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IN
PRIMO PIANO
Aviaria
: evitare facili allarmismi
INTERVENTI NEL
SETTORE AVICOLO PIEMONTESE
AVIARIA:
RISCHIO INESISTENTE
AVIAN
INFLUENZA AND FOOD SAFETY: STATEMENT BY DR LEE JONG-WOOK,
WHO DIRECTOR-GENERAL
Aviaria
Inglese
Aviaria
Francese
CHI MANGIA
POLLO NON RISCHIA L’AVIARIA
Aviaria in Italia:
il pericolo che non c'è
Aviaria:
CCM si pronuncia su sicurezza carni e vaccinazioni
GLOBAL
MEETING TO DEVELOP COMMON APPROACH ON AVIAN INFLUENZA AND HUMAN PANDEMIC
INFLUENZA
Communiqué
conjoint OMS/FAO/OIE/BANQUE MONDIALE/58
LE
VIRUS H5N1 : FIXER LES PRIORITES POUR COMBATTRE
LES
VOLAILLES ET LES ŒUFS BIEN CUITS NE PRESENTENT AUCUN RISQUE DE GRIPPE
AVIAIRE POUR LE CONSOMMATEUR
Aviaria: evitare i facili
allarmismi
I recenti casi di influenza aviare riscontrati anche
sul territorio bresciano sono comunque sotto controllo da parte dei
competenti organi sanitari
“Bisogna evitare con attenzione gli allarmismi
ingiustificati, che si riflettono pericolosamente sui consumi e che
già nel passato hanno provocato una grave crisi del settore avicolo
con gravi perdite economiche ed occupazionali” – interviene
a caldo il Presidente di Coldiretti Brescia Ettore Prandini –
a commento della notizia dei tre focolai di influenza aviaria riscontrati
sul territorio bresciano.
“Certo – continua Prandini - non può e non deve essere
abbassata la guardia: comunque il riscontro di questi ultimi casi è
la dimostrazione di come i controlli sanitari in Italia siano seri e
costanti. Le norme sanitarie messe in atto (abbattimento degli animali
dei tre focolai, delimitazione di zone di sorveglianza e di attenzione)
sono esclusivamente di tipo precauzionale e finalizzate a evitare la
diffusione della malattia tra gli animali e vanno lette come un elemento
di tranquillità per il consumatore, che ha la certezza che gli
animali positivi (in questo caso riscontrato il virus H5N3, a bassa
patogenicità) non vengono in alcun modo destinate al consumo.
Questo i consumatori ormai lo sanno e sono consapevoli che acquistando
il prodotto veramente italiano hanno tutte le garanzie”.
“Abbiamo la massima attenzione anche alle sorti degli allevamenti
del comparto: per quelli colpiti direttamente è importante un
celere rimborso dei danni diretti (come già previsto dalla legge
218/88), mentre per gli altri stiamo valutando la portata dei danni
indiretti. Invero, ad oggi, sembrano relativamente ridotti, grazie anche
ad una campagna di informazione che non ha scatenato facili ed inutili
allarmismi”.
“Rimango sempre dell’idea – conclude il Presidente
– che il riuscire a rendere definitivo l'obbligo di indicare in
etichetta l'origine dei polli e dei prodotti derivati (una misura di
trasparenza fortemente voluta dai produttori e dai consumatori) permetterebbe
di superare ancora meglio queste emergenze, come permetterebbe di dare
tranquillità al consumatore ed il giusto riconoscimento alla
qualità e alla salubrità degli animali allevati in Italia.
Per questo il nostro Paese deve respingere al mittente la recente e
irricevibile richiesta della Commissione Europea di cancellare l'obbligo
di indicare in etichetta l'origine dei polli e dei prodotti derivati
entrata in vigore il 17 ottobre 2005, a seguito dell'ordinanza del ministero
della Salute del 26 agosto precedente”
INTERVENTI NEL SETTORE AVICOLO PIEMONTESE
Approvato dalla
Giunta il piano di interventi
La Giunta ha approvato nella seduta del 30 ottobre 2006 il Piano per
gli
interventi nel settore avicolo piemontese definendo le azioni che la
Regione intende attivare per fronteggiare la situazione determinatasi
a
seguito della crisi del mercato avicolo provocata dalla influenza aviaria
,
nel periodo compreso tra il settembre 2005 e l’aprile 2006.
Il Piano adottato dalla Regione si propone di agire a
più livelli e con
una serie di interventi diversificati che prospettino soluzioni sia
di tipo
emergenziale sia di tipo strutturale per arginare la situazione di crisi
che il settore avicolo piemontese sta vivendo e che ha determinato un
pesante crollo dei consumi e dei prezzi.
Le tipologie di intervento riguardano in particolare
i programmi
finalizzati alla realizzazione di intervento per l’abbandono dell’attività
produttiva, gli investimenti per misure di biosicurezza, ivi comprese
le
spese sostenute per misure sanitarie, gli interventi disposti dall’autorità
sanitaria per l’abbattimento degli avicoli in caso di sovraffollamento
delle strutture produttive o di blocco della movimentazione dei capi,
il
consolidamento dell’indebitamento, il salvataggio e la ristrutturazione
delle imprese in difficoltà, l’indennità compensativa
della perdita di
reddito o delle maggiori spese sopportate a causa del verificarsi
dell’evento, per i danni indiretti- prolungamento del vuoto biologico
e
restrizioni sanitarie, per danni indiretti- fermo programmato.
L’attuazione del Piano è subordinata alla decisione della
Commissione
Europea di approvazione della legge 11 marzo 2006 n. 81 e dovrà
adeguarsi
alle disposizioni che saranno emanate dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali e dal Ministero della Salute.
“La grave crisi che ha colpito in particolare il
mercato avicolo piemontese
– afferma l’assessore all'Agricoltura, Mino Taricco - imponeva
l’adozione
di un provvedimento, come quello approvato dalla Giunta, di carattere
generale ma allo stesso tempo alquanto concreto che formula soluzioni
alle
attuali esigenze di un settore che, avendo subito un durissimo contraccolpo
dall’influenza aviaria, deve essere necessariamente supportato
nella
risalita verso un nuovo equilibrio economico e nel ristabilimento delle
condizioni necessarie per operare in piena autonomia“.
AVIARIA: RISCHIO INESISTENTE
Lo ha affermato Giulio Tarro al convegno di Soveria Mannelli, alla
presenza di Abraham Karpas. I relatori invitati poi a cena. Menu? Pollo
in tutte le salse.
SOVERIA MANNELLI (12.3.2006) – “Le possibilità
di infezione nell’uomo dell’influenza aviaria in Italia
sono praticamente inesistenti”. E’ quanto ha affermato Giulio
Tarro, virologo di fama mondiale dell’Ospedale “Cotuogno”
di Napoli, intervenendo a Soveria Mannelli al convegno “Aviaria:il
rischio inventato”, promosso dall’Amministrazione Comunale.
“L’allarme – ha detto Tarro – è del tutto
ingiustificato, in quanto l’infezione riguarda i volatili e che,
ad eccezione di particolari condizionai sociali ed ambientali, non è
trasmissibile all’uomo. Ed in ogni caso non è stata dimostrata
la trasmissione tra uomo e uomo.” In particolare Tarro ha rassicurato
che non vi è alcun pericolo per la salute mangiare carne di pollo,
in quanto è la più sicura e genuina tra quelle presenti
nella Comunità Europea, per gli scrupolosi controlli a cui è
sottoposta in tutte le fasi della catena alimentare. Alla conferenza,
presieduta ed introdotta dal Presidente del Consiglio comunale Mario
Caligiuri, è intervento anche Abraham Karpas dell’Università
di Cambridge, lo studioso che ha isolato in Gran Bretagna per primo
il virus dell’AIDS. Karpas ha tra l’altro riferito anche
il titolo di un articolo apparso sul “Times” che dice “E’
più facile vincere alla lotteria che ammalarsi di aviaria”,
che riporta l’affermazione di Sir David King, responsabile dei
consulenti scientifici del governo di sua maestà britannica.
Caligiuri ha concluso la conferenza anticipando che Giulio Tarro pubblicherà
nella collana editoriale promossa dall’Amministrazione Comunale
“La città delle idee” un volume divulgativo sulla
prevenzione sanitaria con particolare riferimento alle malattie più
ricorrenti nel comune e che verrà poi consegnato a tutte le famiglie.
I relatori sono stati poi invitati a cena. Menù? Ovviamente,
pollo in tutte le salse.
Statement WHO/4
27 February 2006
AVIAN INFLUENZA AND FOOD SAFETY:
STATEMENT BY DR LEE JONG-WOOK,
WHO DIRECTOR-GENERAL
Since the beginning of February 2006, the highly
pathogenic H5N1 avian influenza virus has spread to affect wild or domestic
birds in 17 new countries in Africa, Asia, Europe, and the Middle East.
The World Health Organization reconfirms that, when poultry products
are safely handled and properly cooked, humans are not at risk of acquiring
H5N1 infection through food.
Although the H5N1 virus is highly infectious among poultry, it is not
easily transmissible to humans. Since December 2003, this virus is known
to have infected 173 people, of whom 93 have died. Not one of these
cases has been linked to the consumption of properly cooked poultry
or poultry products.
The main health risk currently is to people who are in close contact
with infected poultry, such as families with backyard flocks and poultry
workers in wet markets or live animal markets.
Heightened surveillance among domestic and wild birds, rapid detection
of the virus, and swift implementation of control measures are important
in supporting and maintaining consumer confidence in the safety of poultry
products.
Globally, the evidence demonstrates that there is no risk of infection
when birds and eggs are well-cooked, as this kills the virus. Poultry
products are important sources of protein throughout the world.
For further information, please refer to the WHO avian influenza website
http://www.who.int/csr/disease/avian_influenza/en/index.html
AVIAN INFLUENZA
Fact Sheet N°298
February 2006
THE DISEASE IN BIRDS
Avian influenza is an infectious disease of birds caused by type A strains
of the influenza virus. The disease occurs worldwide. While all birds
are thought to be susceptible to infection with avian influenza viruses,
many wild bird species carry these viruses with no apparent signs of harm.
Other bird species, including domestic poultry, develop disease when infected
with avian influenza viruses. In poultry, the viruses cause two distinctly
different forms of disease – one common and mild, the other rare
and highly lethal. In the mild form, signs of illness may be expressed
only as ruffled feathers, reduced egg production, or mild effects on the
respiratory system. Outbreaks can be so mild they escape detection unless
regular testing for viruses is in place.
In contrast, the second and far less common highly pathogenic form is
difficult to miss. First identified in Italy in 1878, highly pathogenic
avian influenza is characterized by sudden onset of severe disease, rapid
contagion, and a mortality rate that can approach 100% within 48 hours.
In this form of the disease, the virus not only affects the respiratory
tract, as in the mild form, but also invades multiple organs and tissues.
The resulting massive internal haemorrhaging has earned it the lay name
of “chicken Ebola”.
All 16 HA (haemagluttinin) and 9 NA (neuraminidase) subtypes of influenza
viruses are known to infect wild waterfowl, thus providing an extensive
reservoir of influenza viruses perpetually circulating in bird populations.
In wild birds, routine testing will nearly always find some influenza
viruses. The vast majority of these viruses cause no harm.
To date, all outbreaks of the highly pathogenic form of avian influenza
have been caused by viruses of the H5 and H7 subtypes. Highly pathogenic
viruses possess a tell-tale genetic “trade mark” or signature
– a distinctive set of basic amino acids in the cleavage site of
the HA – that distinguishes them from all other avian influenza
viruses and is associated with their exceptional virulence.
Not all virus strains of the H5 and H7 subtypes are highly pathogenic,
but most are thought to have the potential to become so. Recent research
has shown that H5 and H7 viruses of low pathogenicity can, after circulation
for sometimes short periods in a poultry population, mutate into highly
pathogenic viruses. Considerable circumstantial evidence has long suggested
that wild waterfowl introduce avian influenza viruses, in their low pathogenic
form, to poultry flocks, but do not carry or directly spread highly pathogenic
viruses. This role may, however, have changed very recently: at least
some species of migratory waterfowl are now thought to be carrying the
H5N1 virus in its highly pathogenic form and introducing it to new geographical
areas located along their flight routes.
Apart from being highly contagious among poultry, avian influenza viruses
are readily transmitted from farm to farm by the movement of live birds,
people (especially when shoes and other clothing are contaminated), and
contaminated vehicles, equipment, feed, and cages. Highly pathogenic viruses
can survive for long periods in the environment, especially when temperatures
are low. For example, the highly pathogenic H5N1 virus can survive in
bird faeces for at least 35 days at low temperature (4oC). At a much higher
temperature (37oC), H5N1 viruses have been shown to survive, in faecal
samples, for six days.
For highly pathogenic disease, the most important control measures are
rapid culling of all infected or exposed birds, proper disposal of carcasses,
the quarantining and rigorous disinfection of farms, and the implementation
of strict sanitary, or “biosecurity”, measures. Restrictions
on the movement of live poultry, both within and between countries, are
another important control measure. The logistics of recommended control
measures are most straightforward when applied to large commercial farms,
where birds are housed indoors, usually under strictly controlled sanitary
conditions, in large numbers. Control is far more difficult under poultry
production systems in which most birds are raised in small backyard flocks
scattered throughout rural or periurban areas.
When culling – the first line of defence for containing outbreaks
– fails or proves impracticable, vaccination of poultry in a high-risk
area can be used as a supplementary emergency measure, provided quality-assured
vaccines are used and recommendations from the World Organisation for
Animal Health (OIE) are strictly followed. The use of poor quality vaccines
or vaccines that poorly match the circulating virus strain may accelerate
mutation of the virus. Poor quality animal vaccines may also pose a risk
for human health, as they may allow infected birds to shed virus while
still appearing to be disease-free.
Apart from being difficult to control, outbreaks in backyard flocks are
associated with a heightened risk of human exposure and infection. These
birds usually roam freely as they scavenge for food and often mingle with
wild birds or share water sources with them. Such situations create abundant
opportunities for human exposure to the virus, especially when birds enter
households or are brought into households during adverse weather, or when
they share areas where children play or sleep. Poverty exacerbates the
problem: in situations where a prime source of food and income cannot
be wasted, households frequently consume poultry when deaths or signs
of illness appear in flocks. This practice carries a high risk of exposure
to the virus during slaughtering, defeathering, butchering, and preparation
of poultry meat for cooking, but has proved difficult to change. Moreover,
as deaths of birds in backyard flocks are common, especially under adverse
weather conditions, owners may not interpret deaths or signs of illness
in a flock as a signal of avian influenza and a reason to alert the authorities.
This tendency may help explain why outbreaks in some rural areas have
smouldered undetected for months. The frequent absence of compensation
to farmers for destroyed birds further works against the spontaneous reporting
of outbreaks and may encourage owners to hide their birds during culling
operations.
THE ROLE OF MIGRATORY BIRDS
During 2005, an additional and significant source of international spread
of the virus in birds became apparent for the first time, but remains
poorly understood. Scientists are increasingly convinced that at least
some migratory waterfowl are now carrying the H5N1 virus in its highly
pathogenic form, sometimes over long distances, and introducing the virus
to poultry flocks in areas that lie along their migratory routes. Should
this new role of migratory birds be scientifically confirmed, it will
mark a change in a long-standing stable relationship between the H5N1
virus and its natural wild-bird reservoir.
Evidence supporting this altered role began to emerge in mid-2005 and
has since been strengthened. The die-off of more than 6000 migratory birds,
infected with the highly pathogenic H5N1 virus, that began at the Qinghai
Lake nature reserve in central China in late April 2005, was highly unusual
and probably unprecedented. Prior to that event, wild bird deaths from
highly pathogenic avian influenza viruses were rare, usually occurring
as isolated cases found within the flight distance of a poultry outbreak.
Scientific studies comparing viruses from different outbreaks in birds
have found that viruses from the most recently affected countries, all
of which lie along migratory routes, are almost identical to viruses recovered
from dead migratory birds at Qinghai Lake. Viruses from Turkey’s
first two human cases, which were fatal, were also virtually identical
to viruses from Qinghai Lake.
COUNTRIES AFFECTED BY OUTBREAKS IN BIRDS
The outbreaks of highly pathogenic H5N1 avian influenza that began in
south-east Asia in mid-2003 and have now spread to a few parts of Europe,
are the largest and most severe on record. To date, nine Asian countries
have reported outbreaks (listed in order of reporting): the Republic of
Korea, Viet Nam, Japan, Thailand, Cambodia, the Lao People’s Democratic
Republic, Indonesia, China, and Malaysia. Of these, Japan, the Republic
of Korea, and Malaysia have controlled their outbreaks and are now considered
free of the disease. Elsewhere in Asia, the virus has become endemic in
several of the initially affected countries.
In late July 2005, the virus spread geographically beyond its original
focus in Asia to affect poultry and wild birds in the Russian Federation
and adjacent parts of Kazakhstan. Almost simultaneously, Mongolia reported
detection of the highly pathogenic virus in wild birds. In October 2005,
the virus was reported in Turkey, Romania, and Croatia. In early December
2005, Ukraine reported its first outbreak in domestic birds. Most of these
newer outbreaks were detected and reported quickly. Further spread of
the virus along the migratory routes of wild waterfowl is, however, anticipated.
Moreover, bird migration is a recurring event. Countries that lie along
the flight pathways of birds migrating from central Asia may face a persistent
risk of introduction or re-introduction of the virus to domestic poultry
flocks.
Prior to the present situation, outbreaks of highly pathogenic avian influenza
in poultry were considered rare. Excluding the current outbreaks caused
by the H5N1 virus, only 24 outbreaks of highly pathogenic avian influenza
have been recorded worldwide since 1959. Of these, 14 occurred in the
past decade. The majority have shown limited geographical spread, a few
remained confined to a single farm or flock, and only one spread internationally.
All of the larger outbreaks were costly for the agricultural sector and
difficult to control.
THE DISEASE IN HUMANS
History and epidemiology. Influenza viruses are normally highly species-specific,
meaning that viruses that infect an individual species (humans, certain
species of birds, pigs, horses, and seals) stay “true” to
that species, and only rarely spill over to cause infection in other species.
Since 1959, instances of human infection with an avian influenza virus
have been documented on only 10 occasions. Of the hundreds of strains
of avian influenza A viruses, only four are known to have caused human
infections: H5N1, H7N3, H7N7, and H9N2. In general, human infection with
these viruses has resulted in mild symptoms and very little severe illness,
with one notable exception: the highly pathogenic H5N1 virus.
Of all influenza viruses that circulate in birds, the H5N1 virus is of
greatest present concern for human health for two main reasons. First,
the H5N1 virus has caused by far the greatest number of human cases of
very severe disease and the greatest number of deaths. It has crossed
the species barrier to infect humans on at least three occasions in recent
years: in Hong Kong in 1997 (18 cases with six deaths), in Hong Kong in
2003 (two cases with one death) and in the current outbreaks that began
in December 2003 and were first recognized in January 2004.
A second implication for human health, of far greater concern, is the
risk that the H5N1 virus – if given enough opportunities –
will develop the characteristics it needs to start another influenza pandemic.
The virus has met all prerequisites for the start of a pandemic save one:
an ability to spread efficiently and sustainably among humans. While H5N1
is presently the virus of greatest concern, the possibility that other
avian influenza viruses, known to infect humans, might cause a pandemic
cannot be ruled out.
The virus can improve its transmissibility among humans via two principal
mechanisms. The first is a “reassortment” event, in which
genetic material is exchanged between human and avian viruses during co-infection
of a human or pig. Reassortment could result in a fully transmissible
pandemic virus, announced by a sudden surge of cases with explosive spread.
The second mechanism is a more gradual process of adaptive mutation, whereby
the capability of the virus to bind to human cells increases during subsequent
infections of humans. Adaptive mutation, expressed initially as small
clusters of human cases with some evidence of human-to-human transmission,
would probably give the world some time to take defensive action, if detected
sufficiently early.
During the first documented outbreak of human infections with H5N1, which
occurred in Hong Kong in 1997, the 18 human cases coincided with an outbreak
of highly pathogenic avian influenza, caused by a virtually identical
virus, in poultry farms and live markets. Extensive studies of the human
cases determined that direct contact with diseased poultry was the source
of infection. Studies carried out in family members and social contacts
of patients, health workers engaged in their care, and poultry cullers
found very limited, if any, evidence of spread of the virus from one person
to another. Human infections ceased following the rapid destruction –
within three days – of Hong Kong’s entire poultry population,
estimated at around 1.5 million birds. Some experts believe that that
drastic action may have averted an influenza pandemic.
All evidence to date indicates that close contact with dead or sick birds
is the principal source of human infection with the H5N1 virus. Especially
risky behaviours identified include the slaughtering, defeathering, butchering
and preparation for consumption of infected birds. In a few cases, exposure
to chicken faeces when children played in an area frequented by free-ranging
poultry is thought to have been the source of infection. Swimming in water
bodies where the carcasses of dead infected birds have been discarded
or which may have been contaminated by faeces from infected ducks or other
birds might be another source of exposure. In some cases, investigations
have been unable to identify a plausible exposure source, suggesting that
some as yet unknown environmental factor, involving contamination with
the virus, may be implicated in a small number of cases. Some explanations
that have been put forward include a possible role of peri-domestic birds,
such as pigeons, or the use of untreated bird faeces as fertilizer.
At present, H5N1 avian influenza remains largely a disease of birds. The
species barrier is significant: the virus does not easily cross from birds
to infect humans. Despite the infection of tens of millions of poultry
over large geographical areas since mid-2003, fewer than 200 human cases
have been laboratory confirmed. For unknown reasons, most cases have occurred
in rural and periurban households where small flocks of poultry are kept.
Again for unknown reasons, very few cases have been detected in presumed
high-risk groups, such as commercial poultry workers, workers at live
poultry markets, cullers, veterinarians, and health staff caring for patients
without adequate protective equipment. Also lacking is an explanation
for the puzzling concentration of cases in previously healthy children
and young adults. Research is urgently needed to better define the exposure
circumstances, behaviours, and possible genetic or immunological factors
that might enhance the likelihood of human infection.
Assessment of possible cases. Investigations of all the most recently
confirmed human cases, in China, Indonesia, and Turkey, have identified
direct contact with infected birds as the most likely source of exposure.
When assessing possible cases, the level of clinical suspicion should
be heightened for persons showing influenza-like illness, especially with
fever and symptoms in the lower respiratory tract, who have a history
of close contact with birds in an area where confirmed outbreaks of highly
pathogenic H5N1 avian influenza are occurring. Exposure to an environment
that may have been contaminated by faeces from infected birds is a second,
though less common, source of human infection. To date, not all human
cases have arisen from exposure to dead or visibly ill domestic birds.
Research published in 2005 has shown that domestic ducks can excrete large
quantities of highly pathogenic virus without showing signs of illness.
A history of poultry consumption in an affected country is not a risk
factor, provided the food was thoroughly cooked and the person was not
involved in food preparation. As no efficient human-to-human transmission
of the virus is known to be occurring anywhere, simply travelling to a
country with ongoing outbreaks in poultry or sporadic human cases does
not place a traveller at enhanced risk of infection, provided the person
did not visit live or “wet” poultry markets, farms, or other
environments where exposure to diseased birds may have occurred.
Clinical features. In many patients, the disease caused by the H5N1 virus
follows an unusually aggressive clinical course, with rapid deterioration
and high fatality. Like most emerging disease, H5N1 influenza in humans
is poorly understood. Clinical data from cases in 1997 and the current
outbreak are beginning to provide a picture of the clinical features of
disease, but much remains to be learned. Moreover, the current picture
could change given the propensity of this virus to mutate rapidly and
unpredictably.
The incubation period for H5N1 avian influenza may be longer than that
for normal seasonal influenza, which is around two to three days. Current
data for H5N1 infection indicate an incubation period ranging from two
to eight days and possibly as long as 17 days. However, the possibility
of multiple exposure to the virus makes it difficult to define the incubation
period precisely. WHO currently recommends that an incubation period of
seven days be used for field investigations and the monitoring of patient
contacts.
Initial symptoms include a high fever, usually with a temperature higher
than 38oC, and influenza-like symptoms. Diarrhoea, vomiting, abdominal
pain, chest pain, and bleeding from the nose and gums have also been reported
as early symptoms in some patients. Watery diarrhoea without blood appears
to be more common in H5N1 avian influenza than in normal seasonal influenza.
The spectrum of clinical symptoms may, however, be broader, and not all
confirmed patients have presented with respiratory symptoms. In two patients
from southern Viet Nam, the clinical diagnosis was acute encephalitis;
neither patient had respiratory symptoms at presentation. In another case,
from Thailand, the patient presented with fever and diarrhoea, but no
respiratory symptoms. All three patients had a recent history of direct
exposure to infected poultry.
One feature seen in many patients is the development of manifestations
in the lower respiratory tract early in the illness. Many patients have
symptoms in the lower respiratory tract when they first seek treatment.
On present evidence, difficulty in breathing develops around five days
following the first symptoms. Respiratory distress, a hoarse voice, and
a crackling sound when inhaling are commonly seen. Sputum production is
variable and sometimes bloody. Most recently, blood-tinted respiratory
secretions have been observed in Turkey. Almost all patients develop pneumonia.
During the Hong Kong outbreak, all severely ill patients had primary viral
pneumonia, which did not respond to antibiotics. Limited data on patients
in the current outbreak indicate the presence of a primary viral pneumonia
in H5N1, usually without microbiological evidence of bacterial supra-infection
at presentation. Turkish clinicians have also reported pneumonia as a
consistent feature in severe cases; as elsewhere, these patients did not
respond to treatment with antibiotics.
In patients infected with the H5N1 virus, clinical deterioration is rapid.
In Thailand, the time between onset of illness to the development of acute
respiratory distress was around six days, with a range of four to 13 days.
In severe cases in Turkey, clinicians have observed respiratory failure
three to five days after symptom onset. Another common feature is multiorgan
dysfunction. Common laboratory abnormalities, include leukopenia (mainly
lymphopenia), mild-to-moderate thrombocytopenia, elevated aminotransferases,
and with some instances of disseminated intravascular coagulation.
Limited evidence suggests that some antiviral drugs, notably oseltamivir
(commercially known as Tamiflu), can reduce the duration of viral replication
and improve prospects of survival, provided they are administered within
48 hours following symptom onset. However, prior to the outbreak in Turkey,
most patients have been detected and treated late in the course of illness.
For this reason, clinical data on the effectiveness of oseltamivir are
limited. Moreover, oseltamivir and other antiviral drugs were developed
for the treatment and prophylaxis of seasonal influenza, which is a less
severe disease associated with less prolonged viral replication. Recommendations
on the optimum dose and duration of treatment for H5N1 avian influenza,
also in children, need to undergo urgent review, and this is being undertaken
by WHO.
In suspected cases, oseltamivir should be prescribed as soon as possible
(ideally, within 48 hours following symptom onset) to maximize its therapeutic
benefits. However, given the significant mortality currently associated
with H5N1 infection and evidence of prolonged viral replication in this
disease, administration of the drug should also be considered in patients
presenting later in the course of illness.
Currently recommended doses of oseltamivir for the treatment of influenza
are contained in the product information at the manufacturer’s web
site. The recommended dose of oseltamivir for the treatment of influenza,
in adults and adolescents 13 years of age and older, is 150 mg per day,
given as 75 mg twice a day for five days. Oseltamivir is not indicated
for the treatment of children younger than one year of age.
As the duration of viral replication may be prolonged in cases of H5N1
infection, clinicians should consider increasing the duration of treatment
to seven to ten days in patients who are not showing a clinical response.
In cases of severe infection with the H5N1 virus, clinicians may need
to consider increasing the recommended daily dose or the duration of treatment,
keeping in mind that doses above 300 mg per day are associated with increased
side effects. For all treated patients, consideration should be given
to taking serial clinical samples for later assay to monitor changes in
viral load, to assess drug susceptibility, and to assess drug levels.
These samples should be taken only in the presence of appropriate measures
for infection control.
In severely ill H5N1 patients or in H5N1 patients with severe gastrointestinal
symptoms, drug absorption may be impaired. This possibility should be
considered when managing these patients.
COUNTRIES WITH HUMAN CASES IN THE CURRENT OUTBREAK
To date, human cases have been reported in six countries, most of which
are in Asia: Cambodia, China, Indonesia, Thailand, Turkey, and Viet Nam.
The first patients in the current outbreak, which were reported from Viet
Nam, developed symptoms in December 2003 but were not confirmed as H5N1
infection until 11 January 2004. Thailand reported its first cases on
23 January 2004. The first case in Cambodia was reported on 2 February
2005. The next country to report cases was Indonesia, which confirmed
its first infection on 21 July. China’s first two cases were reported
on 16 November 2005. Confirmation of the first cases in Turkey came on
5 January 2006, followed by the first reported case in Iraq on 30 January
2006. All human cases have coincided with outbreaks of highly pathogenic
H5N1 avian influenza in poultry. To date, Viet Nam has been the most severely
affected country, with more than 90 cases.
Altogether, more than half of the laboratory-confirmed cases have been
fatal. H5N1 avian influenza in humans is still a rare disease, but a severe
one that must be closely watched and studied, particularly because of
the potential of this virus to evolve in ways that could start a pandemic.
For further information please contact the WHO Media Centre, Tel.: (+41
22) 791 2222, Email: mediainquiries@who.int. All WHO Press Releases, Fact
Sheets and Features as well as other information on this subject can be
obtained on Internet on the WHO home page: http://www.who.int
Grippe
aviaire
Aide-mémoire N°298
Février 2006
La maladie chez l'oiseau
La grippe aviaire, provoquée par des souches A du virus grippal,
est une maladie infectieuse affectant les oiseaux. On la retrouve dans
le monde entier. On pense que tous les oiseaux sont sensibles à
cette infection, mais de nombreuses espèces sauvages peuvent être
porteuses de ces virus sans signe pathologique apparent.D'autres espèces,
notamment la volaille domestique, développent la maladie lorsqu'elles
sont infectées par ces virus. Ils provoquent alors deux formes
distinctes de la maladie, l'une courante et bénigne, l'autre rare
et souvent mortelle. Dans la forme bénigne, les signes pathologiques
peuvent se limiter à un plumage ébouriffé, la diminution
de la ponte et des effets bénins sur le système respiratoire.
Il arrive que les flambées soient si atténuées qu'on
ne puisse les détecter qu'en procédant à des dépistages
réguliers des virus.Il est par contre difficile de passer à
côté de la seconde forme, beaucoup moins courante, la variante
hautement pathogène.
Identifiée pour la première fois en Italie en 1878, la grippe
aviaire hautement pathogène se caractérise par l'apparition
brutale d'une maladie grave, une contagion rapide et un taux de mortalité
qui peut avoisiner les 100 % en 48 heures. Dans ce cas, le virus ne se
contente plus d'affecter seulement le système respiratoire, comme
pour la forme bénigne, mais il envahit aussi de nombreux autres
organes et tissus. Il en résulte des hémorragies internes
massives qui font que le public appelle parfois cette maladie l'«
Ebola du poulet ».
On sait que tous les sous-types de virus grippal, 16 HA (hémagglutinine)
et 9 NA (neuraminidase), infectent les oiseaux sauvages aquatiques. Les
virus grippaux ont ainsi un réservoir naturel étendu et
sont en circulation perpétuelle dans les populations d'oiseaux.
Le dépistage systématique chez l'oiseau sauvage mettra presque
toujours en évidence des virus grippaux, inoffensifs dans la grande
majorité des cas.
A ce jour, toutes les flambées épidémiques de la
forme hautement pathogène de la grippe aviaire ont été
dues à des virus des sous-types H5 et H7. Les virus hautement pathogènes
sont dotés d'une "marque de fabrique", d'une signature,
un ensemble particulier d'acides aminés sur le site de clivage
de l'hémagglutinine, qui les distingue de tous les autres virus
de la grippe aviaire et qui leur confère leur virulence exceptionnelle.
Toutes les souches des sous-types H5 et H7 ne sont pas hautement pathogènes,
mais on pense que la plupart peuvent potentiellement le devenir. Selon
des études récentes, les virus H5 et H7 faiblement pathogènes
peuvent, après avoir circulé parfois peu de temps dans une
population de volailles, muter pour devenir hautement pathogènes.
De nombreux éléments ont conduit à penser depuis
longtemps que les oiseaux sauvages aquatiques introduisaient les virus
grippaux aviaires sous la forme faiblement pathogène dans les populations
de volailles. En revanche, ils n'étaient pas porteurs, ou ne transmettaient
pas directement les virus hautement pathogènes. Toutefois, leur
rôle pourrait avoir évolué récemment : on pense
désormais qu'au moins certaines espèces migratrices d'oiseaux
aquatiques sont porteuses du virus H5N1 sous sa forme hautement pathogène
et l'ont introduit dans de nouvelles zones géographiques le long
de leur voies de migration.
En dehors de la contagiosité élevée dans les populations
de volailles, les virus de la grippe aviaire se transmettent facilement
d'une exploitation agricole à l'autre avec les déplacements
des oiseaux, des personnes (notamment lorsque les chaussures ou les vêtements
sont contaminés), les véhicules, les équipements,
la nourriture et les cages. Les virus hautement pathogènes peuvent
survivre longtemps dans l'environnement, notamment à basse température.
On sait par exemple que les virus H5N1 hautement pathogènes survivent
au moins 35 jours à basse température (4 °C) dans les
déjections d'oiseaux. A une température beaucoup plus élevée
(37 °C), on a montré une survie de 6 jours dans des échantillons
de matières fécales.
Les mesures de lutte à prendre contre la forme hautement pathogène
de la maladie sont les suivantes : abattage rapide de tous les oiseaux
infectés ou exposés, élimination correcte des carcasses,
mise en quarantaine et désinfection rigoureuse des exploitations
agricoles, application de strictes mesures sanitaires ou de « sécurité
biologique ». Les restrictions au transport des volailles vivantes,
à l'intérieur des pays comme d'un pays à l'autre,
font partie des mesures importantes à instaurer. Logistiquement,
il est plus facile d'appliquer les mesures de lutte recommandées
à de grands élevages commerciaux qui gardent à l'intérieur
de grands nombres d'oiseaux, en général dans de strictes
conditions sanitaires. La lutte devient bien plus difficile lorsque les
volailles sont, dans leur grande majorité, élevées
dans de petites basses cours éparpillées en zone rurale
ou périurbaine.
Lorsque l'abattage, première mesure de défense pour endiguer
les flambées, échoue ou s'avère infaisable, on peut
avoir recours à la vaccination des volailles dans les zones à
haut risque comme mesure d'urgence supplémentaire, si l'on utilise
des vaccins de qualité assurée et si l'on respecte rigoureusement
les recommandations de l'Organisation mondiale de la Santé animale
(OIE). L'emploi de vaccins de mauvaise qualité ou de vaccins qui
ne correspondent pas vraiment à la souche en circulation peut accélérer
la mutation des virus. Les vaccins animaux de mauvaise qualité
constituent également un risque pour la santé humaine en
laissant des oiseaux apparemment sains mais infectés excréter
des virus.
En dehors des difficultés de la lutte, les flambées dans
les basses cours entraînent aussi pour l'homme un risque accru d'exposition
et d'infection. Ces oiseaux sont en général libres de se
déplacer pour rechercher leur nourriture. Ils se trouvent alors
souvent en contact avec les oiseaux sauvages et partagent avec eux les
points d'eau. Dans ces situations, l'homme a souvent l'occasion d'être
exposé au virus, notamment lorsque les oiseaux pénètrent
dans les habitations, quand on les rentre en cas de mauvais temps ou quand
ils sont présents dans les aires de jeux et de repos des enfants.
La pauvreté exacerbe le problème : lorsqu'on ne peut se
permettre de gaspiller une source primordiale de nourriture et de revenus,
les ménages consomment fréquemment les volailles, même
si elles sont mortes ou montrent des signes de maladie. Cette pratique
entraîne un risque élevé d'exposition au virus pendant
l'abattage, la plumée, la découpe et la préparation
de la viande pour les repas, mais il est difficile de la faire changer.
Par ailleurs, comme il arrive couramment que les volailles des basses
cours meurent, notamment lorsque les conditions météorologiques
sont mauvaises, les propriétaires ont du mal à interpréter
les morts ou la présence de volailles malades dans leurs élevages
comme le signe d'une grippe aviaire et un motif d'alerter les autorités.
Cette tendance pourrait expliquer pourquoi des foyers dans certaines zones
rurales ont pu rester inaperçus pendant des mois. Le fait que,
souvent, aucune indemnisation n'est prévue pour les oiseaux abattus
dissuade les éleveurs de notifier spontanément les flambées
et pourrait même les inciter à cacher leurs oiseaux au cours
des opérations d'abattage.
Rôle des oiseaux migrateurs
En 2005, une autre source importante de propagation internationale du
virus chez l'oiseau est apparue pour la première fois, mais elle
reste mal comprise. Les scientifiques sont de plus en plus convaincus
qu'au moins certains oiseaux migrateurs aquatiques transportent désormais
le virus H5N1 sous sa forme hautement pathogène parfois sur de
longues distances et l'introduisent dans les populations de volailles
des zones se trouvant le long de leurs voies de migration. Si ce nouveau
rôle venait à être scientifiquement confirmé,
il marquerait une évolution dans la relation stable jusque-là
entre le virus H5N1 et son réservoir naturel chez l'oiseau sauvage.
Les éléments confirmant ce nouveau rôle ont commencé
à apparaître à partir de la mi-2005 et sont devenus
de plus en plus probants. La mort, à partir de la fin avril 2005,
de plus de 6 000 oiseaux migrateurs infectés par le virus H5N1
hautement pathogène dans la réserve naturelle du lac Qinghai,
dans le centre de la Chine, a été un événement
tout à fait inhabituel et probablement sans précédent.
Auparavant, il était rare que des oiseaux sauvages meurent d'une
infection par un virus de la grippe aviaire hautement pathogène.
Les études scientifiques, comparant les virus de différentes
flambées aviaires, ont établi que les souches provenant
des pays touchés les plus récemment, tous situés
le long des voies de migration, étaient presque identiques à
celles découvertes sur les oiseaux migrateurs morts au lac Qinghai.
Les virus des deux premiers cas humains en Turquie étaient eux
aussi pratiquement identiques à ceux du lac Qinghai. Ces deux personnes
sont mortes.
Pays affectés par des flambées aviaires
Les flambées de grippe aviaire à virus H5N1 hautement pathogène
qui ont commencé en Asie du Sud-Est à la mi-2003 et se sont
désormais propagées à quelques régions d'Europe,
sont les plus graves et les plus importantes que l'on ait jamais observées.
A ce jour, neuf pays asiatiques en ont signalées (par ordre de
notification) : République de Corée, Viet Nam, Japon, Thaïlande,
Cambodge, République démocratique populaire lao, Indonésie,
Chine et Malaisie. Le Japon, la République de Corée et la
Malaisie ont endigué leurs flambées et l'on considère
que la maladie a disparu dans ces pays. Ailleurs en Asie, le virus est
devenu endémique dans plusieurs des pays affectés à
l'origine.
Fin juillet 2005, le virus s'est propagé en dehors de son foyer
initial en Asie et a affecté les volailles et les oiseaux sauvages
en Fédération de Russie et dans les régions adjacentes
du Kazakhstan. Presque simultanément, la Mongolie a signalé
avoir détecté le virus hautement pathogène chez des
oiseaux sauvages. En octobre 2005, il a été signalé
en Turquie, en Roumanie et en Croatie. Début décembre 2005,
l'Ukraine a signalé son premier foyer chez des oiseaux domestiques.
La plupart de ces nouvelles flambées ont été détectées
et notifiées rapidement. On s'attend néanmoins à
ce que le virus poursuive sa propagation le long des voies de migration
des oiseaux aquatiques. De plus, les migrations des oiseaux sont régulières
et les pays se trouvant le long des routes suivies par les oiseaux migrateurs
à partir de l'Asie centrale pourraient se trouver confrontés
à un risque persistant d'introduction ou de réintroduction
des virus dans les élevages de volailles domestiques.
Avant la situation actuelle, on considérait que les flambées
de grippe aviaire hautement pathogène dans les populations de volaille
étaient un événement rare. Si l'on exclut les flambées
actuelles à virus H5N1, on n'a signalé que 24 flambées
de grippe aviaire hautement pathogène dans le monde depuis 1959,
dont 14 au cours des dix dernières années. Dans la majorité
des cas, l'extension géographique a été limitée,
et quelques unes se sont même limitées à une seule
exploitation agricole ou un seul élevage. Il n'y a eu de propagation
internationale que pour une seule d'entre elles. Toutes les grandes flambées
ont coûté cher au secteur agricole et ont été
difficiles à endiguer.
La maladie chez l'homme
Historique et épidémiologie. Les virus grippaux ont normalement
une grande spécificité d'espèce, ce qui signifie
que, lorsqu'ils infectent une espèce en particulier (homme, certaines
espèces d'oiseaux, porcs, chevaux, phoques), ils se limitent à
elle et provoquent rarement des infections chez d'autres espèces.
Depuis 1959, l'infection humaine par un virus grippal aviaire n'a été
établie qu'à 10 reprises. D'après ce que nous savons,
sur les centaines de souches de virus grippaux aviaires A, quatre seulement
ont provoqué des infections humaines : H5N1, H7N3, H7N7 et H9N2.
En général, l'infection humaine par ces virus n'entraîne
que des symptômes légers et une maladie bénigne, à
une exception notable près : le virus H5N1 hautement pathogène.
De tous les virus grippaux en circulation dans les populations aviaires,
le plus préoccupant pour la santé humaine est le virus H5N1,
principalement pour deux raisons. Premièrement, c'est celui qui
a provoqué le plus grand nombre de cas humains très graves
et le plus grand nombre de décès. Il a franchi la barrière
des espèces à au moins trois reprises au cours des dernières
années : à Hong Kong en 1997 (18 cas, dont 6 mortels), à
Hong Kong en 2003 (deux cas, dont un mortel) et lors des flambées
actuelles qui ont commencé en décembre 2003 et ont été
reconnues pour la première fois en janvier 2004.
La seconde raison, de loin la plus préoccupante, est le risque
que le virus H5N1 puisse, s'il en a l'occasion, acquérir les caractéristiques
nécessaires pour déclencher une nouvelle pandémie
de grippe. Le virus remplit toutes les conditions requises sauf une :
la capacité de se transmettre efficacement et durablement d'une
personne à l'autre. Si à présent le virus H5N1 est
celui qui inquiète le plus, on ne peut écarter complètement
la possibilité que d'autres virus grippaux aviaires, connus pour
infecter l'homme, puissent être à l'origine d'une pandémie.
Le virus peut améliorer sa transmissibilité interhumaine
par deux mécanismes principaux. Le premier est un réassortiment,
le matériel génétique étant échangé
entre les virus humains et aviaires au cours de la co-infection d’un
sujet humain ou d’un porc. Le réassortiment peut aboutir
à un virus pandémique pleinement transmissible que révèle
une augmentation subite du nombre de cas avec une propagation galopante.
Le second mécanisme est un processus plus progressif de mutation
adaptative, la capacité du virus à se fixer aux cellules
humaines augmentant au fil des infections successives de sujets humains.
Une mutation adaptative s’exprimant dans un premier temps par des
groupes restreints de cas humains avec des indices de transmission interhumaine
donnerait probablement à la communauté internationale le
temps de prendre certaines mesures défensives.
Au cours de la première flambée documentée d'infections
humaines par le virus H5N1, qui s'est produite à Hong Kong en 1997,
les 18 cas humains ont coïncidé avec une flambée de
grippe aviaire hautement pathogène provoquée par un virus
quasiment identique dans les élevages de volailles et les marchés
d'animaux vivants. Des études approfondies des cas humains ont
établi que des contacts directs avec les volailles malades étaient
à l'origine des infections. Les études menées sur
les membres des familles et les contacts sociaux des patients, les soignants
qui se sont occupés d'eux et les personnes chargées de l'abattage
des volailles n'ont mis en évidence qu'une propagation interhumaine
extrêmement limitée, voire nulle. Les infections humaines
ont disparu après la destruction rapide, en trois jours, de toutes
les volailles de Hong Kong, soit 1,5 million d'oiseaux selon les estimations.
Certains spécialistes pensent que cette mesure drastique aurait
permis d'éviter une pandémie de grippe.
A ce jour, tout porte à croire que le contact étroit avec
des oiseaux malades ou morts est la principale source d'infection humaine
par le virus H5N1. L'homme est particulièrement exposé au
risque pendant l'abattage, la plumée, la découpe et la préparation
des oiseaux infectés pour leur consommation. Dans quelques rares
cas, on pense que la source d'infection est l'exposition des enfants à
des déjections de poulets lorsqu'ils ont joué dans des endroits
où les volailles sont élevées en liberté.
Une autre source d'exposition pourrait être le fait de se baigner
dans des nappes d'eau où des carcasses d'oiseaux infectées
ont été jetées ou qui pourraient avoir été
contaminées par des déjections de canards ou d'autres oiseaux
infectés. Dans quelques cas, l'enquête n'a pas pu mettre
à jour de source plausible d'infection, ce qui donne à penser
qu'il existe encore des facteurs environnementaux inconnus qui entraîneraient
une contamination pour un petit nombre de cas. Quelques explications ont
été avancées, comme le rôle éventuel
d'oiseaux péridomestiques, pigeons par exemple, ou l'utilisation
de déjections d'oiseaux non traitées comme engrais.
Pour l'instant, la grippe aviaire H5N1 reste avant tout une maladie des
oiseaux et la barrière d'espèce reste un obstacle important
: le virus ne la franchit pas facilement pour infecter l'homme. Malgré
l'infection de dizaines de millions de volailles sur de vastes zones géographiques
depuis la mi-2003, on a confirmé moins de 200 cas humains en laboratoire.
Sans que l'on sache bien pourquoi, la plupart des cas se sont produits
dans des foyers ruraux ou périurbains ayant de petites basses cours.
Toujours pour des raisons inconnues, on a enregistré très
peu de cas dans les groupes présumés à haut risque
: éleveurs de volailles, personnes travaillant dans des marchés
d'oiseaux vivants, personnes chargées de l'abattage, vétérinaires,
personnel soignant s'occupant des patients sans l'équipement de
protection adéquat. On reste également perplexe devant la
concentration inexpliquée de cas chez l'enfant ou le jeune adulte
en bonne santé jusque-là. Il faut d'urgence conduire des
recherches pour mieux définir les circonstances des expositions,
les comportements et peut-être les facteurs génétiques
ou immunologiques susceptibles de renforcer la probabilité de l'infection
humaine.
Evaluation des cas possibles. Les investigations menées pour les
cas humains confirmés le plus récemment, en Chine, en Indonésie
et en Turquie, ont établi que le contact direct avec des oiseaux
infectés était la source d'exposition la plus probable.
Pendant l'évaluation des cas possibles, la suspicion clinique sera
de mise en présence de sujets qui présentent un syndrome
grippal, notamment de la fièvre et des symptômes d'atteinte
des voies respiratoires inférieures, et qui ont des antécédents
de contact étroit avec des oiseaux dans une zone où l'on
a confirmé des flambées de grippe aviaire H5N1 hautement
pathogène. L'exposition à un environnement contaminé
par des déjections d'oiseaux infectés est la deuxième
source d'infection chez l'homme, mais elle est moins courante. A ce jour,
tous les cas humains ne se sont pas produits à la suite d'une exposition
à des oiseaux domestiques morts ou visiblement malades. Les études
publiées en 2005 ont montré que les canards domestiques
peuvent excréter de grandes quantités de virus hautement
pathogène sans présenter le moindre signe de maladie. Des
antécédents de consommation de volailles dans un pays affecté
ne constituent pas un facteur de risque, dans la mesure où la nourriture
a été soigneusement cuite et si le sujet n'a pas participé
à la préparation du repas. Aucun cas de transmission interhumaine
efficace n'ayant pu être établi à ce jour dans quelque
endroit que ce soit, le fait de se rendre simplement dans un pays où
l'on observe des flambées aviaires et des cas humains sporadiques
n'expose pas le voyageur à un risque accru d'infection, dans la
mesure où il ne va pas visiter des marchés de volailles
vivantes, des élevages ou d'autres environnements dans lesquels
il pourrait être exposé à des oiseaux malades.
Tableau clinique. Chez de nombreux patients, la maladie provoquée
par le virus H5N1 évolue de manière étonnamment agressive,
avec une dégradation rapide de l'état clinique, et l'on
observe un fort taux de létalité. Comme pour la plupart
des maladies émergentes, on comprend mal la grippe H5N1 chez l'homme.
Les données cliniques provenant des cas de 1997 et ceux de la flambée
actuelle permettent de commencer à discerner le tableau clinique,
mais il reste encore beaucoup à apprendre. De plus, le tableau
actuel pourrait encore changer, compte tenu de la propension de ce virus
à muter rapidement et de manière imprévisible.
La durée d'incubation de la grippe aviaire H5N1 pourrait être
plus longue que pour la grippe saisonnière normale, de 2 à
3 jours environ. Les données actuelles indiquent qu'elle se situe
entre 2 à 8 jours et peut même atteindre éventuellement
17 jours. Toutefois, les possibilités d'expositions multiples au
virus font qu'il est difficile de l'établir avec précision.
L'OMS recommande actuellement de partir du principe d'une durée
d'incubation de 7 jours pour les investigations sur le terrain et le suivi
des sujets contacts.
Les symptômes initiaux comportent une forte fièvre, normalement
au-dessus de 38 °C, et un syndrome grippal. On a également
signalé dans les symptômes précoces des diarrhées,
des vomissements, des douleurs abdominales, thoraciques et des saignements
du nez et des gencives pour certains patients. La diarrhée aqueuse
sans présence de sang semble être plus courante avec la grippe
aviaire H5N1 qu'avec la grippe saisonnière normale. La gamme des
symptômes cliniques pourrait toutefois être plus large et
certains patients confirmés n'ont pas présenté de
symptômes respiratoires. Pour deux patients du sud du Viet Nam,
le diagnostic clinique a été une encéphalite aiguë
et aucun d'eux ne présentait de symptômes respiratoires.
Dans un autre cas, en Thaïlande, le patient avait de la fièvre
et de la diarrhée, mais pas de symptômes respiratoires. Tous
trois avaient des antécédents récents d'exposition
directe à des volailles infectées.
Un trait observé chez de nombreux patients est le développement
au début de la maladie de manifestations concernant les voies respiratoires
inférieures. De nombreux sujets présentent des symptômes
d'atteintes de l'arbre respiratoire inférieur lorsqu'ils consultent
pour la première fois. D'après ce que l'on sait actuellement,
les difficultés respiratoires apparaissent environ cinq jours après
les premiers symptômes. On observe fréquemment une détresse
respiratoire, une raucité de la voix et des craquements à
l'inspiration. La production d'expectorations est variable. Elles sont
parfois teintées de sang. On a observé plus récemment,
en Turquie, des sécrétions teintées de sang. Presque
tous les patients ont développé une pneumonie. Au cours
de la flambée de Hong Kong, les patients gravement atteints avaient
une pneumonie virale primaire ne réagissant pas aux antibiotiques.
Les données limitées sur les patients de la flambée
actuelle évoquent la présence d'une pneumonie virale primaire
à H5N1, en général sans signe de surinfection bactérienne
lorsqu'ils se présentent. Les cliniciens turcs ont également
signalé la pneumonie comme l'une des caractéristiques régulières
dans les cas graves. Comme ailleurs, ces patients n'ont pas réagi
à l'antibiothérapie.
Chez les patients infectés par le virus H5N1, l'état clinique
se dégrade rapidement. En Thaïlande, il s'est écoulé
environ six jours entre l'apparition de la maladie et le développement
d'une détresse respiratoire aiguë, cette période allant
de quatre jours au minimum à 13 jours au maximum. Dans les cas
graves en Turquie, les cliniciens ont observé une insuffisance
respiratoire dans les 3 à 5 jours suivant l'apparition des symptômes.
La défaillance multiorganique est une autre caractéristique
commune. Au laboratoire, les anomalies couramment observées sont
les suivantes : leucopénie (lymphopénie principalement),
thrombopénie faible à modérée, élévation
des aminotransférases et, dans certains cas, coagulation intravasculaire
disséminée.
On a quelques raisons de penser que certains antiviraux, en particulier
l'oseltamivir (commercialisé sous le nom de Tamiflu) peut réduire
la durée de la réplication virale et améliorer les
perspectives de survie, dans la mesure où il est administré
dans les 48 heures suivant l'apparition des symptômes. Toutefois,
avant la flambée en Turquie, on n'avait détecté et
donc traité la plupart des patients qu'à un stade tardif
et, pour cette raison, on ne dispose que de données limitées
sur l'efficacité clinique de l'oseltamivir. Par ailleurs, ce médicament
et d'autres antiviraux ont été mis au point pour le traitement
et la prévention de la grippe saisonnière, maladie moins
grave au cours de laquelle la réplication virale dure moins longtemps.
Il faudrait examiner d'urgence la posologie optimale et la durée
du traitement à recommander pour la grippe aviaire H5N1, ce qu'a
entrepris l'OMS.
Dans les cas suspects, il convient de prescrire le plus vite possible
l'oseltamivir (de préférence dans les 48 heures suivant
l'apparition des symptômes) pour en optimiser les bienfaits thérapeutiques.
Cependant, compte tenu de la mortalité importante que l'on associe
actuellement aux infections à H5N1 et de la durée prolongée
de la réplication virale, on peut aussi envisager d'administrer
ce médicament chez les patients se présentant à un
stade plus tardif.
On trouvera sur le site Web du fabricant des informations sur la posologie
recommandée actuellement pour l'oseltamivir dans le traitement
de la grippe. Pour l'adulte et l'adolescent de plus de 13 ans, elle est
de 150 mg par jour en deux prises de 75 mg pendant 5 jours. Ce médicament
n'est pas indiqué pour traiter les enfants de moins d'un an.
Comme la réplication virale pourrait être prolongée
en cas d'infection à H5N1, les cliniciens devraient envisager une
durée du traitement allant de 7 à 10 jours en l'absence
de réaction clinique du patient. En cas d'infection sévère
par le virus H5N1, ils pourront aussi considérer une augmentation
de la dose quotidienne ou de la durée de traitement, en gardant
à l'esprit qu'à partir de 300 mg par jour, les effets secondaires
augmentent eux aussi. Pour tous les patients traités, il faut envisager
de prélever des séries d'échantillons cliniques aux
fins d'analyses ultérieures afin de suivre l'évolution de
la charge virale, d'évaluer la sensibilité au médicament
et les niveaux pharmacologiques. Ces échantillons ne seront prélevés
qu'en mettant en œuvre les mesures anti-infectieuses appropriées.
Il arrive que l'absorption du médicament soit perturbée
lorsque les patients sont gravement malades ou s'ils présentent
des troubles digestifs sévères. Il faut garder cette possibilité
à l'esprit lors de leur prise en charge.
Pays où se sont produits des cas humains lors de la flambée
actuelle
A ce jour, on a signalé des cas humains dans sept pays, pour la
plupart en Asie : Cambodge, Chine, Indonésie, Iraq, Thaïlande,
Turquie et Viet Nam. Les premiers patients de la flambée actuelle,
notifiés au Viet Nam, ont développé les symptômes
en décembre 2003, mais l'infection à virus H5N1 n'a pas
été confirmée avant le 11 janvier 2004. La Thaïlande
a signalé ses premiers cas le 23 janvier 2004. Le Cambodge a notifié
son premier cas le 2 février 2005. Le pays suivant a été
l'Indonésie, qui a confirmé l'infection pour la première
fois le 21 juillet. Les deux premiers cas chinois ont été
annoncés le 16 novembre 2005. La confirmation des premiers cas
en Turquie s'est produite le 5 janvier 2006, à la suite de quoi
le premier cas en Iraq a été notifié le 30 janvier
2006. Tous les cas humains ont coïncidé avec des flambées
de grippe aviaire H5N1 hautement pathogène dans les populations
de volailles. Avec plus de 90 cas, le Viet Nam reste à ce jour
le pays le plus touché.
Globalement, plus de la moitié des cas confirmés en laboratoire
ont été mortels. La grippe aviaire H5N1 reste une maladie
rare chez l'homme, mais elle doit être surveillée et étudiée
avec attention en raison de sa gravité et, plus particulièrement,
du potentiel du virus pour évoluer d'une manière qui lui
permettrait de déclencher une pandémie.
Pour de plus amples informations,
veuillez prendre contact avec le Centre des Médias de l'OMS, tél.
: (+41 22) 791 2222, courriel : mediainquiries@who.int. Tous les communiqués
de presse, aide-mémoire et articles de fond OMS, ainsi que d'autres
informations sur le sujet, sont disponibles sur Internet à partir
de la pae d'accueil de l'OMS : http://www.who.int/
CHI
MANGIA POLLO NON RISCHIA L’AVIARIA
Malgrado le continue rassicurazioni da
parte delle autorità sanitarie, le recenti notizie arrivate dalla
Turchia hanno contribuito a incrementare il timore di ripercussioni nel
nostro Paese. Un allarmismo attualmente ancora del tutto ingiustificato
che trae origine soprattutto da un modo errato di interpretare le informazioni
da parte dei consumatori. Per chiarire ogni dubbio su come si trasmette
questa terribile malattia abbiamo nuovamente interpellato il dottor Giovanni
Pietro Pirola del Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale (IAOA)dell’ASL
Città di Milano, al quale fa capo anche il Mercato Avicunicolo
all'ingrosso di via Lombroso a Milano (il più importante mercato
all'ingrosso in Italia e uno dei tre principali in Europa).
COM’E’ LA SITUAZIONE IN ITALIA
PER QUANTO RIGUARDA L’AVIARIA?
Al momento il territorio italiano è esente da questo problema e
per ora nulla lascia presagire che l’influenza aviaria possa propagarsi.
IL VIRUS SI PUO’ TRASMETTERE MANGIANDO
LA CARNE DI POLLO?
E’ impossibile mangiando la carne cotta perché si tratta
di un microrganismo sensibile all’azione del calore. In base ad
accurati studi effettuati si è potuto stabilire che con la cottura
avviene l’assoluta, completa distruzione di ogni forma batteriologica
e delle eventuali particelle virali presenti nella carne del pollo. Difatti
in padella e casseruola la temperatura di cottura supera i 70°C arrivando
normalmente a 100°C e più, e in forno raggiunge addirittura
i 180-200°C. Anche un'accurata cottura al microonde (massima potenza,
per almeno 10 minuti, su prodotto in porzioni ), sebbene inusuale per
cucinare il pollo, è comunque in grado di distruggere i microrganismi
eventualmente presenti.
COME HANNO POTUTO CONTAGIARSI LE VITTIME
DELL’AVIARIA?
Soltanto perché hanno avuto un rapporto diretto con il pollame
vivo, cioè lo hanno acquistato, accudito, macellato.
ALLORA POTREBBE SUCCEDERE ANCHE AI NOSTRI
ALLEVATORI
E’ una possibilità del tutto remota poiché bisogna
tenere conto delle condizioni igieniche in cui questi polli vengono allevati.
Come avevamo già puntualizzato nella precedente intervista, in
Turchia e nei Paesi dove ci sono state vittime del contagio si hanno situazioni
rurali dove le condizioni igieniche sono del tutto precarie, con i pollai
che sono spesso quasi un proseguimento dell’abitazione. Va inoltre
sottolineato che da noi l’allevamento dei polli è quasi interamente
industrializzato quindi con assolute garanzie igieniche e sanitarie.
ESISTONO COMUNQUE ANCHE DA NOI DEI PICCOLI
ALLEVATORI. POSSONO ESSERE PERICOLOSI?
No di certo e per due ragioni. La prima è, come già detto,
quella delle condizioni igieniche che non sono certo paragonabili a quelle
disastrose presenti in alcune parti dei Paesi dell’Est Asiatico,
nemmeno nel paesino italiano più sperduto. La seconda è
la strettissima sorveglianza sanitaria che viene effettuata a livello
regionale e nazionale secondo un piano organizzato di vigilanza ed anche
tramite periodici prelievi sierologici sul pollame e su altri animali
«sentinella« in base all’esito dei quali saremmo in
grado di individuare e quindi di adottare le necessarie contromisure per
bloccare immediatamente qualsiasi presenza di malattia nei nostri allevamenti.
A questo punto il consumatore deve sentirsi tranquillo per quanto riguarda
il consumo della carne di pollo che, in ogni caso, conservata in modo
adeguato in frigorifero o nel congelatore e poi cotta in casseruola o
in forno non può dare nessun problema ma anzi fornisce validi elementi
nutrizionali.
Enza Bettelli
25 gennaio 2006
AVIARIA
IN ITALIA: IL PERICOLO CHE NON C'E'
Le notizie che arrivano dall'Est non sono tranquillizzanti
ma non dovrebbero preoccuparci più di tanto poiché, se esaminate
con la giusta obiettività e senza gravarle di inutile allarmismo,
possiamo comprendere come questo pericolo sia davvero remoto per l'Italia
e i Paesi CEE. Innanzitutto dobbiamo prendere in considerazione le condizioni
igieniche di tutta l'area asiatica, nemmeno lontamente paragonabili a
quelle dei Paesi occidentali dove sicuramente a nessun allevatore verrebbe
in mente di dormire sulle gabbie dei polli per scongiurare eventuali furti
né i consumatori mangerebbero del pollo crudo. I controlli in Italia
sono rigidissimi, come richiesto dalla CEE, e questo non solo da adesso
ma da almeno una decina di anni e garantiscono quindi una prevenzione
più che efficace e collaudata. Come può tuttavia il consumatore
capire come funziona la regolamentazione sanitaria in atto nel nostro
Paese? Abbiamo a questo proposito posto alcune domande al dottor Gianpietro
Pirola del Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale (IAOA) al quale
fa capo anche il Mercato Avicunicolo all'ingrosso di via Lombroso a Milano
(il più importante mercato all'ingrosso in Italia e uno dei tre
principali in Europa) il quale ci ha cortesemente ed esaurientemente risposto.
QUANDO VENGONO EFFETTUATI I CONTROLLI SUI
PRODOTTI AVICOLI IN VENDITA IN ITALIA?
Questi controlli sono effettuati su allevamenti nazionali, prodotti importati
e commercializzazione.
IN CHE MODO SI PROCEDE NEI CONTROLLI PER IL PRODOTTO ESTERO?
Gli animali vivi e le uova da cova esteri vengono importati solo da Paesi
"sicuri", esenti da episodi infettivi diffusi e una volta varcato
il confine, polli, tacchini e altri animali vivi vengono comunque messi
in una sorta di quarantena prima di essere integrati in allevamento. E'
vietata l'importazione dall'Est Asiatico e dai Paesi della ex Jugoslavia
dove potrebbe esistere un potenziale rischio di infezioni, in particolare
da parte del temuto ceppo di virus influenzale H5 N1.
E GLI ALLEVAMENTI ITALIANI?
Il primo controllo obbligatorio per legge è fatto dall'azienda
produttrice che è inoltre tenuta a comunicare immediatamente alle
ASL di competenza eventuali problemi sanitari. Le ASL a loro volta hanno
un servizio dedicato (Sanità Animale) che si occupa della vigilanza
e del controllo a cadenze fisse, al presente ancora più frequente.
In più, in questo periodo di potenziale rischio, le ASL provvedono
a esami campione sierologici sui volatili, anche se questi appaiono sani,
per controllare che non vi sia positività per i virus influenzali.
Si tratta quindi di una accurata vigilanza attiva preventiva.
COME AVVIENE LA MACELLAZIONE?
Prima di essere avviati al macello i volatili subiscono un ulteriore controllo
da parte del veterinario ASL. Un veterinario ASL è presente in
modo continuativo anche durante lo svolgersi della macellazione vera e
propria. Va inoltre ricordato che i volatili immessi nel circuito commerciale
possono essere macellati solo presso macelli CEE. Sfuggono solo quelli
degli allevamenti rurali che possono procedere a macellare piccoli quantitativi
di animali sostanzialmente per il fabbisogno familiare.
COME VENGONO AVVIATI I VOLATILI ALLA COMMERCIALIZZAZIONE?
Sui singoli polli o sulle cassette sigillate vengono apposte delle informazioni
molto particolareggiate, e questo almeno dal 1982 con il dpr 503 (e successivi
aggiornamenti) con il quale vengono fissati rigorosi principi per la macellazione,
etichettatura e commercializzazione delle carni e del pollame, anche se
il consumatore spesso non ci fa caso. Tra le informazioni base:
- Il bollo CEE con la sigla del Paese di origine, il numero del macello
e la sigla CEE
- Il tipo di prodotto (pollo tradizionale, eviscerato, busto, cosce, eccetera)
- La categoria (A o B)
- La temperatura di conservazione
- Il lotto di produzione
- La data di scadenza nel caso di prodotti preconfezionati
In più, a partire dal 18 ottobre 2005, è divenuto obbligatorio
indicare anche:
- La sigla dell'allevamento di provenienza
- Le sigle di tutte le province italiane in cui è stata eventualmente
effettuata una lavorazione
- Il nome per esteso del Paese di provenienza nel caso di prodotti importati
Siamo quindi più che protetti e tutelati e le norme e le informazioni
sono così tante che, per assurdo, il consumatore non riesce a coglierle.
Eventuali problemi possono quindi sorgere solo se la conservazione e la
cottura del pollame vengono fatte in modo sbagliato e sarebbero quindi
da imputare al consumatore stesso ma, lo si ribadisce, per quanto concerne
il rischio da virus aviario influenzale in Italia, per il momento, il
problema per il consumatore non esiste affatto.
E LE UOVA?
Il rigore dei controlli per le galline ovaiole è ovviamente lo
stesso, ma per le uova l'allarmismo è ancora meno giustificato
perché il primo sintomo per i polli infetti da virus influenzale
è proprio il blocco della ovodeposizione! E' quindi praticamente
impossibile mangiare uova infette.
Enza Bettelli
Consigliere A.S.A.
GLOBAL
MEETING TO DEVELOP COMMON APPROACH ON AVIAN INFLUENZA AND HUMAN PANDEMIC
INFLUENZA Geneva:
The H5N1 avian influenza virus is firmly established among animals in
Asia and has begun to extend its reach into Europe. From 7-9 November,
more than 400 animal and human health experts, senior policy makers, economists
and industry representatives will gather in Geneva to work towards a strategy
to control the virus in domestic animals and prepare for a potential human
influenza pandemic.
The disease in animals caused by the H5N1
influenza virus has resulted in the culling of at least 150 million birds
in the last two years. H5N1 remains for the moment an animal disease,
but the World Health Organization (WHO) has warned that H5N1 is a virus
that has the potential to ignite a human influenza pandemic.
While no one can predict the timing or
severity of the next influenza pandemic, governments around the world
are taking the threat seriously. A series of international meetings held
over the last ten weeks will culminate in the Geneva meeting. The meeting
is co-organized by WHO, the Food and Agriculture Organisation (FAO), the
World Organisation for Animal Health (OIE) and the World Bank. The goal
of the meeting is to work towards a strategy for controlling the disease
in animals while simultaneously preparing for a potential human pandemic.
"This virus is very treacherous,"
says Dr Margaret Chan, Representative of the WHO Director-General for
Pandemic Influenza. "While we cannot predict when or if the H5N1
virus might spark a pandemic, we cannot ignore the warning signs."
Because influenza pandemics have typically caused enormous social and
economic disruption, WHO is advising its member states to develop national
strategies to cope with such a public health emergency, as well as coordinating
with international partners to develop a comprehensive response.
The Geneva meeting will first consider
how to contain the H5N1 virus in birds. "There is still a window
of opportunity for substantially reducing the risk of a human pandemic
evolving from H5N1 by controlling the virus at its source, in animals,"
says Joseph Domenech, FAO Chief Veterinary Officer. As the FAO expects
avian influenza to reach the Middle East and Africa in the near future,
it is essential that the global community and affected countries mobilize
more resources to combat the virus, which is thought to be spread in part
by migratory birds, before it becomes embedded in new regions.
Strengthening disease surveillance systems
worldwide will also be high on the agenda at the Geneva meeting. Early
detection and rapid response mechanisms are essential to tracking the
evolution of the H5N1 virus. Therefore, delegates will also discuss ways
to strengthen veterinary and human health services so that any H5N1 cases--in
animals or humans--will be identified quickly. "This is crucial for
the prevention of any future global crisis associated with emerging animal
diseases potentially transmissible to humans," says Dr Bernard Vallat,
Director-General of the World Organisation for Animal Health (OIE).
At the same time that animal control efforts
are to be intensified, several critical issues related to potential human
disease remain to be addressed. Meetings in the last several months have
identified several key pandemic preparedness issues. For example, many
countries are concerned about the lack of access to antiviral medicines
and the antiquated production methods for human influenza vaccines. Communication
with the public is also a critical issue. These and other topics will
be on the agenda for the Geneva meeting.
The meeting comes after a recent gathering
of experts in Geneva (2-3 November) to discuss the development of pandemic
influenza vaccines. At present, at least ten vaccine developers in about
as many countries are carrying out demonstration projects to develop and
evaluate vaccines primarily against the H5N1 subtype. Participants expressed
the need for continued sharing of technical information, strengthened
international coordination of work related to pandemic influenza vaccines
so as to avoid duplication of efforts, support to vaccine research initiatives
in developing countries and integrating the science into the public health
context.
"It's impossible to exaggerate how
important pandemic preparedness is, and how dire the consequences would
be for the entire world if some of the worst-case scenarios for a human
influenza pandemic were to unfold," says James Adams, the World Bank's
Vice-President for Operations Policy and Country Services, and head of
the Bank's avian flu taskforce. The Geneva meeting will provide an opportunity
for all international partners to mobilize the country commitment and
financial resources needed to manage this global threat.
"For the first time in human history,
we have a chance to prepare ourselves for a pandemic before it arrives,"
says Dr Chan. "It is incumbent upon the global community to act now.‰
For more information please contact Dick Thompson, Communications Officer,
Communicable Diseases, Tel: +41 22 791 2684, mobile: +41 79 475 5475,
email: thompsond@who.int or Iain Simpson, Communications Officer, Office
of the Director-General, WHO, Tel: +41 22 791 3215, mobile: +41 79 475
5534, email: simpsoni@who.int
Communiqué
conjoint OMS/FAO/OIE/BANQUE MONDIALE/58
9 novembre 2005
LES PARTICIPANTS A LA REUNION MONDIALE
SUR LA GRIPPE FIXENT LES MESURES ESSENTIELLES ET CONVIENNENT DE LA NECESSITE
DE MOBILISER d'urgence DES FONDS
Genève - Les participants à
une réunion mondiale ont arrêté les principaux éléments
d'un plan d'action mondial de lutte contre la grippe aviaire chez l'animal,
simultanément destiné à réduire la menace
d'une pandémie de grippe humaine.
Plus de 600 délégués
d'une centaine de pays sont convenus de la nécessité de
mobiliser d'urgence des ressources financières et autres pour les
pays déjà touchés par la grippe aviaire ainsi que
pour les pays les plus exposés, et de reconnaître et de combattre
une pandémie humaine dès qu'elle se déclare.
En conclusion à cette réunion
historique, le Dr LEE Jong-wook, Directeur général de l'Organisation
mondiale de la Santé (OMS), a déclaré : « Le
monde entier reconnaît qu'il s'agit là d'un défi majeur
pour la santé publique. L'OMS est prête à déployer
ses ressources pour réduire le risque de pandémie humaine.
Nous devons maintenant tester les plans que nous avons élaborés.
Lorsqu'apparaîtra un virus pandémique, il sera trop tard.
»
Les spécialistes et les hauts responsables
ont énoncé une série de mesures à prendre
face à la menace du virus grippal H5N1 qui circule actuellement
chez les animaux en Asie et qui a été identifié dans
certaines parties de l'Europe :
Lutte à la source chez les oiseaux
Améliorer les services vétérinaires, les plans de
préparation aux situations d'urgence et les campagnes de lutte,
et notamment l'abattage, la vaccination et les compensations.
Aider les pays à combattre la grippe aviaire chez les animaux.
Surveillance
Renforcer les systèmes de dépistage précoce et de
riposte rapide pour la grippe humaine et animale.
Renforcer les capacités de laboratoire.
Endiguement rapide
Fournir un soutien et une formation pour l'examen des cas et des groupes
de cas chez l'homme et l'animal, et planifier et tester les activités
d'endiguement rapide.
Préparation à une pandémie
Elaborer et tester des plans nationaux de préparation à
une pandémie, procéder à un exercice mondial de riposte
à une pandémie, renforcer les capacités des systèmes
de santé, former les cliniciens et les administrateurs des services
de santé.
Plans de pays intégrés
Elaborer des plans nationaux intégrés associant tous les
secteurs pour la fourniture d'un soutien technique et financier coordonné.
Communication
A l'appui de tout ce qui précède, une communication factuelle
et transparente, en particulier sur les risques, est essentielle.
Le Dr David Nabarro, Coordonnateur principal
du système des Nations Unies pour la grippe aviaire et humaine,
a déclaré : « Nous devons utiliser au mieux tous nos
atouts et toutes nos compétences, éviter les doubles emplois,
partager notre savoir, tirer la leçon de notre expérience
et affiner nos méthodes de travail. Nous devons avant tout soutenir
les mécanismes qui existent dans les pays et proposer des plans
et des programmes intégrés communs et des activités
de suivi à l'échelle mondiale. »
La réunion a porté sur les
principaux besoins financiers des pays à court, moyen et long terme.
Selon une analyse présentée par la Banque mondiale, les
besoins des pays touchés pourraient atteindre US$ 1 milliard au
cours de ces trois prochaines années. Ce chiffre n'inclut pas le
financement de la mise au point de vaccins destinés à l'homme
ou à l'animal, des antiviraux ni des compensations aux éleveurs
pour la perte de revenu consécutive à l'abattage des animaux.
Le Dr Louise Fresco, Sous-Directeur général
de l'Organisation des Nations Unies pour l'alimentation et l'agriculture
(FAO), a déclaré : » De nombreux pays où la
maladie est endémique ont déjà pris des mesures mais
ils sont dépassés par la situation et ont besoin d'une aide
d'urgence. C'est en luttant contre la maladie chez l'animal que nous parviendrons
à réduire la menace d'une pandémie humaine. Nous
savons que la maladie est propagée par les oiseaux sauvages mais
nous devons approfondir les recherches pour bien comprendre leur rôle.
»
Les participants ont approuvé un
appel en faveur de la mobilisation d'urgence de US$ 35 millions pour financer
les mesures prioritaires de l'OMS, de la FAO et le l'Organisation mondiale
de la santé animale (OIE) pendant ces six prochains mois. Des ressources
doivent en outre être recueillies d'urgence pour financer les activités
de surveillance, de lutte et de préparation dans les pays.
Le Dr Bernard Vallat, Directeur général
de l'OIE, a déclaré : « Nous devons maintenant nous
atteler en priorité aux besoins urgents de ces six prochains mois.
Pour l'OIE et la FAO, les priorités sont l'évaluation et
le renforcement des services vétérinaires, des capacités
de laboratoire et de surveillance des pays touchés et des pays
les plus exposés. Nous devons également soutenir le réseau
de lutte contre la grippe aviaire pour ce qui est des capacités
en matière de diagnostic et de l'échange d'isolements avec
l'OMS. Souvenez-vous qu'il s'agit d'un bien public international. »
Il est indispensable de réduire
le risque d'exposition humaine au virus H5N1 et le risque ultérieur
de l'émergence d'un nouveau virus pandémique. L'OMS a besoin,
d'urgence, de moyens pour aider les pays à améliorer les
systèmes de surveillance essentiels et à renforcer les systèmes
d'alerte précoce, et les capacités en matière de
communication. « Le temps nous est compté, » a déclaré
Le Dr Margaret Chan, Représentant du Directeur général
de l'OMS pour la grippe pandémique. « Nous devons agir sans
délai pour nous donner le maximum de chances de contenir une pandémie.
»
« Dès l'instant où
davantage de régions ou de pays seront touchés par des flambées
animales ou une transmission interhumaine, les besoins financiers exploseront,
» a déclaré James Adams, Vice-Président pour
la politique opérationnelle de la Banque mondiale, et Chef du groupe
spécial de la Banque pour la grippe aviaire. « A l'issue
de nos travaux de ces trois derniers jours ici à Genève,
nous disposons d'un solide plan d'action que nous pourrons présenter
à la conférence des donateurs mi-janvier à Beijing.
»
Pour de plus amples informations, prière
de s'adresser, à l'OMS, à : Dick Thompson, Tél. :
+41 22 791 2684, Mél : thompsond@who.int; à l'OIE, à
Maria Zampaglione : +33 6 1646 2890 ; Mél : m.zampaglione@oie.int;
à la Banque mondiale, à Philip Hay : +1 202 409 2909 ; Mél
: phay@worldbank.org; é la FAO, à Erwin Northoff : +39 348
25 23 616 ; Mél : erwin.northoff@fao.org.
LE VIRUS H5N1 : FIXER LES
PRIORITES POUR COMBATTRE
Avis et invitation aux médias
GENEVE - Une réunion intitulée
« Le virus H5N1 : vers une stratégie mondiale » se
déroulera au Siège de l'Organisation mondiale de la Santé
(OMS), à Genève, du 7 au 9 novembre. Ces dernières
semaines, plusieurs réunions, missions sur le terrain et conférences
aux niveaux national et régional ont permis de mieux cerner le
problème posé par le virus H5N1 dans de nombreuses parties
du monde. Cette réunion replacera ces divers éléments
dans un contexte mondial pour permettre une évaluation d'ensemble
et s'attachera à définir les prochaines mesures à
prendre pour combattre la grippe aviaire chez l'animal et améliorer
les efforts pour faire face à l'éventualité d'une
pandémie de grippe humaine.
La réunion sera ouverte à
tous les médias accrédités, l'inscription devant
se faire auprès du bureau des médias de l'OMS avant le 2
novembre. Le nombre des places étant limité, c'est l'ordre
dans lequel se feront les inscriptions qui sera déterminant.
La réunion établira un programme
d'action. On précisera les progrès, les lacunes et les mesures
inutiles constatés et l'on attribuera les responsabilités
concernant l'aide aux pays touchés et aux pays à risque.
La réunion définira aussi les besoins techniques et financiers
de la lutte contre le virus H5N1 et établira une liste de priorités.
Des représentants des Etats Membres,
d'ONG et d'autres parties intéressées participeront à
la réunion. Il s'agira d'examiner la double stratégie qui
vise à combattre la grippe aviaire à la source chez l'animal
tout en se préparant à faire face à la grippe pandémique.
La réunion est organisée
par l'OMS, l'Organisation des Nations Unies pour l'Alimentation et l'Agriculture
(FAO), l'Organisation mondiale de la Santé animale (OIE) et la
Banque mondiale.
Pour s'inscrire, envoyer un courriel à
munzingerj@who.int en indiquant ses coordonnées (nom, fonction,
affiliation, numéros de téléphone et adresse électronique).
Une télécopie de l'accréditation et d'une carte d'identité
doit également être envoyée au numéro de fax
(+41 22) 791 4858.
Pour plus de renseignements, s'adresser
à Dick Thompson, Bureau de la communication, Maladies transmissibles,
OMS ( +41 22 791 2684, ou thompsond@who.int), Erwin Northoff, Bureau des
médias, FAO (+39 06 5705 3105, Erwin.northoff@fao.org), Maria Zampaglione,
OIE, Département de la Communication (+33 1 44 15 18 51, m.zampaglione@oie.int)
ou Phillip Hay, Banque mondiale (+1 202 473 1796 phay@worldbank.org).
LES VOLAILLES
ET LES ŒUFS BIEN CUITS NE PRESENTENT AUCUN RISQUE DE GRIPPE AVIAIRE
POUR LE CONSOMMATEUR
La FAO et l’OMS insistent sur
les bonnes pratiques d’hygiène dans la préparation
des volailles
Genève, 5 decembre 2005 –
Le poulet et les autres volailles peuvent être consommés
sans danger à condition d’être bien cuits. C’est
ce qui ressort d’une déclaration commune de l’Organisation
des Nations Unies pour l’Alimentation et l’Agriculture (FAO)
et de l’Organisation mondiale de la Santé (OMS) destinée
aux autorités nationales chargées de la sécurité
sanitaire des aliments. Aucun oiseau provenant d’un élevage
touché par la maladie ne doit toutefois pénétrer
dans la chaîne alimentaire.
La déclaration de la FAO et de l’OMS
vise à clarifier les questions de sécurité sanitaire
des aliments face à la crise actuelle de la grippe aviaire. La
déclaration publiée par le Réseau international des
autorités de sécurité sanitaire des aliments (INFOSAN)
est disponible dans les six langues officielles sur le Web (http://www.who.int/foodsafety/fs_management/infosan_archives/en/index.html)
Dans les zones exemptes de flambées
de grippe aviaire chez les volailles, il n’existe aucun risque que
le consommateur soit exposé au virus par la manipulation ou la
consommation de volailles ou de produits de volailles.
La cuisson des volailles (telles que poulets,
canards, oies, dindes ou pintades) à 70°C ou davantage dans
toutes les parties du produit de façon à ce qu’aucune
partie de la chair ne reste crue ou rouge est un moyen sûr de tuer
le virus H5N1 dans les zones touchées par les flambées chez
les volailles. Ainsi aucun virus actif ne subsiste si l’oiseau vivant
a été infecté et a pénétré par
inadvertance dans la chaîne alimentaire. A ce jour on ne dispose
d'aucune preuve épidémiologique de la contamination d'êtres
humains suite à la consommation de viande de volaille infectée
par le virus mais bien cuite.
Volailles
Sur la base des informations actuellement
disponibles il apparaît qu’un grand nombre de cas humains
confirmés ont été infectés par le virus H5N1
pendant l’abattage à domicile et les manipulations d’oiseaux
malades ou morts avant la cuisson. La FAO et l’OMS soulignent que
lors de l’abattage et de la préparation d’un oiseau
vivant, c’est l’abattage lui-même qui pose le plus grand
risque pour la transmission du virus de l’oiseau infecté
ou malade à l’homme.
La plupart des souches du virus de la grippe
aviaire se trouvent principalement dans les voies respiratoires et dans
le tractus gastro-intestinal des oiseaux contaminés, et non dans
la viande de ces volatiles. Toutefois, des virus hautement pathogènes
comme la souche H5N1 se propagent à pratiquement toutes les parties
d’un oiseau contaminé, y compris la viande. Le fait de bien
cuire la volaille à une température supérieure ou
égale à 70°C dans toutes les parties du produit inactive
le virus.
Lorsqu’un oiseau malade est abattu,
plumé et éviscéré, les virus peuvent être
transmis à l’homme par contact direct. Les volailles infectées
excrètent le virus dans leurs secrétions et dans les matières
fécales. L’exposition peut également survenir par
inhalation de poussière et éventuellement au contact de
surfaces contaminées par le virus.
Dans les zones où la commercialisation
d’oiseaux vivants est courante, l’abattage, le plumage et
l’éviscération à domicile accroissent l’exposition
à des parties potentiellement contaminées d’un poulet.
Ces pratiques entraînent donc un risque significatif d’infection
dans les zones exposées à des flambées chez les volailles.
Il n’est pas toujours possible d’établir
une différence entre les oiseaux infectés et non infectés
dans les zones touchées. Certaines espèces telles que les
canards domestiques peuvent être porteurs du virus tout en restant
asymptomatiques. Il faut donc être pleinement informé des
mesures préventives, et notamment utiliser du matériel de
protection. Selon la FAO et l’OMS, il faut mettre fin à la
pratique de l’abattage et de la consommation d’oiseaux infectés,
déjà malades ou morts. Ces oiseaux ne doivent pas davantage
être utilisés pour nourrir d'autres animaux.
Même dans les zones ou les pays actuellement
confrontés à des flambées, la probabilité
de volailles infectées parvenant jusqu'à une chaîne
industrialisée d’abattage et de transformation ou à
la commercialisation et à une manipulation par le consommateur
ou l'employé d'un restaurant est considérée comme
très faible par la FAO et l’OMS. Les bonnes pratiques d’hygiène
pendant la préparation et la cuisson des volailles à des
températures de 70°C ou plus contribuent également à
la sécurité de la viande cuite de volaille.
La vaccination des volailles domestiques
est considérée comme un instrument utile dans le cadre d’une
stratégie intégrée globale de lutte contre la grippe
aviaire à virus hautement pathogène. Elle doit être
menée conformément aux normes et aux procédures en
vigueur pour la vaccination. Avec des programmes de surveillance appropriés
en place, les volailles vaccinées peuvent pénétrer
dans la chaîne alimentaire sans présenter de risque particulier
pour le consommateur.
Œufs
On peut trouver le virus de la grippe aviaire
à virus H5N1 hautement pathogène à l’intérieur
ou à la surface des œufs pondus par des oiseaux contaminés.
Bien que les oiseaux malades s’arrêtent normalement de pondre,
les oeufs pondus pendant la phase précoce de la maladie pourraient
renfermer des virus dans le jaune ou le blanc, ou encore à la surface
de la coquille.
Une cuisson appropriée permet d’inactiver
le virus présent à l’intérieur des œufs.
Les protocoles de pasteurisation appliqués par l’industrie
pour les produits liquides à base d’oeufs produiront également
une inactivation efficace du virus.
Les œufs en provenance de zones touchées
par des flambées épidémiques chez les volailles ne
doivent pas être consommés crus ou partiellement crus (jaune
encore liquide). Jusqu’ici il n’existe pas de preuve épidémiologique
laissant supposer que des êtres humains ont pu contracter la grippe
aviaire en consommant des oeufs ou des produits à base d’oeufs.
Bonnes pratiques d’hygiène
recommandées pour réduire l’exposition au virus dans
les zones touchées par des flambées chez les volailles
1. Veiller à ce qu'aucun oiseau
provenant d’un élevage touché par la maladie ne pénètre
dans la chaîne alimentaire.
2. S’abstenir de consommer des morceaux
de volailles crus, y compris du sang cru, ou des oeufs crus dans des zones
touchées par des flambées chez les volailles ou en provenance
de telles zones.
3. Séparer la viande crue des aliments
cuits ou prêts à consommer pour éviter la contamination.
Ne pas utiliser la même planche à hacher ou le même
couteau pour la viande crue et les autres aliments. Ne pas manipuler des
aliments crus, puis les aliments cuits sans se laver les mains entre temps
et ne pas remettre la viande cuite dans la même assiette ou sur
la même surface qu’avant la cuisson. Ne pas utiliser des oeufs
crus ou ni cuits dans des préparations alimentaires qui ne subiront
pas de traitement thermique ou de cuisson.
4. Eviter de se salir les mains et se les
laver. Après avoir manipulé du poulet ou des oeufs congelés
ou décongelés, se laver soigneusement les mains au savon.
Laver et désinfecter toutes les surfaces et les ustensiles ayant
été en contact avec la viande crue.
5. Procéder à une cuisson
complète. Une cuisson complète de la viande de volaille
inactive le virus. S’assurer que la viande de volaille atteint une
température de 70°C au centre du produit (« température
de la braise ») ou qu’aucune partie de la viande n’est
rose. Les jaunes d’oeufs ne doivent pas être liquides.
Pour plus de renseignements, s’adresser
à Gregory Hartl, Communication, Développement durable et
environnement favorable santé, OMS, Genève (tél.
: (+41) (0) 22 791 4458; portable : (+41) (0) 79 203 6715; courriel: hartlg@who.int)
ou à Erwin Northoff, Coordonnateur de l'information, FAO, Rome
((+39) 06 5705 3105, (+39) 348 25 23 616; courriel : erwin.orthoff@fao.org).
Tous les communiqués de presse,
aide-mémoire et articles de fonds ainsi que d’autres informations
sur le sujet peuvent être obtenus à la page d’accueil
de l’OMS (http://www.who.int/).
On trouvera des informations complètes sur la grippe aviaire et
les questions de sécurité sanitaire des aliments sur les
sites http://www.who.int/foodsafety/micro/avian/en/index.html
et http://www.fao.org/ag/againfo/subjects/en/health/diseases-cards/special_avian.html
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