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Non solo vino, il valore aggiunto del vigneto “made in Italy”
è anche nel paesaggio: un patrimonio da 3 miliardi l’anno
La Cia ha tenuto il 7 novembre
a Serralunga d’Alba (Cuneo), presso la Tenuta di Fontanafredda,
la tavola rotonda su “Il ruolo della vite nel paesaggio agrario
per la valorizzazione del territorio”. Il presidente Scanavino:
è una risorsa fondamentale del Paese dal punto di vista economico,
culturale e naturalistico, ma ancora sottovalutata e costantemente minacciata
sia dall’urbanizzazione sfrenata che da fenomeni di abbandono nelle
aree montane. Vigneti sempre più attrattivi per i turisti e sempre
più “premiati” per il loro valore intrinseco: basti
pensare al riconoscimento dell’Unesco che ha dichiarato i paesaggi
vitivinicoli delle Langhe, Roero e Monferrato patrimonio dell’umanità.
Dalle distese infinite di vigneti secolari nelle Langhe alle uve che nascono
ai piedi delle Dolomiti o salgono verso l’Etna, dalla viticoltura
eroica arroccata sui terrazzamenti della costa ligure a quella dolce della
Costiera Amalfitana: il paesaggio vitivinicolo italiano è un patrimonio
di ricchezza e di varietà, di storia e di tradizioni. Ma soprattutto
è una risorsa economica spesso trascurata e costantemente a rischio,
“attaccata” sia dall’urbanizzazione selvaggia, soprattutto
nelle aree in pianura, sia dai fenomeni di abbandono di vaste zone collinari
e montane, con effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio. Eppure,
tra il turismo rurale e l’indotto legato all’enogastronomia
tipica, i vigneti del Belpaese “valgono” oltre 3 miliardi
di euro l’anno. E’ quanto emerso dalla tavola rotonda “Il
valore del vigneto oltre il vino. Il ruolo della vite nel paesaggio agrario
per la valorizzazione del territorio”, organizzata dalla Cia-Confederazione
italiana agricoltori a Serralunga d’Alba, in provincia di Cuneo,
presso la Tenuta di Fontanafredda.
Il vino è uno dei fiori all’occhiello del “made in
Italy” agroalimentare, con oltre 200 mila aziende coinvolte, 650
mila ettari di vigne sparse sul territorio nazionale e un fatturato di
quasi 10 miliardi l’anno di cui la metà sui mercati stranieri
-ricorda la Cia-. Ma, oltre al giro d’affari del prodotto vino,
bisogna sensibilizzare cittadini e istituzioni sul valore del patrimonio
paesaggistico della campagna italiana, prima di tutto quella vitivinicola,
che subisce la continua aggressione dell’urbanizzazione sfrenata.
Negli ultimi vent’anni, infatti, cemento e degrado hanno lentamente
“rosicchiato” questo capitale verde, sottraendo terre all’agricoltura
per oltre 2 milioni di ettari.
Ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di suolo, compromettendo
in questo modo l’integrità di paesaggi e scenari unici, plasmati
nel tempo dall’attività agricola, e motivo d’attrazione
per i turisti sempre più numerosi -sottolinea la Cia-. Una fonte
di ricchezza che supera il valore puramente estetico, quindi, ma diventa
una somma di fattori economici, legati anche al giro d’affari delle
produzioni e dei vini certificati (nel Belpaese ci sono 266 prodotti Dop
e Igp, 332 vini Doc, 73 vini Docg e 118 vini Igt) e strettamente connessi
al territorio d’origine.
“Il paesaggio rurale è una componente essenziale dell’identità
del nostro Paese -ha spiegato nel corso della tavola rotonda il presidente
della Cia nazionale Dino Scanavino- e appare particolarmente importante,
perché pone l’accento sul nesso tra l’azione necessaria
per superare i fattori di crisi e contrastare i rischi di decadimento
dell’attività produttiva agricola (in particolare il fenomeno
dell’abbandono di vaste aree collinari e montane dove l’azione
dell’agricoltore è fondamentale per manutenere il territorio,
conservare la fertilità dei suoli e dare stabilità ai versanti
per evitare casi di dissesto idrogeologico) e un rinnovato impegno a puntare
sulle potenzialità offerte dal nostro patrimonio storico di civiltà
e bellezza per la crescita degli scambi tra l’Italia e il resto
del mondo e per lo sviluppo diffuso di un turismo di qualità altamente
competitivo”.
Viene fuori, quindi, un moderno concetto di paesaggio rurale, che diventa
il risultato dell’integrazione nello spazio e nel tempo di fattori
economici, sociali e ambientali, valorizzando il suo ruolo di “risorsa”
complessa, di cui gli agricoltori sono i principali artefici e i custodi,
ma che appartiene a tutto il Paese, dal punto di vista culturale, turistico,
identitario, presentandosi ancora eccezionalmente ricco e diversificato.
In questo senso “vale la pena ricordare il recente riconoscimento
dell’Unesco, che ha dichiarato i paesaggi vitivinicoli di Langhe,
Roero e Monferrato patrimonio dell’umanità -ha evidenziato
Scanavino- premiando il valore storico, naturalistico e tipico di un territorio
che è inimitabile, grazie anche a un’agricoltura attenta,
ricca di tradizioni e di storia. Questi luoghi sono il risultato dell’azione
combinata dell’uomo e della natura. Il riconoscimento Unesco dà
loro sicuramente un valore aggiunto, che deve essere sfruttato appieno
ed esteso a tutte le altre realtà. Partendo dall’assunto
che il patrimonio paesaggistico fondato sulla presenza dei vigneti costituisce
un riferimento e un input per il made in Italy”.
Nel merito, diventa fondamentale oggi “lavorare a buone strategie
per il paesaggio al fine di costruire reali Piani Strategici Territoriali
siano essi ‘paesaggistici o di sviluppo rurale’ -ha concluso
il presidente nazionale Cia- individuando con chiarezza l’importanza
di indirizzare verso lo sviluppo del vigneto risorse anche comunitarie,
concorrendo allo sviluppo di strumenti innovativi quali la certificazione
nella gestione del paesaggio, quale elemento promozionale che abbina la
qualità dei prodotti alla qualità/modalità di definizione
e gestione del paesaggio attraverso la quotidianità del lavoro
delle imprese agricole, in un crescendo di interesse collettivo condiviso”.
Alla tavola rotonda ha partecipato l’assessore all’Agricoltura
della Regione Piemonte Giorgio Ferrero, oltre a numerosi esperti, produttori
ed esponenti del mondo accademico. (www.cia.it)
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