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IN PRIMO
PIANO
Imprese: la “Blue economy” vale 120 miliardi di euro.
Oltre 210mila aziende operative e 800mila occupati
Presentato il 2° Rapporto Unioncamere sull’Economia del
Mare
Gaeta, 22 aprile 2013 - Evidenziare il
valore reale dell’Economia del mare; promuoverne il riconoscimento
a livello istituzionale e il ruolo delle Camere di Commercio per il suo
sviluppo; mettere a sistema i progetti e le risorse della rete camerale
italiana e implementare una policy di sistema; orientare l’Economia
del mare verso uno sviluppo economico, sociale e ambientale che sia sostenibile
e integrato. Questi gli obiettivi nell’agenda della prima edizione
degli Stati generali delle Camere di commercio sull’economia del
mare - promossi da Unioncamere in collaborazione con la Camera di commercio
di Latina – e svoltisi oggi a Gaeta nell’ambito della 6^ edizione
dello Yacht Med Festival.
“L’economia del mare
– ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello -
è come un ‘cuore blu’ che pulsa al fondo del sistema
produttivo del Paese. Una risorsa strategica straordinaria che in questi
anni di crisi ha continuato a battere anche a ritmi più veloci
rispetto al resto dell’economia. Abbiamo il dovere di assecondare
e alimentare questo battito per sostenere i territori e aiutare l’Italia
a ritrovare il percorso della crescita. Il sistema camerale, con gli stati
generali dedicati all’economia del mare, ha raccolto una sfida importante
sui cui si impegna ad affiancare il mondo delle imprese e delle associazioni
e a lavorare con le altre istituzioni per rafforzare un pezzo del tessuto
economico nazionale che è fondamentale per l’innovazione
e la sostenibilità del nostro modello di sviluppo”.
Nell’ambito degli Stati generali
sono state individuate alcune tematiche giudicate prioritarie dalle Camere
di commercio - trasporto e turismo - su cui sviluppare linee di azione,
interventi, progetti sia autonomamente sia in collaborazione con altri
soggetti pubblici e privati, nei singoli territori e tra territori diversi.
Per entrambe, le iniziative che il sistema camerale si propone di intraprendere
incroceranno cinque temi strategici: competitività delle filiere,
formazione delle competenze, internazionalizzazione, semplificazione e
sistemi di monitoraggio a sostegno di policy dedicate.
In occasione del meeting, è stato presentato il 2° Rapporto
sull’Economia del Mare - realizzato da Unioncamere con il contributo
tecnico di CamCom-Universitas Mercatorum - che fotografa il contributo
del comparto “blu” della nostra economia alla produzione di
ricchezza e occupazione, dal quale si scopre che per ogni euro di valore
aggiunto prodotto direttamente, il mare ne attiva quasi altri due nel
resto dell’economia. Nonostante la crisi, nel periodo 2009-2011
l’economia del mare ha dato segni importanti di tenuta, sia sotto
il profilo occupazionale sia sotto quello imprenditoriale. Sul fronte
del lavoro, il comparto si addirittura mosso in controtendenza rispetto
al complesso dell’economia: a fronte della perdita totale nel periodo
di 97.000 posti di lavoro (-0,4%), l’economia del mare ha fatto
segnare un incremento stimato di 11.000 unità (+1,4%), con un notevole
impulso derivante dalle attività di ricerca ed in misura minore
dalla componente turistica. Sul fronte delle imprese, invece, nel triennio
2010-2012 il tessuto imprenditoriale (costituito da circa 210mila imprese)
è aumentato di quasi 7.000 unità, ad un ritmo quindi del
3,4%, decisamente superiore allo 0,1% osservato per il totale dell’economia
economia.
Il ruolo del mare nell’economia
Italiana: valore aggiunto e occupazione
Il contributo al valore aggiunto prodotto nel nostro paese dalle filiere
riconducibili all’economia del mare, ammontava nel 2011 a 41,2 miliardi
di euro con una incidenza sul totale della capacità di produrre
ricchezza del 2,9%: quasi il doppio di quanto prodotto dal comparto del
tessile, abbigliamento e pelli (21 miliardi) o delle telecomunicazioni
(22 miliardi), e quasi il triplo di quello del legno, carta ed editoria
(poco meno di 15 miliardi). La quota più significativa (il 45%
del totale, corrispondente a poco meno di 19 miliardi), si deve ai settori
più tradizionali: prima di tutti quelli della cantieristica e dei
trasporti di merci e persone (con un’incidenza tra il 15 e il 16%
ciascuno, attorno ai 6,5 miliardi), seguiti da quelli della filiera ittica
e dell’industria estrattiva marina (intorno al 6-7% ciascuno, pari
a 2,5-3 miliardi).
Poco meno di un terzo (oltre 15 miliardi di euro), si riferisce alle attività
legate al turismo – sommando le attività di alloggio e ristorazione
a quelle sportive e ricreative - cui si deve il 37% del valore aggiunto
creato dal comparto a distanza segue da un segmento del cosiddetto “terziario
avanzato” - rappresentato dalla ricerca, regolamentazione e tutela
ambientale - che contribuisce a quasi un quinto della ricchezza prodotta
complessivamente dal sistema economico legato al mare (18% ovvero più
di 7 miliardi di euro); un dato che evidenzia le potenzialità di
questa fetta del nostro sistema produttivo in termini di innovazione e
contributo alla salvaguardia del patrimonio naturale.
Tab. 1 - Valore aggiunto e occupati
dell'economia del mare, per settore
Anno 2011 (valori assoluti e percentuali)
Dal punto di vista occupazionale, i quasi
800mila lavoratori impiegati nell’economia del mare rappresentano
il 3,2% dell’occupazione complessiva del Paese, superiore di 200mila
unità a quella dell'intero settore formato dalla chimica, farmaceutica,
gomma, materie plastiche e minerali non metalliferi (600mila occupati;
2,4% del totale economia), e 160mila in più rispetto a quella dei
servizi finanziari e assicurativi (circa 640mila unità, pari al
2,6% degli occupati totali).
All’interno dell’economia del mare, gli occupati si distribuiscono
tra i settori in modo del tutto simile al valore aggiunto, con una forte
incidenza delle attività ricettive e della ristorazione, visto
che spiegano poco più di un terzo dell’occupazione complessiva
del comparto (36%, pari a quasi 287mila lavoratori, una parte consistente
dei quali a carattere stagionale); seguono, per dimensione occupazionale,
la cantieristica (17%, poco più di 135 mila occupati), la filiera
ittica (12%, poco più di 95mila occupati) e le attività
sportive e ricreative (8% pari a più di 61mila occupati).
La forte connotazione marina delle regioni meridionali fa sì che
l’economia del mare italiana si concentri prevalentemente proprio
nel Centro-Sud (60% del valore aggiunto e 64% in termini di occupati),
grazie soprattutto alla centralità che assume in alcune regioni
come il Lazio, la Sicilia, la Campania e la Puglia (insieme, queste quattro
regioni coprono circa il 40% del valore aggiunto dell’economia marina
nazionale e il 43% degli occupati generati dal comparto).
Al Nord sono invece tre le regioni trainanti – la Liguria su tutte,
seguita dalla Lombardia e dal Veneto – che insieme assorbono all’incirca
un quarto di ricchezza e di occupazione ascrivibile alle attività
connesse al mare (rispettivamente 26 e 23% del totale nazionale). In termini
di sviluppo territoriale, i dati mostrano come tra le regioni solo in
Liguria il valore aggiunto prodotto dell’economia del mare incida
per oltre il dieci percento sull’economia regionale (l’11,9%).
Tra le province, l’incidenza maggiore si riscontra a Livorno, dove
il 15,7% del valore aggiunto del territorio è dovuto all’economia
del mare.
Tab. 2 - Valore aggiunto e occupati
dell'economia del mare, per regione
Anno 2011 (valori assoluti e percentuali)
Tab. 3 - Prime dieci posizioni delle graduatorie delle graduatorie provinciali
in base all'incidenza del valore aggiutno e dell'occupazione dell'economia
del mare sul totale dell'economia
Anno 2011 (valori percentuali e assoluti)
La struttura imprenditoriale
Alla fine del 2012 – sulla base dei dati del Registro delle imprese
delle Camere di commercio - il perimetro dell’economia del mare
racchiudeva quasi 211mila imprese (pari al 3,5% del totale nazionale).
In termini assoluti, il numero maggiore di imprese che ruotano intorno
all’economia del mare si concentra nel comparto del turismo, (96.547
attività, il 45,8% del totale) come somma dei servizi di alloggio
e ristorazione (67.178) e delle attività sportive e ricreative
(29.369). Al secondo posto segue la filiera ittica (41.633 aziende, il
19,7% del comparto), seguita da quella della cantieristica (32.130, pari
al 15,2% dell’economia ‘blu’).
Tab. 4 - Imprese dell'economia del
mare per settore
La capacità di attivazione
sul resto dell’economia: il "moltiplicatore" del mare
L’economia del mare, tuttavia, non esaurisce i suoi effetti nelle
attività che rientrano direttamente nel perimetro dei settori che
la definiscono. Tra le sue caratteristiche c’è infatti quella
di essere in grado di attivare indirettamente, a monte e a valle della
filiera, ulteriori effetti sul sistema economico, a conferma della sua
importanza strategica soprattutto in chiave di rilancio del Paese. Basti
pensare che per ogni euro prodotto da questo settore se ne attivano altri
1,9 nel resto dell’economia.
In valori assoluti questo significa che, con riferimento al 2011, ai 41,3
miliardi di valore aggiunto prodotti dalle attività direttamente
legate al mare nel 2011 hanno fatto riscontro altri 77 miliardi di euro
attivati sul resto dell’economia. Come dire che, nel periodo preso
a riferimento, l’intera filiera ha generato 118 miliardi di euro
di valore aggiunto, pari all’8,4% dell’economia complessiva.
Tab. 6 - Valore aggiunto prodotto dall'economia
del mare, moltiplicatori e valore aggiunto attivato sul resto dell'economia,
per ripartizione geografica
Analizzando questa capacità nel
dettaglio dei singoli settori, si scopre che quello che può vantare
il più alto coefficiente di attivazione è quello del trasporto
merci e passeggeri, grazie a un moltiplicatore pari a 2,9 tale per cui,
ai 6,4 miliardi di valore aggiunto direttamente prodotti nel 2011, hanno
corrisposto più di 18 attivati, per un totale di quasi 25 miliardi
di euro (oltre un quinto dell’intera filiera del mare).
Tab. 7 - Moltiplicatori del reddito dell'economia del mare, per settore
e ripartizione geografica
Dal punto di vista geografico, la capacità
di attivazione dell’economia del mare cambia passando tra una ripartizione
all’altra. Il Nord-Est e il Nord-Ovest vantano i moltiplicatori
più elevati, rispettivamente, pari a 2,3 e a 2,2 euro attivati
per ogni euro prodotto dall’economia del mare. Tra le regioni costiere
del Nord-Italia, spiccano il Friuli-Venezia Giulia e la Liguria con moltiplicatori
pari a 2,5 in entrambe le regioni, leggermente superiore al 2,2 che vantano
le altre due regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna.
Moltiplicatori del reddito dell'economia
del mare nelle regioni costiere
Anno 2011 (euro attivati sul resto dell'economia per ogni euro prodotto,
in termini di valore aggiunto)
* * *
Il rapporto integrale è disponibile sul sito www.unioncamere.gov.it
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