations from the World Organisation for Animal Health (OIE) are strictly followed. The use of poor quality vaccines or vaccines that poorly match the circulating virus strain may accelerate mutation of the virus. Poor quality animal vaccines may also pose a risk for human health, as they may allow infected birds to shed virus while still appearing to be disease-free.
Apart from being difficult to control, outbreaks in backyard flocks are associated with a heightened risk of human exposure and infection. These birds usually roam freely as they scavenge for food and often mingle with wild birds or share water sources with them. Such situations create abundant opportunities for human exposure to the virus, especially when birds enter households or are brought into households during adverse weather, or when they share areas where children play or sleep. Poverty exacerbates the problem: in situations where a prime source of food and income cannot be wasted, households frequently consume poultry when deaths or signs of illness appear in flocks. This practice carries a high risk of exposure to the virus during slaughtering, defeathering, butchering, and preparation of poultry meat for cooking, but has proved difficult to change. Moreover, as deaths of birds in backyard flocks are common, especially under adverse weather conditions, owners may not interpret deaths or signs of illness in a flock as a signal of avian influenza and a reason to alert the authorities. This tendency may help explain why outbreaks in some rural areas have smouldered undetected for months. The frequent absence of compensation to farmers for destroyed birds further works against the spontaneous reporting of outbreaks and may encourage owners to hide their birds during culling operations.

THE ROLE OF MIGRATORY BIRDS
During 2005, an additional and significant source of international spread of the virus in birds became apparent for the first time, but remains poorly understood. Scientists are increasingly convinced that at least some migratory waterfowl are now carrying the H5N1 virus in its highly pathogenic form, sometimes over long distances, and introducing the virus to poultry flocks in areas that lie along their migratory routes. Should this new role of migratory birds be scientifically confirmed, it will mark a change in a long-standing stable relationship between the H5N1 virus and its natural wild-bird reservoir.
Evidence supporting this altered role began to emerge in mid-2005 and has since been strengthened. The die-off of more than 6000 migratory birds, infected with the highly pathogenic H5N1 virus, that began at the Qinghai Lake nature reserve in central China in late April 2005, was highly unusual and probably unprecedented. Prior to that event, wild bird deaths from highly pathogenic avian influenza viruses were rare, usually occurring as isolated cases found within the flight distance of a poultry outbreak. Scientific studies comparing viruses from different outbreaks in birds have found that viruses from the most recently affected countries, all of which lie along migratory routes, are almost identical to viruses recovered from dead migratory birds at Qinghai Lake. Viruses from Turkey’s first two human cases, which were fatal, were also virtually identical to viruses from Qinghai Lake.

COUNTRIES AFFECTED BY OUTBREAKS IN BIRDS
The outbreaks of highly pathogenic H5N1 avian influenza that began in south-east Asia in mid-2003 and have now spread to a few parts of Europe, are the largest and most severe on record. To date, nine Asian countries have reported outbreaks (listed in order of reporting): the Republic of Korea, Viet Nam, Japan, Thailand, Cambodia, the Lao People’s Democratic Republic, Indonesia, China, and Malaysia. Of these, Japan, the Republic of Korea, and Malaysia have controlled their outbreaks and are now considered free of the disease. Elsewhere in Asia, the virus has become endemic in several of the initially affected countries.
In late July 2005, the virus spread geographically beyond its original focus in Asia to affect poultry and wild birds in the Russian Federation and adjacent parts of Kazakhstan. Almost simultaneously, Mongolia reported detection of the highly pathogenic virus in wild birds. In October 2005, the virus was reported in Turkey, Romania, and Croatia. In early December 2005, Ukraine reported its first outbreak in domestic birds. Most of these newer outbreaks were detected and reported quickly. Further spread of the virus along the migratory routes of wild waterfowl is, however, anticipated. Moreover, bird migration is a recurring event. Countries that lie along the flight pathways of birds migrating from central Asia may face a persistent risk of introduction or re-introduction of the virus to domestic poultry flocks.
Prior to the present situation, outbreaks of highly pathogenic avian influenza in poultry were considered rare. Excluding the current outbreaks caused by the H5N1 virus, only 24 outbreaks of highly pathogenic avian influenza have been recorded worldwide since 1959. Of these, 14 occurred in the past decade. The majority have shown limited geographical spread, a few remained confined to a single farm or flock, and only one spread internationally. All of the larger outbreaks were costly for the agricultural sector and difficult to control.

THE DISEASE IN HUMANS
History and epidemiology. Influenza viruses are normally highly species-specific, meaning that viruses that infect an individual species (humans, certain species of birds, pigs, horses, and seals) stay “true” to that species, and only rarely spill over to cause infection in other species. Since 1959, instances of human infection with an avian influenza virus have been documented on only 10 occasions. Of the hundreds of strains of avian influenza A viruses, only four are known to have caused human infections: H5N1, H7N3, H7N7, and H9N2. In general, human infection with these viruses has resulted in mild symptoms and very little severe illness, with one notable exception: the highly pathogenic H5N1 virus.
Of all influenza viruses that circulate in birds, the H5N1 virus is of greatest present concern for human health for two main reasons. First, the H5N1 virus has caused by far the greatest number of human cases of very severe disease and the greatest number of deaths. It has crossed the species barrier to infect humans on at least three occasions in recent years: in Hong Kong in 1997 (18 cases with six deaths), in Hong Kong in 2003 (two cases with one death) and in the current outbreaks that began in December 2003 and were first recognized in January 2004.
A second implication for human health, of far greater concern, is the risk that the H5N1 virus – if given enough opportunities – will develop the characteristics it needs to start another influenza pandemic. The virus has met all prerequisites for the start of a pandemic save one: an ability to spread efficiently and sustainably among humans. While H5N1 is presently the virus of greatest concern, the possibility that other avian influenza viruses, known to infect humans, might cause a pandemic cannot be ruled out.
The virus can improve its transmissibility among humans via two principal mechanisms. The first is a “reassortment” event, in which genetic material is exchanged between human and avian viruses during co-infection of a human or pig. Reassortment could result in a fully transmissible pandemic virus, announced by a sudden surge of cases with explosive spread.
The second mechanism is a more gradual process of adaptive mutation, whereby the capability of the virus to bind to human cells increases during subsequent infections of humans. Adaptive mutation, expressed initially as small clusters of human cases with some evidence of human-to-human transmission, would probably give the world some time to take defensive action, if detected sufficiently early.
During the first documented outbreak of human infections with H5N1, which occurred in Hong Kong in 1997, the 18 human cases coincided with an outbreak of highly pathogenic avian influenza, caused by a virtually identical virus, in poultry farms and live markets. Extensive studies of the human cases determined that direct contact with diseased poultry was the source of infection. Studies carried out in family members and social contacts of patients, health workers engaged in their care, and poultry cullers found very limited, if any, evidence of spread of the virus from one person to another. Human infections ceased following the rapid destruction – within three days – of Hong Kong’s entire poultry population, estimated at around 1.5 million birds. Some experts believe that that drastic action may have averted an influenza pandemic.
All evidence to date indicates that close contact with dead or sick birds is the principal source of human infection with the H5N1 virus. Especially risky behaviours identified include the slaughtering, defeathering, butchering and preparation for consumption of infected birds. In a few cases, exposure to chicken faeces when children played in an area frequented by free-ranging poultry is thought to have been the source of infection. Swimming in water bodies where the carcasses of dead infected birds have been discarded or which may have been contaminated by faeces from infected ducks or other birds might be another source of exposure. In some cases, investigations have been unable to identify a plausible exposure source, suggesting that some as yet unknown environmental factor, involving contamination with the virus, may be implicated in a small number of cases. Some explanations that have been put forward include a possible role of peri-domestic birds, such as pigeons, or the use of untreated bird faeces as fertilizer.

At present, H5N1 avian influenza remains largely a disease of birds. The species barrier is significant: the virus does not easily cross from birds to infect humans. Despite the infection of tens of millions of poultry over large geographical areas since mid-2003, fewer than 200 human cases have been laboratory confirmed. For unknown reasons, most cases have occurred in rural and periurban households where small flocks of poultry are kept. Again for unknown reasons, very few cases have been detected in presumed high-risk groups, such as commercial poultry workers, workers at live poultry markets, cullers, veterinarians, and health staff caring for patients without adequate protective equipment. Also lacking is an explanation for the puzzling concentration of cases in previously healthy children and young adults. Research is urgently needed to better define the exposure circumstances, behaviours, and possible genetic or immunological factors that might enhance the likelihood of human infection.
Assessment of possible cases. Investigations of all the most recently confirmed human cases, in China, Indonesia, and Turkey, have identified direct contact with infected birds as the most likely source of exposure. When assessing possible cases, the level of clinical suspicion should be heightened for persons showing influenza-like illness, especially with fever and symptoms in the lower respiratory tract, who have a history of close contact with birds in an area where confirmed outbreaks of highly pathogenic H5N1 avian influenza are occurring. Exposure to an environment that may have been contaminated by faeces from infected birds is a second, though less common, source of human infection. To date, not all human cases have arisen from exposure to dead or visibly ill domestic birds. Research published in 2005 has shown that domestic ducks can excrete large quantities of highly pathogenic virus without showing signs of illness. A history of poultry consumption in an affected country is not a risk factor, provided the food was thoroughly cooked and the person was not involved in food preparation. As no efficient human-to-human transmission of the virus is known to be occurring anywhere, simply travelling to a country with ongoing outbreaks in poultry or sporadic human cases does not place a traveller at enhanced risk of infection, provided the person did not visit live or “wet” poultry markets, farms, or other environments where exposure to diseased birds may have occurred.
Clinical features. In many patients, the disease caused by the H5N1 virus follows an unusually aggressive clinical course, with rapid deterioration and high fatality. Like most emerging disease, H5N1 influenza in humans is poorly understood. Clinical data from cases in 1997 and the current outbreak are beginning to provide a picture of the clinical features of disease, but much remains to be learned. Moreover, the current picture could change given the propensity of this virus to mutate rapidly and unpredictably.
The incubation period for H5N1 avian influenza may be longer than that for normal seasonal influenza, which is around two to three days. Current data for H5N1 infection indicate an incubation period ranging from two to eight days and possibly as long as 17 days. However, the possibility of multiple exposure to the virus makes it difficult to define the incubation period precisely. WHO currently recommends that an incubation period of seven days be used for field investigations and the monitoring of patient contacts.
Initial symptoms include a high fever, usually with a temperature higher than 38oC, and influenza-like symptoms. Diarrhoea, vomiting, abdominal pain, chest pain, and bleeding from the nose and gums have also been reported as early symptoms in some patients. Watery diarrhoea without blood appears to be more common in H5N1 avian influenza than in normal seasonal influenza. The spectrum of clinical symptoms may, however, be broader, and not all confirmed patients have presented with respiratory symptoms. In two patients from southern Viet Nam, the clinical diagnosis was acute encephalitis; neither patient had respiratory symptoms at presentation. In another case, from Thailand, the patient presented with fever and diarrhoea, but no respiratory symptoms. All three patients had a recent history of direct exposure to infected poultry.
One feature seen in many patients is the development of manifestations in the lower respiratory tract early in the illness. Many patients have symptoms in the lower respiratory tract when they first seek treatment. On present evidence, difficulty in breathing develops around five days following the first symptoms. Respiratory distress, a hoarse voice, and a crackling sound when inhaling are commonly seen. Sputum production is variable and sometimes bloody. Most recently, blood-tinted respiratory secretions have been observed in Turkey. Almost all patients develop pneumonia. During the Hong Kong outbreak, all severely ill patients had primary viral pneumonia, which did not respond to antibiotics. Limited data on patients in the current outbreak indicate the presence of a primary viral pneumonia in H5N1, usually without microbiological evidence of bacterial supra-infection at presentation. Turkish clinicians have also reported pneumonia as a consistent feature in severe cases; as elsewhere, these patients did not respond to treatment with antibiotics.
In patients infected with the H5N1 virus, clinical deterioration is rapid. In Thailand, the time between onset of illness to the development of acute respiratory distress was around six days, with a range of four to 13 days. In severe cases in Turkey, clinicians have observed respiratory failure three to five days after symptom onset. Another common feature is multiorgan dysfunction. Common laboratory abnormalities, include leukopenia (mainly lymphopenia), mild-to-moderate thrombocytopenia, elevated aminotransferases, and with some instances of disseminated intravascular coagulation.
Limited evidence suggests that some antiviral drugs, notably oseltamivir (commercially known as Tamiflu), can reduce the duration of viral replication and improve prospects of survival, provided they are administered within 48 hours following symptom onset. However, prior to the outbreak in Turkey, most patients have been detected and treated late in the course of illness. For this reason, clinical data on the effectiveness of oseltamivir are limited. Moreover, oseltamivir and other antiviral drugs were developed for the treatment and prophylaxis of seasonal influenza, which is a less severe disease associated with less prolonged viral replication. Recommendations on the optimum dose and duration of treatment for H5N1 avian influenza, also in children, need to undergo urgent review, and this is being undertaken by WHO.
In suspected cases, oseltamivir should be prescribed as soon as possible (ideally, within 48 hours following symptom onset) to maximize its therapeutic benefits. However, given the significant mortality currently associated with H5N1 infection and evidence of prolonged viral replication in this disease, administration of the drug should also be considered in patients presenting later in the course of illness.
Currently recommended doses of oseltamivir for the treatment of influenza are contained in the product information at the manufacturer’s web site. The recommended dose of oseltamivir for the treatment of influenza, in adults and adolescents 13 years of age and older, is 150 mg per day, given as 75 mg twice a day for five days. Oseltamivir is not indicated for the treatment of children younger than one year of age.
As the duration of viral replication may be prolonged in cases of H5N1 infection, clinicians should consider increasing the duration of treatment to seven to ten days in patients who are not showing a clinical response. In cases of severe infection with the H5N1 virus, clinicians may need to consider increasing the recommended daily dose or the duration of treatment, keeping in mind that doses above 300 mg per day are associated with increased side effects. For all treated patients, consideration should be given to taking serial clinical samples for later assay to monitor changes in viral load, to assess drug susceptibility, and to assess drug levels. These samples should be taken only in the presence of appropriate measures for infection control.
In severely ill H5N1 patients or in H5N1 patients with severe gastrointestinal symptoms, drug absorption may be impaired. This possibility should be considered when managing these patients.

COUNTRIES WITH HUMAN CASES IN THE CURRENT OUTBREAK
To date, human cases have been reported in six countries, most of which are in Asia: Cambodia, China, Indonesia, Thailand, Turkey, and Viet Nam. The first patients in the current outbreak, which were reported from Viet Nam, developed symptoms in December 2003 but were not confirmed as H5N1 infection until 11 January 2004. Thailand reported its first cases on 23 January 2004. The first case in Cambodia was reported on 2 February 2005. The next country to report cases was Indonesia, which confirmed its first infection on 21 July. China’s first two cases were reported on 16 November 2005. Confirmation of the first cases in Turkey came on 5 January 2006, followed by the first reported case in Iraq on 30 January 2006. All human cases have coincided with outbreaks of highly pathogenic H5N1 avian influenza in poultry. To date, Viet Nam has been the most severely affected country, with more than 90 cases.
Altogether, more than half of the laboratory-confirmed cases have been fatal. H5N1 avian influenza in humans is still a rare disease, but a severe one that must be closely watched and studied, particularly because of the potential of this virus to evolve in ways that could start a pandemic.
For further information please contact the WHO Media Centre, Tel.: (+41 22) 791 2222, Email: mediainquiries@who.int. All WHO Press Releases, Fact Sheets and Features as well as other information on this subject can be obtained on Internet on the WHO home page: http://www.who.int


Grippe aviaire
Aide-mémoire N°298
Février 2006

La maladie chez l'oiseau
La grippe aviaire, provoquée par des souches A du virus grippal, est une maladie infectieuse affectant les oiseaux. On la retrouve dans le monde entier. On pense que tous les oiseaux sont sensibles à cette infection, mais de nombreuses espèces sauvages peuvent être porteuses de ces virus sans signe pathologique apparent.D'autres espèces, notamment la volaille domestique, développent la maladie lorsqu'elles sont infectées par ces virus. Ils provoquent alors deux formes distinctes de la maladie, l'une courante et bénigne, l'autre rare et souvent mortelle. Dans la forme bénigne, les signes pathologiques peuvent se limiter à un plumage ébouriffé, la diminution de la ponte et des effets bénins sur le système respiratoire. Il arrive que les flambées soient si atténuées qu'on ne puisse les détecter qu'en procédant à des dépistages réguliers des virus.Il est par contre difficile de passer à côté de la seconde forme, beaucoup moins courante, la variante hautement pathogène.
Identifiée pour la première fois en Italie en 1878, la grippe aviaire hautement pathogène se caractérise par l'apparition brutale d'une maladie grave, une contagion rapide et un taux de mortalité qui peut avoisiner les 100 % en 48 heures. Dans ce cas, le virus ne se contente plus d'affecter seulement le système respiratoire, comme pour la forme bénigne, mais il envahit aussi de nombreux autres organes et tissus. Il en résulte des hémorragies internes massives qui font que le public appelle parfois cette maladie l'« Ebola du poulet ».
On sait que tous les sous-types de virus grippal, 16 HA (hémagglutinine) et 9 NA (neuraminidase), infectent les oiseaux sauvages aquatiques. Les virus grippaux ont ainsi un réservoir naturel étendu et sont en circulation perpétuelle dans les populations d'oiseaux. Le dépistage systématique chez l'oiseau sauvage mettra presque toujours en évidence des virus grippaux, inoffensifs dans la grande majorité des cas.
A ce jour, toutes les flambées épidémiques de la forme hautement pathogène de la grippe aviaire ont été dues à des virus des sous-types H5 et H7. Les virus hautement pathogènes sont dotés d'une "marque de fabrique", d'une signature, un ensemble particulier d'acides aminés sur le site de clivage de l'hémagglutinine, qui les distingue de tous les autres virus de la grippe aviaire et qui leur confère leur virulence exceptionnelle.
Toutes les souches des sous-types H5 et H7 ne sont pas hautement pathogènes, mais on pense que la plupart peuvent potentiellement le devenir. Selon des études récentes, les virus H5 et H7 faiblement pathogènes peuvent, après avoir circulé parfois peu de temps dans une population de volailles, muter pour devenir hautement pathogènes. De nombreux éléments ont conduit à penser depuis longtemps que les oiseaux sauvages aquatiques introduisaient les virus grippaux aviaires sous la forme faiblement pathogène dans les populations de volailles. En revanche, ils n'étaient pas porteurs, ou ne transmettaient pas directement les virus hautement pathogènes. Toutefois, leur rôle pourrait avoir évolué récemment : on pense désormais qu'au moins certaines espèces migratrices d'oiseaux aquatiques sont porteuses du virus H5N1 sous sa forme hautement pathogène et l'ont introduit dans de nouvelles zones géographiques le long de leur voies de migration.
En dehors de la contagiosité élevée dans les populations de volailles, les virus de la grippe aviaire se transmettent facilement d'une exploitation agricole à l'autre avec les déplacements des oiseaux, des personnes (notamment lorsque les chaussures ou les vêtements sont contaminés), les véhicules, les équipements, la nourriture et les cages. Les virus hautement pathogènes peuvent survivre longtemps dans l'environnement, notamment à basse température. On sait par exemple que les virus H5N1 hautement pathogènes survivent au moins 35 jours à basse température (4 °C) dans les déjections d'oiseaux. A une température beaucoup plus élevée (37 °C), on a montré une survie de 6 jours dans des échantillons de matières fécales.
Les mesures de lutte à prendre contre la forme hautement pathogène de la maladie sont les suivantes : abattage rapide de tous les oiseaux infectés ou exposés, élimination correcte des carcasses, mise en quarantaine et désinfection rigoureuse des exploitations agricoles, application de strictes mesures sanitaires ou de « sécurité biologique ». Les restrictions au transport des volailles vivantes, à l'intérieur des pays comme d'un pays à l'autre, font partie des mesures importantes à instaurer. Logistiquement, il est plus facile d'appliquer les mesures de lutte recommandées à de grands élevages commerciaux qui gardent à l'intérieur de grands nombres d'oiseaux, en général dans de strictes conditions sanitaires. La lutte devient bien plus difficile lorsque les volailles sont, dans leur grande majorité, élevées dans de petites basses cours éparpillées en zone rurale ou périurbaine.
Lorsque l'abattage, première mesure de défense pour endiguer les flambées, échoue ou s'avère infaisable, on peut avoir recours à la vaccination des volailles dans les zones à haut risque comme mesure d'urgence supplémentaire, si l'on utilise des vaccins de qualité assurée et si l'on respecte rigoureusement les recommandations de l'Organisation mondiale de la Santé animale (OIE). L'emploi de vaccins de mauvaise qualité ou de vaccins qui ne correspondent pas vraiment à la souche en circulation peut accélérer la mutation des virus. Les vaccins animaux de mauvaise qualité constituent également un risque pour la santé humaine en laissant des oiseaux apparemment sains mais infectés excréter des virus.
En dehors des difficultés de la lutte, les flambées dans les basses cours entraînent aussi pour l'homme un risque accru d'exposition et d'infection. Ces oiseaux sont en général libres de se déplacer pour rechercher leur nourriture. Ils se trouvent alors souvent en contact avec les oiseaux sauvages et partagent avec eux les points d'eau. Dans ces situations, l'homme a souvent l'occasion d'être exposé au virus, notamment lorsque les oiseaux pénètrent dans les habitations, quand on les rentre en cas de mauvais temps ou quand ils sont présents dans les aires de jeux et de repos des enfants. La pauvreté exacerbe le problème : lorsqu'on ne peut se permettre de gaspiller une source primordiale de nourriture et de revenus, les ménages consomment fréquemment les volailles, même si elles sont mortes ou montrent des signes de maladie. Cette pratique entraîne un risque élevé d'exposition au virus pendant l'abattage, la plumée, la découpe et la préparation de la viande pour les repas, mais il est difficile de la faire changer. Par ailleurs, comme il arrive couramment que les volailles des basses cours meurent, notamment lorsque les conditions météorologiques sont mauvaises, les propriétaires ont du mal à interpréter les morts ou la présence de volailles malades dans leurs élevages comme le signe d'une grippe aviaire et un motif d'alerter les autorités. Cette tendance pourrait expliquer pourquoi des foyers dans certaines zones rurales ont pu rester inaperçus pendant des mois. Le fait que, souvent, aucune indemnisation n'est prévue pour les oiseaux abattus dissuade les éleveurs de notifier spontanément les flambées et pourrait même les inciter à cacher leurs oiseaux au cours des opérations d'abattage.
Rôle des oiseaux migrateurs
En 2005, une autre source importante de propagation internationale du virus chez l'oiseau est apparue pour la première fois, mais elle reste mal comprise. Les scientifiques sont de plus en plus convaincus qu'au moins certains oiseaux migrateurs aquatiques transportent désormais le virus H5N1 sous sa forme hautement pathogène parfois sur de longues distances et l'introduisent dans les populations de volailles des zones se trouvant le long de leurs voies de migration. Si ce nouveau rôle venait à être scientifiquement confirmé, il marquerait une évolution dans la relation stable jusque-là entre le virus H5N1 et son réservoir naturel chez l'oiseau sauvage.
Les éléments confirmant ce nouveau rôle ont commencé à apparaître à partir de la mi-2005 et sont devenus de plus en plus probants. La mort, à partir de la fin avril 2005, de plus de 6 000 oiseaux migrateurs infectés par le virus H5N1 hautement pathogène dans la réserve naturelle du lac Qinghai, dans le centre de la Chine, a été un événement tout à fait inhabituel et probablement sans précédent. Auparavant, il était rare que des oiseaux sauvages meurent d'une infection par un virus de la grippe aviaire hautement pathogène. Les études scientifiques, comparant les virus de différentes flambées aviaires, ont établi que les souches provenant des pays touchés les plus récemment, tous situés le long des voies de migration, étaient presque identiques à celles découvertes sur les oiseaux migrateurs morts au lac Qinghai. Les virus des deux premiers cas humains en Turquie étaient eux aussi pratiquement identiques à ceux du lac Qinghai. Ces deux personnes sont mortes.
Pays affectés par des flambées aviaires
Les flambées de grippe aviaire à virus H5N1 hautement pathogène qui ont commencé en Asie du Sud-Est à la mi-2003 et se sont désormais propagées à quelques régions d'Europe, sont les plus graves et les plus importantes que l'on ait jamais observées. A ce jour, neuf pays asiatiques en ont signalées (par ordre de notification) : République de Corée, Viet Nam, Japon, Thaïlande, Cambodge, République démocratique populaire lao, Indonésie, Chine et Malaisie. Le Japon, la République de Corée et la Malaisie ont endigué leurs flambées et l'on considère que la maladie a disparu dans ces pays. Ailleurs en Asie, le virus est devenu endémique dans plusieurs des pays affectés à l'origine.
Fin juillet 2005, le virus s'est propagé en dehors de son foyer initial en Asie et a affecté les volailles et les oiseaux sauvages en Fédération de Russie et dans les régions adjacentes du Kazakhstan. Presque simultanément, la Mongolie a signalé avoir détecté le virus hautement pathogène chez des oiseaux sauvages. En octobre 2005, il a été signalé en Turquie, en Roumanie et en Croatie. Début décembre 2005, l'Ukraine a signalé son premier foyer chez des oiseaux domestiques. La plupart de ces nouvelles flambées ont été détectées et notifiées rapidement. On s'attend néanmoins à ce que le virus poursuive sa propagation le long des voies de migration des oiseaux aquatiques. De plus, les migrations des oiseaux sont régulières et les pays se trouvant le long des routes suivies par les oiseaux migrateurs à partir de l'Asie centrale pourraient se trouver confrontés à un risque persistant d'introduction ou de réintroduction des virus dans les élevages de volailles domestiques.
Avant la situation actuelle, on considérait que les flambées de grippe aviaire hautement pathogène dans les populations de volaille étaient un événement rare. Si l'on exclut les flambées actuelles à virus H5N1, on n'a signalé que 24 flambées de grippe aviaire hautement pathogène dans le monde depuis 1959, dont 14 au cours des dix dernières années. Dans la majorité des cas, l'extension géographique a été limitée, et quelques unes se sont même limitées à une seule exploitation agricole ou un seul élevage. Il n'y a eu de propagation internationale que pour une seule d'entre elles. Toutes les grandes flambées ont coûté cher au secteur agricole et ont été difficiles à endiguer.
La maladie chez l'homme
Historique et épidémiologie. Les virus grippaux ont normalement une grande spécificité d'espèce, ce qui signifie que, lorsqu'ils infectent une espèce en particulier (homme, certaines espèces d'oiseaux, porcs, chevaux, phoques), ils se limitent à elle et provoquent rarement des infections chez d'autres espèces. Depuis 1959, l'infection humaine par un virus grippal aviaire n'a été établie qu'à 10 reprises. D'après ce que nous savons, sur les centaines de souches de virus grippaux aviaires A, quatre seulement ont provoqué des infections humaines : H5N1, H7N3, H7N7 et H9N2. En général, l'infection humaine par ces virus n'entraîne que des symptômes légers et une maladie bénigne, à une exception notable près : le virus H5N1 hautement pathogène.
De tous les virus grippaux en circulation dans les populations aviaires, le plus préoccupant pour la santé humaine est le virus H5N1, principalement pour deux raisons. Premièrement, c'est celui qui a provoqué le plus grand nombre de cas humains très graves et le plus grand nombre de décès. Il a franchi la barrière des espèces à au moins trois reprises au cours des dernières années : à Hong Kong en 1997 (18 cas, dont 6 mortels), à Hong Kong en 2003 (deux cas, dont un mortel) et lors des flambées actuelles qui ont commencé en décembre 2003 et ont été reconnues pour la première fois en janvier 2004.
La seconde raison, de loin la plus préoccupante, est le risque que le virus H5N1 puisse, s'il en a l'occasion, acquérir les caractéristiques nécessaires pour déclencher une nouvelle pandémie de grippe. Le virus remplit toutes les conditions requises sauf une : la capacité de se transmettre efficacement et durablement d'une personne à l'autre. Si à présent le virus H5N1 est celui qui inquiète le plus, on ne peut écarter complètement la possibilité que d'autres virus grippaux aviaires, connus pour infecter l'homme, puissent être à l'origine d'une pandémie.
Le virus peut améliorer sa transmissibilité interhumaine par deux mécanismes principaux. Le premier est un réassortiment, le matériel génétique étant échangé entre les virus humains et aviaires au cours de la co-infection d’un sujet humain ou d’un porc. Le réassortiment peut aboutir à un virus pandémique pleinement transmissible que révèle une augmentation subite du nombre de cas avec une propagation galopante.
Le second mécanisme est un processus plus progressif de mutation adaptative, la capacité du virus à se fixer aux cellules humaines augmentant au fil des infections successives de sujets humains. Une mutation adaptative s’exprimant dans un premier temps par des groupes restreints de cas humains avec des indices de transmission interhumaine donnerait probablement à la communauté internationale le temps de prendre certaines mesures défensives.
Au cours de la première flambée documentée d'infections humaines par le virus H5N1, qui s'est produite à Hong Kong en 1997, les 18 cas humains ont coïncidé avec une flambée de grippe aviaire hautement pathogène provoquée par un virus quasiment identique dans les élevages de volailles et les marchés d'animaux vivants. Des études approfondies des cas humains ont établi que des contacts directs avec les volailles malades étaient à l'origine des infections. Les études menées sur les membres des familles et les contacts sociaux des patients, les soignants qui se sont occupés d'eux et les personnes chargées de l'abattage des volailles n'ont mis en évidence qu'une propagation interhumaine extrêmement limitée, voire nulle. Les infections humaines ont disparu après la destruction rapide, en trois jours, de toutes les volailles de Hong Kong, soit 1,5 million d'oiseaux selon les estimations. Certains spécialistes pensent que cette mesure drastique aurait permis d'éviter une pandémie de grippe.
A ce jour, tout porte à croire que le contact étroit avec des oiseaux malades ou morts est la principale source d'infection humaine par le virus H5N1. L'homme est particulièrement exposé au risque pendant l'abattage, la plumée, la découpe et la préparation des oiseaux infectés pour leur consommation. Dans quelques rares cas, on pense que la source d'infection est l'exposition des enfants à des déjections de poulets lorsqu'ils ont joué dans des endroits où les volailles sont élevées en liberté. Une autre source d'exposition pourrait être le fait de se baigner dans des nappes d'eau où des carcasses d'oiseaux infectées ont été jetées ou qui pourraient avoir été contaminées par des déjections de canards ou d'autres oiseaux infectés. Dans quelques cas, l'enquête n'a pas pu mettre à jour de source plausible d'infection, ce qui donne à penser qu'il existe encore des facteurs environnementaux inconnus qui entraîneraient une contamination pour un petit nombre de cas. Quelques explications ont été avancées, comme le rôle éventuel d'oiseaux péridomestiques, pigeons par exemple, ou l'utilisation de déjections d'oiseaux non traitées comme engrais.
Pour l'instant, la grippe aviaire H5N1 reste avant tout une maladie des oiseaux et la barrière d'espèce reste un obstacle important : le virus ne la franchit pas facilement pour infecter l'homme. Malgré l'infection de dizaines de millions de volailles sur de vastes zones géographiques depuis la mi-2003, on a confirmé moins de 200 cas humains en laboratoire. Sans que l'on sache bien pourquoi, la plupart des cas se sont produits dans des foyers ruraux ou périurbains ayant de petites basses cours. Toujours pour des raisons inconnues, on a enregistré très peu de cas dans les groupes présumés à haut risque : éleveurs de volailles, personnes travaillant dans des marchés d'oiseaux vivants, personnes chargées de l'abattage, vétérinaires, personnel soignant s'occupant des patients sans l'équipement de protection adéquat. On reste également perplexe devant la concentration inexpliquée de cas chez l'enfant ou le jeune adulte en bonne santé jusque-là. Il faut d'urgence conduire des recherches pour mieux définir les circonstances des expositions, les comportements et peut-être les facteurs génétiques ou immunologiques susceptibles de renforcer la probabilité de l'infection humaine.
Evaluation des cas possibles. Les investigations menées pour les cas humains confirmés le plus récemment, en Chine, en Indonésie et en Turquie, ont établi que le contact direct avec des oiseaux infectés était la source d'exposition la plus probable. Pendant l'évaluation des cas possibles, la suspicion clinique sera de mise en présence de sujets qui présentent un syndrome grippal, notamment de la fièvre et des symptômes d'atteinte des voies respiratoires inférieures, et qui ont des antécédents de contact étroit avec des oiseaux dans une zone où l'on a confirmé des flambées de grippe aviaire H5N1 hautement pathogène. L'exposition à un environnement contaminé par des déjections d'oiseaux infectés est la deuxième source d'infection chez l'homme, mais elle est moins courante. A ce jour, tous les cas humains ne se sont pas produits à la suite d'une exposition à des oiseaux domestiques morts ou visiblement malades. Les études publiées en 2005 ont montré que les canards domestiques peuvent excréter de grandes quantités de virus hautement pathogène sans présenter le moindre signe de maladie. Des antécédents de consommation de volailles dans un pays affecté ne constituent pas un facteur de risque, dans la mesure où la nourriture a été soigneusement cuite et si le sujet n'a pas participé à la préparation du repas. Aucun cas de transmission interhumaine efficace n'ayant pu être établi à ce jour dans quelque endroit que ce soit, le fait de se rendre simplement dans un pays où l'on observe des flambées aviaires et des cas humains sporadiques n'expose pas le voyageur à un risque accru d'infection, dans la mesure où il ne va pas visiter des marchés de volailles vivantes, des élevages ou d'autres environnements dans lesquels il pourrait être exposé à des oiseaux malades.
Tableau clinique. Chez de nombreux patients, la maladie provoquée par le virus H5N1 évolue de manière étonnamment agressive, avec une dégradation rapide de l'état clinique, et l'on observe un fort taux de létalité. Comme pour la plupart des maladies émergentes, on comprend mal la grippe H5N1 chez l'homme. Les données cliniques provenant des cas de 1997 et ceux de la flambée actuelle permettent de commencer à discerner le tableau clinique, mais il reste encore beaucoup à apprendre. De plus, le tableau actuel pourrait encore changer, compte tenu de la propension de ce virus à muter rapidement et de manière imprévisible.
La durée d'incubation de la grippe aviaire H5N1 pourrait être plus longue que pour la grippe saisonnière normale, de 2 à 3 jours environ. Les données actuelles indiquent qu'elle se situe entre 2 à 8 jours et peut même atteindre éventuellement 17 jours. Toutefois, les possibilités d'expositions multiples au virus font qu'il est difficile de l'établir avec précision. L'OMS recommande actuellement de partir du principe d'une durée d'incubation de 7 jours pour les investigations sur le terrain et le suivi des sujets contacts.
Les symptômes initiaux comportent une forte fièvre, normalement au-dessus de 38 °C, et un syndrome grippal. On a également signalé dans les symptômes précoces des diarrhées, des vomissements, des douleurs abdominales, thoraciques et des saignements du nez et des gencives pour certains patients. La diarrhée aqueuse sans présence de sang semble être plus courante avec la grippe aviaire H5N1 qu'avec la grippe saisonnière normale. La gamme des symptômes cliniques pourrait toutefois être plus large et certains patients confirmés n'ont pas présenté de symptômes respiratoires. Pour deux patients du sud du Viet Nam, le diagnostic clinique a été une encéphalite aiguë et aucun d'eux ne présentait de symptômes respiratoires. Dans un autre cas, en Thaïlande, le patient avait de la fièvre et de la diarrhée, mais pas de symptômes respiratoires. Tous trois avaient des antécédents récents d'exposition directe à des volailles infectées.
Un trait observé chez de nombreux patients est le développement au début de la maladie de manifestations concernant les voies respiratoires inférieures. De nombreux sujets présentent des symptômes d'atteintes de l'arbre respiratoire inférieur lorsqu'ils consultent pour la première fois. D'après ce que l'on sait actuellement, les difficultés respiratoires apparaissent environ cinq jours après les premiers symptômes. On observe fréquemment une détresse respiratoire, une raucité de la voix et des craquements à l'inspiration. La production d'expectorations est variable. Elles sont parfois teintées de sang. On a observé plus récemment, en Turquie, des sécrétions teintées de sang. Presque tous les patients ont développé une pneumonie. Au cours de la flambée de Hong Kong, les patients gravement atteints avaient une pneumonie virale primaire ne réagissant pas aux antibiotiques. Les données limitées sur les patients de la flambée actuelle évoquent la présence d'une pneumonie virale primaire à H5N1, en général sans signe de surinfection bactérienne lorsqu'ils se présentent. Les cliniciens turcs ont également signalé la pneumonie comme l'une des caractéristiques régulières dans les cas graves. Comme ailleurs, ces patients n'ont pas réagi à l'antibiothérapie.
Chez les patients infectés par le virus H5N1, l'état clinique se dégrade rapidement. En Thaïlande, il s'est écoulé environ six jours entre l'apparition de la maladie et le développement d'une détresse respiratoire aiguë, cette période allant de quatre jours au minimum à 13 jours au maximum. Dans les cas graves en Turquie, les cliniciens ont observé une insuffisance respiratoire dans les 3 à 5 jours suivant l'apparition des symptômes. La défaillance multiorganique est une autre caractéristique commune. Au laboratoire, les anomalies couramment observées sont les suivantes : leucopénie (lymphopénie principalement), thrombopénie faible à modérée, élévation des aminotransférases et, dans certains cas, coagulation intravasculaire disséminée.
On a quelques raisons de penser que certains antiviraux, en particulier l'oseltamivir (commercialisé sous le nom de Tamiflu) peut réduire la durée de la réplication virale et améliorer les perspectives de survie, dans la mesure où il est administré dans les 48 heures suivant l'apparition des symptômes. Toutefois, avant la flambée en Turquie, on n'avait détecté et donc traité la plupart des patients qu'à un stade tardif et, pour cette raison, on ne dispose que de données limitées sur l'efficacité clinique de l'oseltamivir. Par ailleurs, ce médicament et d'autres antiviraux ont été mis au point pour le traitement et la prévention de la grippe saisonnière, maladie moins grave au cours de laquelle la réplication virale dure moins longtemps. Il faudrait examiner d'urgence la posologie optimale et la durée du traitement à recommander pour la grippe aviaire H5N1, ce qu'a entrepris l'OMS.
Dans les cas suspects, il convient de prescrire le plus vite possible l'oseltamivir (de préférence dans les 48 heures suivant l'apparition des symptômes) pour en optimiser les bienfaits thérapeutiques. Cependant, compte tenu de la mortalité importante que l'on associe actuellement aux infections à H5N1 et de la durée prolongée de la réplication virale, on peut aussi envisager d'administrer ce médicament chez les patients se présentant à un stade plus tardif.
On trouvera sur le site Web du fabricant des informations sur la posologie recommandée actuellement pour l'oseltamivir dans le traitement de la grippe. Pour l'adulte et l'adolescent de plus de 13 ans, elle est de 150 mg par jour en deux prises de 75 mg pendant 5 jours. Ce médicament n'est pas indiqué pour traiter les enfants de moins d'un an.
Comme la réplication virale pourrait être prolongée en cas d'infection à H5N1, les cliniciens devraient envisager une durée du traitement allant de 7 à 10 jours en l'absence de réaction clinique du patient. En cas d'infection sévère par le virus H5N1, ils pourront aussi considérer une augmentation de la dose quotidienne ou de la durée de traitement, en gardant à l'esprit qu'à partir de 300 mg par jour, les effets secondaires augmentent eux aussi. Pour tous les patients traités, il faut envisager de prélever des séries d'échantillons cliniques aux fins d'analyses ultérieures afin de suivre l'évolution de la charge virale, d'évaluer la sensibilité au médicament et les niveaux pharmacologiques. Ces échantillons ne seront prélevés qu'en mettant en œuvre les mesures anti-infectieuses appropriées.
Il arrive que l'absorption du médicament soit perturbée lorsque les patients sont gravement malades ou s'ils présentent des troubles digestifs sévères. Il faut garder cette possibilité à l'esprit lors de leur prise en charge.
Pays où se sont produits des cas humains lors de la flambée actuelle
A ce jour, on a signalé des cas humains dans sept pays, pour la plupart en Asie : Cambodge, Chine, Indonésie, Iraq, Thaïlande, Turquie et Viet Nam. Les premiers patients de la flambée actuelle, notifiés au Viet Nam, ont développé les symptômes en décembre 2003, mais l'infection à virus H5N1 n'a pas été confirmée avant le 11 janvier 2004. La Thaïlande a signalé ses premiers cas le 23 janvier 2004. Le Cambodge a notifié son premier cas le 2 février 2005. Le pays suivant a été l'Indonésie, qui a confirmé l'infection pour la première fois le 21 juillet. Les deux premiers cas chinois ont été annoncés le 16 novembre 2005. La confirmation des premiers cas en Turquie s'est produite le 5 janvier 2006, à la suite de quoi le premier cas en Iraq a été notifié le 30 janvier 2006. Tous les cas humains ont coïncidé avec des flambées de grippe aviaire H5N1 hautement pathogène dans les populations de volailles. Avec plus de 90 cas, le Viet Nam reste à ce jour le pays le plus touché.
Globalement, plus de la moitié des cas confirmés en laboratoire ont été mortels. La grippe aviaire H5N1 reste une maladie rare chez l'homme, mais elle doit être surveillée et étudiée avec attention en raison de sa gravité et, plus particulièrement, du potentiel du virus pour évoluer d'une manière qui lui permettrait de déclencher une pandémie.

Pour de plus amples informations, veuillez prendre contact avec le Centre des Médias de l'OMS, tél. : (+41 22) 791 2222, courriel : mediainquiries@who.int. Tous les communiqués de presse, aide-mémoire et articles de fond OMS, ainsi que d'autres informations sur le sujet, sont disponibles sur Internet à partir de la pae d'accueil de l'OMS : http://www.who.int/


CHI MANGIA POLLO NON RISCHIA L’AVIARIA

Malgrado le continue rassicurazioni da parte delle autorità sanitarie, le recenti notizie arrivate dalla Turchia hanno contribuito a incrementare il timore di ripercussioni nel nostro Paese. Un allarmismo attualmente ancora del tutto ingiustificato che trae origine soprattutto da un modo errato di interpretare le informazioni da parte dei consumatori. Per chiarire ogni dubbio su come si trasmette questa terribile malattia abbiamo nuovamente interpellato il dottor Giovanni Pietro Pirola del Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale (IAOA)dell’ASL Città di Milano, al quale fa capo anche il Mercato Avicunicolo all'ingrosso di via Lombroso a Milano (il più importante mercato all'ingrosso in Italia e uno dei tre principali in Europa).

COM’E’ LA SITUAZIONE IN ITALIA PER QUANTO RIGUARDA L’AVIARIA?
Al momento il territorio italiano è esente da questo problema e per ora nulla lascia presagire che l’influenza aviaria possa propagarsi.

IL VIRUS SI PUO’ TRASMETTERE MANGIANDO LA CARNE DI POLLO?
E’ impossibile mangiando la carne cotta perché si tratta di un microrganismo sensibile all’azione del calore. In base ad accurati studi effettuati si è potuto stabilire che con la cottura avviene l’assoluta, completa distruzione di ogni forma batteriologica e delle eventuali particelle virali presenti nella carne del pollo. Difatti in padella e casseruola la temperatura di cottura supera i 70°C arrivando normalmente a 100°C e più, e in forno raggiunge addirittura i 180-200°C. Anche un'accurata cottura al microonde (massima potenza, per almeno 10 minuti, su prodotto in porzioni ), sebbene inusuale per cucinare il pollo, è comunque in grado di distruggere i microrganismi eventualmente presenti.

COME HANNO POTUTO CONTAGIARSI LE VITTIME DELL’AVIARIA?
Soltanto perché hanno avuto un rapporto diretto con il pollame vivo, cioè lo hanno acquistato, accudito, macellato.

ALLORA POTREBBE SUCCEDERE ANCHE AI NOSTRI ALLEVATORI
E’ una possibilità del tutto remota poiché bisogna tenere conto delle condizioni igieniche in cui questi polli vengono allevati. Come avevamo già puntualizzato nella precedente intervista, in Turchia e nei Paesi dove ci sono state vittime del contagio si hanno situazioni rurali dove le condizioni igieniche sono del tutto precarie, con i pollai che sono spesso quasi un proseguimento dell’abitazione. Va inoltre sottolineato che da noi l’allevamento dei polli è quasi interamente industrializzato quindi con assolute garanzie igieniche e sanitarie.

ESISTONO COMUNQUE ANCHE DA NOI DEI PICCOLI ALLEVATORI. POSSONO ESSERE PERICOLOSI?
No di certo e per due ragioni. La prima è, come già detto, quella delle condizioni igieniche che non sono certo paragonabili a quelle disastrose presenti in alcune parti dei Paesi dell’Est Asiatico, nemmeno nel paesino italiano più sperduto. La seconda è la strettissima sorveglianza sanitaria che viene effettuata a livello regionale e nazionale secondo un piano organizzato di vigilanza ed anche tramite periodici prelievi sierologici sul pollame e su altri animali «sentinella« in base all’esito dei quali saremmo in grado di individuare e quindi di adottare le necessarie contromisure per bloccare immediatamente qualsiasi presenza di malattia nei nostri allevamenti.


A questo punto il consumatore deve sentirsi tranquillo per quanto riguarda il consumo della carne di pollo che, in ogni caso, conservata in modo adeguato in frigorifero o nel congelatore e poi cotta in casseruola o in forno non può dare nessun problema ma anzi fornisce validi elementi nutrizionali.

Enza Bettelli
25 gennaio 2006


AVIARIA IN ITALIA: IL PERICOLO CHE NON C'E'

Le notizie che arrivano dall'Est non sono tranquillizzanti ma non dovrebbero preoccuparci più di tanto poiché, se esaminate con la giusta obiettività e senza gravarle di inutile allarmismo, possiamo comprendere come questo pericolo sia davvero remoto per l'Italia e i Paesi CEE. Innanzitutto dobbiamo prendere in considerazione le condizioni igieniche di tutta l'area asiatica, nemmeno lontamente paragonabili a quelle dei Paesi occidentali dove sicuramente a nessun allevatore verrebbe in mente di dormire sulle gabbie dei polli per scongiurare eventuali furti né i consumatori mangerebbero del pollo crudo. I controlli in Italia sono rigidissimi, come richiesto dalla CEE, e questo non solo da adesso ma da almeno una decina di anni e garantiscono quindi una prevenzione più che efficace e collaudata. Come può tuttavia il consumatore capire come funziona la regolamentazione sanitaria in atto nel nostro Paese? Abbiamo a questo proposito posto alcune domande al dottor Gianpietro Pirola del Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale (IAOA) al quale fa capo anche il Mercato Avicunicolo all'ingrosso di via Lombroso a Milano (il più importante mercato all'ingrosso in Italia e uno dei tre principali in Europa) il quale ci ha cortesemente ed esaurientemente risposto.

QUANDO VENGONO EFFETTUATI I CONTROLLI SUI PRODOTTI AVICOLI IN VENDITA IN ITALIA?
Questi controlli sono effettuati su allevamenti nazionali, prodotti importati e commercializzazione.

IN CHE MODO SI PROCEDE NEI CONTROLLI PER IL PRODOTTO ESTERO?
Gli animali vivi e le uova da cova esteri vengono importati solo da Paesi "sicuri", esenti da episodi infettivi diffusi e una volta varcato il confine, polli, tacchini e altri animali vivi vengono comunque messi in una sorta di quarantena prima di essere integrati in allevamento. E' vietata l'importazione dall'Est Asiatico e dai Paesi della ex Jugoslavia dove potrebbe esistere un potenziale rischio di infezioni, in particolare da parte del temuto ceppo di virus influenzale H5 N1.

E GLI ALLEVAMENTI ITALIANI?
Il primo controllo obbligatorio per legge è fatto dall'azienda produttrice che è inoltre tenuta a comunicare immediatamente alle ASL di competenza eventuali problemi sanitari. Le ASL a loro volta hanno un servizio dedicato (Sanità Animale) che si occupa della vigilanza e del controllo a cadenze fisse, al presente ancora più frequente. In più, in questo periodo di potenziale rischio, le ASL provvedono a esami campione sierologici sui volatili, anche se questi appaiono sani, per controllare che non vi sia positività per i virus influenzali. Si tratta quindi di una accurata vigilanza attiva preventiva.

COME AVVIENE LA MACELLAZIONE?
Prima di essere avviati al macello i volatili subiscono un ulteriore controllo da parte del veterinario ASL. Un veterinario ASL è presente in modo continuativo anche durante lo svolgersi della macellazione vera e propria. Va inoltre ricordato che i volatili immessi nel circuito commerciale possono essere macellati solo presso macelli CEE. Sfuggono solo quelli degli allevamenti rurali che possono procedere a macellare piccoli quantitativi di animali sostanzialmente per il fabbisogno familiare.

COME VENGONO AVVIATI I VOLATILI ALLA COMMERCIALIZZAZIONE?
Sui singoli polli o sulle cassette sigillate vengono apposte delle informazioni molto particolareggiate, e questo almeno dal 1982 con il dpr 503 (e successivi aggiornamenti) con il quale vengono fissati rigorosi principi per la macellazione, etichettatura e commercializzazione delle carni e del pollame, anche se il consumatore spesso non ci fa caso. Tra le informazioni base:
- Il bollo CEE con la sigla del Paese di origine, il numero del macello e la sigla CEE
- Il tipo di prodotto (pollo tradizionale, eviscerato, busto, cosce, eccetera)
- La categoria (A o B)
- La temperatura di conservazione
- Il lotto di produzione
- La data di scadenza nel caso di prodotti preconfezionati
In più, a partire dal 18 ottobre 2005, è divenuto obbligatorio indicare anche:
- La sigla dell'allevamento di provenienza
- Le sigle di tutte le province italiane in cui è stata eventualmente effettuata una lavorazione
- Il nome per esteso del Paese di provenienza nel caso di prodotti importati
Siamo quindi più che protetti e tutelati e le norme e le informazioni sono così tante che, per assurdo, il consumatore non riesce a coglierle. Eventuali problemi possono quindi sorgere solo se la conservazione e la cottura del pollame vengono fatte in modo sbagliato e sarebbero quindi da imputare al consumatore stesso ma, lo si ribadisce, per quanto concerne il rischio da virus aviario influenzale in Italia, per il momento, il problema per il consumatore non esiste affatto.

E LE UOVA?
Il rigore dei controlli per le galline ovaiole è ovviamente lo stesso, ma per le uova l'allarmismo è ancora meno giustificato perché il primo sintomo per i polli infetti da virus influenzale è proprio il blocco della ovodeposizione! E' quindi praticamente impossibile mangiare uova infette.

Enza Bettelli
Consigliere A.S.A.





GLOBAL MEETING TO DEVELOP COMMON APPROACH ON AVIAN INFLUENZA AND HUMAN PANDEMIC INFLUENZA

Geneva: The H5N1 avian influenza virus is firmly established among animals in Asia and has begun to extend its reach into Europe. From 7-9 November, more than 400 animal and human health experts, senior policy makers, economists and industry representatives will gather in Geneva to work towards a strategy to control the virus in domestic animals and prepare for a potential human influenza pandemic.

The disease in animals caused by the H5N1 influenza virus has resulted in the culling of at least 150 million birds in the last two years. H5N1 remains for the moment an animal disease, but the World Health Organization (WHO) has warned that H5N1 is a virus that has the potential to ignite a human influenza pandemic.

While no one can predict the timing or severity of the next influenza pandemic, governments around the world are taking the threat seriously. A series of international meetings held over the last ten weeks will culminate in the Geneva meeting. The meeting is co-organized by WHO, the Food and Agriculture Organisation (FAO), the World Organisation for Animal Health (OIE) and the World Bank. The goal of the meeting is to work towards a strategy for controlling the disease in animals while simultaneously preparing for a potential human pandemic.

"This virus is very treacherous," says Dr Margaret Chan, Representative of the WHO Director-General for Pandemic Influenza. "While we cannot predict when or if the H5N1 virus might spark a pandemic, we cannot ignore the warning signs." Because influenza pandemics have typically caused enormous social and economic disruption, WHO is advising its member states to develop national strategies to cope with such a public health emergency, as well as coordinating with international partners to develop a comprehensive response.

The Geneva meeting will first consider how to contain the H5N1 virus in birds. "There is still a window of opportunity for substantially reducing the risk of a human pandemic evolving from H5N1 by controlling the virus at its source, in animals," says Joseph Domenech, FAO Chief Veterinary Officer. As the FAO expects avian influenza to reach the Middle East and Africa in the near future, it is essential that the global community and affected countries mobilize more resources to combat the virus, which is thought to be spread in part by migratory birds, before it becomes embedded in new regions.

Strengthening disease surveillance systems worldwide will also be high on the agenda at the Geneva meeting. Early detection and rapid response mechanisms are essential to tracking the evolution of the H5N1 virus. Therefore, delegates will also discuss ways to strengthen veterinary and human health services so that any H5N1 cases--in animals or humans--will be identified quickly. "This is crucial for the prevention of any future global crisis associated with emerging animal diseases potentially transmissible to humans," says Dr Bernard Vallat, Director-General of the World Organisation for Animal Health (OIE).

At the same time that animal control efforts are to be intensified, several critical issues related to potential human disease remain to be addressed. Meetings in the last several months have identified several key pandemic preparedness issues. For example, many countries are concerned about the lack of access to antiviral medicines and the antiquated production methods for human influenza vaccines. Communication with the public is also a critical issue. These and other topics will be on the agenda for the Geneva meeting.

The meeting comes after a recent gathering of experts in Geneva (2-3 November) to discuss the development of pandemic influenza vaccines. At present, at least ten vaccine developers in about as many countries are carrying out demonstration projects to develop and evaluate vaccines primarily against the H5N1 subtype. Participants expressed the need for continued sharing of technical information, strengthened international coordination of work related to pandemic influenza vaccines so as to avoid duplication of efforts, support to vaccine research initiatives in developing countries and integrating the science into the public health context.

"It's impossible to exaggerate how important pandemic preparedness is, and how dire the consequences would be for the entire world if some of the worst-case scenarios for a human influenza pandemic were to unfold," says James Adams, the World Bank's Vice-President for Operations Policy and Country Services, and head of the Bank's avian flu taskforce. The Geneva meeting will provide an opportunity for all international partners to mobilize the country commitment and financial resources needed to manage this global threat.

"For the first time in human history, we have a chance to prepare ourselves for a pandemic before it arrives," says Dr Chan. "It is incumbent upon the global community to act now.‰


For more information please contact Dick Thompson, Communications Officer, Communicable Diseases, Tel: +41 22 791 2684, mobile: +41 79 475 5475, email: thompsond@who.int or Iain Simpson, Communications Officer, Office of the Director-General, WHO, Tel: +41 22 791 3215, mobile: +41 79 475 5534, email: simpsoni@who.int


Communiqué conjoint OMS/FAO/OIE/BANQUE MONDIALE/58

9 novembre 2005

LES PARTICIPANTS A LA REUNION MONDIALE SUR LA GRIPPE FIXENT LES MESURES ESSENTIELLES ET CONVIENNENT DE LA NECESSITE DE MOBILISER d'urgence DES FONDS

Genève - Les participants à une réunion mondiale ont arrêté les principaux éléments d'un plan d'action mondial de lutte contre la grippe aviaire chez l'animal, simultanément destiné à réduire la menace d'une pandémie de grippe humaine.

Plus de 600 délégués d'une centaine de pays sont convenus de la nécessité de mobiliser d'urgence des ressources financières et autres pour les pays déjà touchés par la grippe aviaire ainsi que pour les pays les plus exposés, et de reconnaître et de combattre une pandémie humaine dès qu'elle se déclare.

En conclusion à cette réunion historique, le Dr LEE Jong-wook, Directeur général de l'Organisation mondiale de la Santé (OMS), a déclaré : « Le monde entier reconnaît qu'il s'agit là d'un défi majeur pour la santé publique. L'OMS est prête à déployer ses ressources pour réduire le risque de pandémie humaine. Nous devons maintenant tester les plans que nous avons élaborés. Lorsqu'apparaîtra un virus pandémique, il sera trop tard. »

Les spécialistes et les hauts responsables ont énoncé une série de mesures à prendre face à la menace du virus grippal H5N1 qui circule actuellement chez les animaux en Asie et qui a été identifié dans certaines parties de l'Europe :

Lutte à la source chez les oiseaux
Améliorer les services vétérinaires, les plans de préparation aux situations d'urgence et les campagnes de lutte, et notamment l'abattage, la vaccination et les compensations.
Aider les pays à combattre la grippe aviaire chez les animaux.

Surveillance
Renforcer les systèmes de dépistage précoce et de riposte rapide pour la grippe humaine et animale.
Renforcer les capacités de laboratoire.

Endiguement rapide
Fournir un soutien et une formation pour l'examen des cas et des groupes de cas chez l'homme et l'animal, et planifier et tester les activités d'endiguement rapide.

Préparation à une pandémie
Elaborer et tester des plans nationaux de préparation à une pandémie, procéder à un exercice mondial de riposte à une pandémie, renforcer les capacités des systèmes de santé, former les cliniciens et les administrateurs des services de santé.

Plans de pays intégrés
Elaborer des plans nationaux intégrés associant tous les secteurs pour la fourniture d'un soutien technique et financier coordonné.

Communication
A l'appui de tout ce qui précède, une communication factuelle et transparente, en particulier sur les risques, est essentielle.

Le Dr David Nabarro, Coordonnateur principal du système des Nations Unies pour la grippe aviaire et humaine, a déclaré : « Nous devons utiliser au mieux tous nos atouts et toutes nos compétences, éviter les doubles emplois, partager notre savoir, tirer la leçon de notre expérience et affiner nos méthodes de travail. Nous devons avant tout soutenir les mécanismes qui existent dans les pays et proposer des plans et des programmes intégrés communs et des activités de suivi à l'échelle mondiale. »

La réunion a porté sur les principaux besoins financiers des pays à court, moyen et long terme. Selon une analyse présentée par la Banque mondiale, les besoins des pays touchés pourraient atteindre US$ 1 milliard au cours de ces trois prochaines années. Ce chiffre n'inclut pas le financement de la mise au point de vaccins destinés à l'homme ou à l'animal, des antiviraux ni des compensations aux éleveurs pour la perte de revenu consécutive à l'abattage des animaux.

Le Dr Louise Fresco, Sous-Directeur général de l'Organisation des Nations Unies pour l'alimentation et l'agriculture (FAO), a déclaré : » De nombreux pays où la maladie est endémique ont déjà pris des mesures mais ils sont dépassés par la situation et ont besoin d'une aide d'urgence. C'est en luttant contre la maladie chez l'animal que nous parviendrons à réduire la menace d'une pandémie humaine. Nous savons que la maladie est propagée par les oiseaux sauvages mais nous devons approfondir les recherches pour bien comprendre leur rôle. »

Les participants ont approuvé un appel en faveur de la mobilisation d'urgence de US$ 35 millions pour financer les mesures prioritaires de l'OMS, de la FAO et le l'Organisation mondiale de la santé animale (OIE) pendant ces six prochains mois. Des ressources doivent en outre être recueillies d'urgence pour financer les activités de surveillance, de lutte et de préparation dans les pays.

Le Dr Bernard Vallat, Directeur général de l'OIE, a déclaré : « Nous devons maintenant nous atteler en priorité aux besoins urgents de ces six prochains mois. Pour l'OIE et la FAO, les priorités sont l'évaluation et le renforcement des services vétérinaires, des capacités de laboratoire et de surveillance des pays touchés et des pays les plus exposés. Nous devons également soutenir le réseau de lutte contre la grippe aviaire pour ce qui est des capacités en matière de diagnostic et de l'échange d'isolements avec l'OMS. Souvenez-vous qu'il s'agit d'un bien public international. »

Il est indispensable de réduire le risque d'exposition humaine au virus H5N1 et le risque ultérieur de l'émergence d'un nouveau virus pandémique. L'OMS a besoin, d'urgence, de moyens pour aider les pays à améliorer les systèmes de surveillance essentiels et à renforcer les systèmes d'alerte précoce, et les capacités en matière de communication. « Le temps nous est compté, » a déclaré Le Dr Margaret Chan, Représentant du Directeur général de l'OMS pour la grippe pandémique. « Nous devons agir sans délai pour nous donner le maximum de chances de contenir une pandémie. »

« Dès l'instant où davantage de régions ou de pays seront touchés par des flambées animales ou une transmission interhumaine, les besoins financiers exploseront, » a déclaré James Adams, Vice-Président pour la politique opérationnelle de la Banque mondiale, et Chef du groupe spécial de la Banque pour la grippe aviaire. « A l'issue de nos travaux de ces trois derniers jours ici à Genève, nous disposons d'un solide plan d'action que nous pourrons présenter à la conférence des donateurs mi-janvier à Beijing. »

Pour de plus amples informations, prière de s'adresser, à l'OMS, à : Dick Thompson, Tél. : +41 22 791 2684, Mél : thompsond@who.int; à l'OIE, à Maria Zampaglione : +33 6 1646 2890 ; Mél : m.zampaglione@oie.int; à la Banque mondiale, à Philip Hay : +1 202 409 2909 ; Mél : phay@worldbank.org; é la FAO, à Erwin Northoff : +39 348 25 23 616 ; Mél : erwin.northoff@fao.org.


LE VIRUS H5N1 : FIXER LES PRIORITES POUR COMBATTRE

Avis et invitation aux médias

GENEVE - Une réunion intitulée « Le virus H5N1 : vers une stratégie mondiale » se déroulera au Siège de l'Organisation mondiale de la Santé (OMS), à Genève, du 7 au 9 novembre. Ces dernières semaines, plusieurs réunions, missions sur le terrain et conférences aux niveaux national et régional ont permis de mieux cerner le problème posé par le virus H5N1 dans de nombreuses parties du monde. Cette réunion replacera ces divers éléments dans un contexte mondial pour permettre une évaluation d'ensemble et s'attachera à définir les prochaines mesures à prendre pour combattre la grippe aviaire chez l'animal et améliorer les efforts pour faire face à l'éventualité d'une pandémie de grippe humaine.

La réunion sera ouverte à tous les médias accrédités, l'inscription devant se faire auprès du bureau des médias de l'OMS avant le 2 novembre. Le nombre des places étant limité, c'est l'ordre dans lequel se feront les inscriptions qui sera déterminant.

La réunion établira un programme d'action. On précisera les progrès, les lacunes et les mesures inutiles constatés et l'on attribuera les responsabilités concernant l'aide aux pays touchés et aux pays à risque. La réunion définira aussi les besoins techniques et financiers de la lutte contre le virus H5N1 et établira une liste de priorités.

Des représentants des Etats Membres, d'ONG et d'autres parties intéressées participeront à la réunion. Il s'agira d'examiner la double stratégie qui vise à combattre la grippe aviaire à la source chez l'animal tout en se préparant à faire face à la grippe pandémique.

La réunion est organisée par l'OMS, l'Organisation des Nations Unies pour l'Alimentation et l'Agriculture (FAO), l'Organisation mondiale de la Santé animale (OIE) et la Banque mondiale.

Pour s'inscrire, envoyer un courriel à munzingerj@who.int en indiquant ses coordonnées (nom, fonction, affiliation, numéros de téléphone et adresse électronique). Une télécopie de l'accréditation et d'une carte d'identité doit également être envoyée au numéro de fax (+41 22) 791 4858.

Pour plus de renseignements, s'adresser à Dick Thompson, Bureau de la communication, Maladies transmissibles, OMS ( +41 22 791 2684, ou thompsond@who.int), Erwin Northoff, Bureau des médias, FAO (+39 06 5705 3105, Erwin.northoff@fao.org), Maria Zampaglione, OIE, Département de la Communication (+33 1 44 15 18 51, m.zampaglione@oie.int) ou Phillip Hay, Banque mondiale (+1 202 473 1796 phay@worldbank.org).


LES VOLAILLES ET LES ŒUFS BIEN CUITS NE PRESENTENT AUCUN RISQUE DE GRIPPE AVIAIRE POUR LE CONSOMMATEUR

La FAO et l’OMS insistent sur les bonnes pratiques d’hygiène dans la préparation des volailles

Genève, 5 decembre 2005 – Le poulet et les autres volailles peuvent être consommés sans danger à condition d’être bien cuits. C’est ce qui ressort d’une déclaration commune de l’Organisation des Nations Unies pour l’Alimentation et l’Agriculture (FAO) et de l’Organisation mondiale de la Santé (OMS) destinée aux autorités nationales chargées de la sécurité sanitaire des aliments. Aucun oiseau provenant d’un élevage touché par la maladie ne doit toutefois pénétrer dans la chaîne alimentaire.

La déclaration de la FAO et de l’OMS vise à clarifier les questions de sécurité sanitaire des aliments face à la crise actuelle de la grippe aviaire. La déclaration publiée par le Réseau international des autorités de sécurité sanitaire des aliments (INFOSAN) est disponible dans les six langues officielles sur le Web (http://www.who.int/foodsafety/fs_management/infosan_archives/en/index.html)

Dans les zones exemptes de flambées de grippe aviaire chez les volailles, il n’existe aucun risque que le consommateur soit exposé au virus par la manipulation ou la consommation de volailles ou de produits de volailles.

La cuisson des volailles (telles que poulets, canards, oies, dindes ou pintades) à 70°C ou davantage dans toutes les parties du produit de façon à ce qu’aucune partie de la chair ne reste crue ou rouge est un moyen sûr de tuer le virus H5N1 dans les zones touchées par les flambées chez les volailles. Ainsi aucun virus actif ne subsiste si l’oiseau vivant a été infecté et a pénétré par inadvertance dans la chaîne alimentaire. A ce jour on ne dispose d'aucune preuve épidémiologique de la contamination d'êtres humains suite à la consommation de viande de volaille infectée par le virus mais bien cuite.

Volailles

Sur la base des informations actuellement disponibles il apparaît qu’un grand nombre de cas humains confirmés ont été infectés par le virus H5N1 pendant l’abattage à domicile et les manipulations d’oiseaux malades ou morts avant la cuisson. La FAO et l’OMS soulignent que lors de l’abattage et de la préparation d’un oiseau vivant, c’est l’abattage lui-même qui pose le plus grand risque pour la transmission du virus de l’oiseau infecté ou malade à l’homme.

La plupart des souches du virus de la grippe aviaire se trouvent principalement dans les voies respiratoires et dans le tractus gastro-intestinal des oiseaux contaminés, et non dans la viande de ces volatiles. Toutefois, des virus hautement pathogènes comme la souche H5N1 se propagent à pratiquement toutes les parties d’un oiseau contaminé, y compris la viande. Le fait de bien cuire la volaille à une température supérieure ou égale à 70°C dans toutes les parties du produit inactive le virus.

Lorsqu’un oiseau malade est abattu, plumé et éviscéré, les virus peuvent être transmis à l’homme par contact direct. Les volailles infectées excrètent le virus dans leurs secrétions et dans les matières fécales. L’exposition peut également survenir par inhalation de poussière et éventuellement au contact de surfaces contaminées par le virus.

Dans les zones où la commercialisation d’oiseaux vivants est courante, l’abattage, le plumage et l’éviscération à domicile accroissent l’exposition à des parties potentiellement contaminées d’un poulet. Ces pratiques entraînent donc un risque significatif d’infection dans les zones exposées à des flambées chez les volailles.

Il n’est pas toujours possible d’établir une différence entre les oiseaux infectés et non infectés dans les zones touchées. Certaines espèces telles que les canards domestiques peuvent être porteurs du virus tout en restant asymptomatiques. Il faut donc être pleinement informé des mesures préventives, et notamment utiliser du matériel de protection. Selon la FAO et l’OMS, il faut mettre fin à la pratique de l’abattage et de la consommation d’oiseaux infectés, déjà malades ou morts. Ces oiseaux ne doivent pas davantage être utilisés pour nourrir d'autres animaux.

Même dans les zones ou les pays actuellement confrontés à des flambées, la probabilité de volailles infectées parvenant jusqu'à une chaîne industrialisée d’abattage et de transformation ou à la commercialisation et à une manipulation par le consommateur ou l'employé d'un restaurant est considérée comme très faible par la FAO et l’OMS. Les bonnes pratiques d’hygiène pendant la préparation et la cuisson des volailles à des températures de 70°C ou plus contribuent également à la sécurité de la viande cuite de volaille.

La vaccination des volailles domestiques est considérée comme un instrument utile dans le cadre d’une stratégie intégrée globale de lutte contre la grippe aviaire à virus hautement pathogène. Elle doit être menée conformément aux normes et aux procédures en vigueur pour la vaccination. Avec des programmes de surveillance appropriés en place, les volailles vaccinées peuvent pénétrer dans la chaîne alimentaire sans présenter de risque particulier pour le consommateur.

Œufs

On peut trouver le virus de la grippe aviaire à virus H5N1 hautement pathogène à l’intérieur ou à la surface des œufs pondus par des oiseaux contaminés. Bien que les oiseaux malades s’arrêtent normalement de pondre, les oeufs pondus pendant la phase précoce de la maladie pourraient renfermer des virus dans le jaune ou le blanc, ou encore à la surface de la coquille.

Une cuisson appropriée permet d’inactiver le virus présent à l’intérieur des œufs. Les protocoles de pasteurisation appliqués par l’industrie pour les produits liquides à base d’oeufs produiront également une inactivation efficace du virus.

Les œufs en provenance de zones touchées par des flambées épidémiques chez les volailles ne doivent pas être consommés crus ou partiellement crus (jaune encore liquide). Jusqu’ici il n’existe pas de preuve épidémiologique laissant supposer que des êtres humains ont pu contracter la grippe aviaire en consommant des oeufs ou des produits à base d’oeufs.

Bonnes pratiques d’hygiène recommandées pour réduire l’exposition au virus dans les zones touchées par des flambées chez les volailles

1. Veiller à ce qu'aucun oiseau provenant d’un élevage touché par la maladie ne pénètre dans la chaîne alimentaire.

2. S’abstenir de consommer des morceaux de volailles crus, y compris du sang cru, ou des oeufs crus dans des zones touchées par des flambées chez les volailles ou en provenance de telles zones.

3. Séparer la viande crue des aliments cuits ou prêts à consommer pour éviter la contamination. Ne pas utiliser la même planche à hacher ou le même couteau pour la viande crue et les autres aliments. Ne pas manipuler des aliments crus, puis les aliments cuits sans se laver les mains entre temps et ne pas remettre la viande cuite dans la même assiette ou sur la même surface qu’avant la cuisson. Ne pas utiliser des oeufs crus ou ni cuits dans des préparations alimentaires qui ne subiront pas de traitement thermique ou de cuisson.

4. Eviter de se salir les mains et se les laver. Après avoir manipulé du poulet ou des oeufs congelés ou décongelés, se laver soigneusement les mains au savon. Laver et désinfecter toutes les surfaces et les ustensiles ayant été en contact avec la viande crue.

5. Procéder à une cuisson complète. Une cuisson complète de la viande de volaille inactive le virus. S’assurer que la viande de volaille atteint une température de 70°C au centre du produit (« température de la braise ») ou qu’aucune partie de la viande n’est rose. Les jaunes d’oeufs ne doivent pas être liquides.

Pour plus de renseignements, s’adresser à Gregory Hartl, Communication, Développement durable et environnement favorable santé, OMS, Genève (tél. : (+41) (0) 22 791 4458; portable : (+41) (0) 79 203 6715; courriel: hartlg@who.int) ou à Erwin Northoff, Coordonnateur de l'information, FAO, Rome ((+39) 06 5705 3105, (+39) 348 25 23 616; courriel : erwin.orthoff@fao.org).

Tous les communiqués de presse, aide-mémoire et articles de fonds ainsi que d’autres informations sur le sujet peuvent être obtenus à la page d’accueil de l’OMS (http://www.who.int/). On trouvera des informations complètes sur la grippe aviaire et les questions de sécurité sanitaire des aliments sur les sites http://www.who.int/foodsafety/micro/avian/en/index.html et http://www.fao.org/ag/againfo/subjects/en/health/diseases-cards/special_avian.html