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IN PRIMO
PIANO
Ambiente: agenzia Ue, allarme rapido contro specie invasive
Sono una delle cinque principali cause perdita biodiversità
Sono passati dieci anni dai primi
allarmi lanciati dagli scienziati sulle specie animali 'straniere' invasive,
ma l'Unione europea non ha ancora messo a punto un coordinamento e un
meccanismo comune di allarme rapido per fronteggiare l'emergenza. Il risultato
è che il problema sta diventando sempre più grave. A lanciare
l'avvertimento è l'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente
(Aea), ''Late Lessons from Early Warnings, volume 2'', in cui vengono
esaminati tanti allarmi che in passato sono stati ignorati, fino a quando
il danno non è stato evidente.
''L'anello debole in Europa è la risposta rapida, passano anni
prima che si decida come agire'' spiega Piero Genovesi dell'Ispra, coautore
del rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente. Mentre le invasioni biologiche
delle cosiddette 'specie aliene', spiega l'Aea, sono una minaccia emergente,
visto che ormai sono una delle cinque principali cause di perdita di biodiversità,
insieme a distruzione dell'habitat, sfruttamento eccessivo delle risorse,
cambiamenti climatici e inquinamento.
Un caso emblematico in Europa è quello della famigerata alga 'Caulerpa
taxifolia'. L'allarme per la taxifolia fu lanciato dai francesi nell'84.
Nel '90 erano già tre gli ettari di mare italiano e francese ricoperto
da quest'alga. Appena quattro anni dopo, nel 1994, erano diventate ben
1.500 ettari. A farne le spese è stata la Posidonia oceanica, la
pianta che rappresenta il più grande polmone per il Mare Nostrum.
La prossima specie 'straniera' invasiva a sbarcare in Italia sarà
con tutta probabilità un calabrone asiatico, la 'vespa velutina
nigrithoraxis', residente in Francia dal 2005. I ricercatori europei la
tengono d'occhio da tempo, perché può avere un forte impatto
sulle api e quindi sull'apicoltura. Secondo Genovesi ''i sistemi di allerta
sono importanti: servirebbero le liste di specie invasive presenti e di
quelle che possono arrivare. Su questo fronte in Italia sta lavorando
l'Ispra, con dati distributivi più precisi rispetto a quelli raccolti
a livello europeo''.
Capire quali sono, quante sono e dove si trovano le popolazioni delle
cosiddette 'specie aliene' è determinante, ''un elemento essenziale
per capire le priorità di lavoro''. Ma in Italia, come in tutta
Europa, manca ancora un sistema di sorveglianza coordinata. Molti paesi
Ue si stanno dotando di regole, ma senza un impianto europeo è
difficile che le misure siano efficaci. Per questo la Commissione Ue ha
promesso presto l'arrivo di norme ad hoc.
Intanto dal rapporto dell'Aea “è sempre più chiaro
che queste specie costituiscono un rischio non solo per l'ambiente, ma
anche per l'uomo. Una delle conclusioni è che dobbiamo far capire
meglio come il fenomeno non colpisca solo la biodiversità, ma anche
la salute umana, l'agricoltura, la pesca, le attività forestali''
afferma l'esperto dell'Ispra.
''Inoltre - aggiunge Genovesi - per rispondere alle invasioni biologiche
bisogna coinvolgere tutta la società: senza un'informazione è
difficile avere una risposta da parte del pubblico e dei decisori politici''.
Una delle raccomandazioni del rapporto Aea poi è quella di evitare
''paralisi da analisi''. ''Non si può continuare a proporre studi
- afferma l'esperto dell'Ispra - ma bisogna agire. Non bisogna aspettare
che il problema esploda, ma puntare di più sulla prevenzione''.
Il problema delle invasioni biologiche ''di per se' tende ad avere dinamiche
esplosive: quando una specie si insedia, in pochi anni può diventare
incontrollabile'' conclude Genovesi. (Chiara Spegni - ANSA)
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