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Modena, l’alluvione dopo il terremoto
Gli agricoltori: una catastrofe annunciata. La drammatica conta dei danni: 1000 sfollati, 2500 ettari di colture allagati, 1800 capannoni artigianali in difficoltà

Prima il terremoto. Poi l’alluvione. Nel giro di un anno e mezzo la natura ha voluto accanirsi su questa zona della Bassa tra Modena, Bomporto e Medolla. Un triangolo di terre rigogliose delimitato dal Secchia e dal Panaro, la patria del Lambrusco e delle pere. Dove ora, dopo lo straripamento dei due fiumi, domenica 19, si contano -di nuovo - i danni. Pesantissimi. Circa 1800 capannoni artigianali e 110 aziende agricole e allevamenti in difficoltà. 2500 ettari sommersi. Quasi 1000 gli sfollati. L’emergenza intanto resta: L’Esercito sta inviando ancora natanti del Genio per aiutare le popolazioni in difficoltà.

NUMERI CATASTROFICI - I numeri ricordano quelli di due date che l’Emilia vorrebbe dimenticare: quelle del 20 e del 29 maggio 2012, il sisma che sbriciola le case e provoca morti e feriti. Poi ancora quell’incubo. Mentre si susseguono i soccorsi - tre persone e un cane sono state salvate grazie all’arrivo di un elicottero - e continuano le ricerche di un disperso , la prefettura sta dando assistenza a sfollati e senza casa. Appunto: 958 le persone accolte nei due centri di assistenza di Modena Est e di Mirandola, la maggior parte provenienti da Bomporto (500) e Bastiglia (276). Ma devastazioni si contano anche a San Prospero, Camposanto, e San Felice sul Panaro. Più o meno dove fu l’epicentro dei terremoti.
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LA PROVINCIA: LEGGE SPECIALE - Nella mattinata di martedì l’assessore provinciale all’Agricoltura Luca Gozzoli ha svolto una prima ispezione. Almeno 2.500 ettari sommersi dall’acqua. E conseguenze tutte da chiarire. Di certo «occorre una legge speciale» che serva per attivare risarcimenti come sta accadendo per il terremoto. «Il nostro obiettivo - spiega l’assessore all’Agricoltura Luca Gozzoli - è cominciare a inviare alla Regione già nei prossimi giorni i primi elementi utili per adottare le misure necessarie». Ci sono realtà che si erano appena risollevate dalle conseguenze del sisma - come quella del caseificio della cooperativa Albalat - ma che adesso devono già occuparsi - dice amareggiato Gozzoli - «della nuova conta dei danni».
DANNI INGENTI ALLE COLTURE - Da Confagricoltura arrivano altri rapporti e cifre drammatiche. Danni ingenti alle colture, ma anche ai fabbricati e alle attrezzature. Le acque stanno iniziando solo in alcune aree a ritirarsi e al momento non è possibile verificare direttamente i danni e i quantitativi di fango e detriti depositati, in particolare sui cereali. C’è grande preoccupazione anche per le colture arboree, in particolare vite, appunto quelle danno il Lambrusco, e pero.
ALLEVAMENTI IN DIFFICOLTA’ - Ed è grave la situazione per alcuni allevamenti bovini e suini situati nelle aree coinvolte. Secondo Confagricoltura Modena sono state direttamente coinvolte dall’accaduto circa 110 aziende associate, per un totale, appunto, di circa 2.500 ettari e una decina di allevamenti di suini e di bovini da carne e da latte e di equini, senza contare tutti gli animali di bassa corte.
CONFAGRI: «DISASTRO ANNUNCIATO» - «Siamo di fronte ad un disastro annunciato - dice la presidente di Confagricoltura Modena Eugenia Bergamaschi, la cui azienda situata a 200 metri dalla falla del fiume è stata una delle prime ad essere coinvolta -. Da anni denunciamo una forte preoccupazione sulla gestione degli argini e del letto del fiume Secchia, ma i nostri proclami non sono stati ascoltati e ora ci troviamo ad affrontare una situazione drammatica. Così oggi ci troviamo ad affrontare una nuova emergenza, a 20 mesi dal terremoto, con nuovi problemi e danni economici ingenti, in un contesto già complicato». E c’è anche chi promuove una class action. Si tratta di Massimo Jasonni, professore della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia che assiste « numerose famiglie che con l’alluvione, in un attimo, hanno perso tutto. Vivono sfollate, come in tempo di guerra». Obiettivo: la carente manutenzione degli argini. «Se l’avessero fatta - è l’accusa - il Secchia non sarebbe straripato».

(Alessandro Fulloni - www.corriere.it)


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