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Corte Conti, politiche agricole tengano conto di risorse idriche

Una relazione pubblicata il 13 maggio dalla Corte dei conti europea rileva che l’UE è riuscita solo in parte a integrare nella politica agricola comune (PAC) gli obiettivi della politica UE in materia di acque. L’audit ha evidenziato debolezze nei due strumenti (la condizionalità e lo sviluppo rurale) attualmente usati per integrare nella PAC le questioni relative alle risorse idriche e ha individuato ritardi e debolezze nell’attuazione della direttiva quadro sulle acque.
“In Europa, l’agricoltura consuma, in maniera del tutto logica, una grande quantità di acqua, assorbendo un terzo circa dell’acqua complessivamente utilizzata, ed esercita pressioni sulle risorse idriche attraverso, ad esempio, l’inquinamento idrico da nutrienti”, ha dichiarato Kevin Cardiff, il Membro della Corte responsabile della relazione. “Sebbene si siano registrati dei progressi, la Commissione e gli Stati membri devono integrare meglio le questioni relative alle risorse idriche nella politica agricola comune, al fine di garantire un uso sostenibile a lungo termine di tali risorse”.
La PAC – ricorda un comunicato della Corte – rappresenta poco meno del 40% del bilancio dell’UE (per il 2014, oltre 50 miliardi di euro) e mediante tale politica l’UE vuole influire sulle pratiche agricole che hanno un impatto sulle risorse idriche.
L’audit della Corte ha esaminato se gli obiettivi della politica UE in materia di acque trovino riscontro effettivo ed efficace nella PAC, a livello sia strategico sia di attuazione. Sono stati analizzati i due strumenti utilizzati per integrare nella PAC gli obiettivi della politica UE in materia di acque: la condizionalità, un meccanismo che subordina determinati pagamenti della PAC al rispetto di specifici requisiti ambientali, e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, che fornisce incentivi finanziari per azioni che vanno al di là di quanto richiesto dalla normativa obbligatoria per migliorare la qualità delle acque.
L’audit ha rilevato che la condizionalità e i finanziamenti per lo sviluppo rurale hanno sinora avuto un impatto positivo sul conseguimento degli obiettivi di miglioramento della quantità e qualità delle risorse idriche, ma che tali strumenti sono limitati in rapporto alle ambizioni della PAC e agli ancor più ambiziosi obiettivi stabiliti dai regolamenti PAC per il periodo 2014-2020.
La Corte ha concluso anche che vi è scarsa conoscenza, a livello UE e negli Stati membri, delle pressioni esercitate dalle attività agricole sulle risorse idriche e della loro evoluzione nel tempo.
“Gli Stati membri devono fare di più per allineare i programmi di sviluppo rurale e gli interventi a tutela delle risorse idriche, e devono eliminare i ritardi nell’applicazione della direttiva quadro sulle acque. ” ha affermato Cardiff, “Anche se i riscontri già pervenuti alla Commissione sono positivi, resta ancora molto da fare”. (www.asca.it)


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