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IN PRIMO
PIANO
Ambiente: ecco perché i nostri sprechi
lo distruggono
Riccardo Valentini, Direttore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente
Forestale, spiega perché i problemi del pianeta sono legati alla
nostra alimentazione
Il modo migliore per riflettere nella
giornata dedicata all’ambiente è guardare nel proprio piatto.
E nel proprio frigorifero. Per due motivi: l’agricoltura è
uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento. E per produrre
cibo si impiegano risorse limitate. Per questo gli sprechi alimentari
non sono soltanto un inaccettabile paradosso, considerato che nel mondo
ci sono circa 900 milioni di uomini, donne e bambini malnutriti, ma un
vero e proprio attentato al futuro del pianeta.
"Il nostro sistema alimentare incide per il 27 per cento sul totale
delle emissioni di gas serra: il 15 è dovuto alla attività
agricola, il resto all’abbattimento delle foreste tropicali, tagliate
per fare spazio alle coltivazioni" riassume Riccardo Valentini, Direttore
del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue
Risorse all’università della Tuscia, premio Nobel per la
pace nel 2007 in qualità di membro dell’ Intergovernmental
Panel on Climate Change (IPCC), da poco nell’advisory board del
Barilla Center for food and Nutrition .
"Ma l’aspetto più preoccupante sono le prospettive.
Nel 2050 sulla terra ci saranno 9 miliardi di esseri umani e 8 su 10 vivranno
in città. Questo significa che sarà necessario produrre
più cibo, ma con meno persone. L’agricoltura tenderà
a diventare più intensiva, quindi le emissioni inquinanti saranno
destinate ad aumentare".
Da dove si comincia a immaginare una soluzione? "Beh, come in
tutte le famiglie alle prese con problemi di bilancio, si parte tagliando
gli sprechi" osserva Valentini. "Oggi nei paesi industrializzati
si butta nella spazzatura il 30 per cento del cibo prodotto. E questo
rappresenta un doppio costo: i rifiuti alimentari se non opportunamente
trattati finiscono in discarica e si trasformano in metano, che è
un gas serra micidiale, ma soprattutto per produrre quel cibo si consumano
risorse scarse".
Il Barilla Center for Food and Nutrition ha calcolato che ogni anno in
Europa e Nord America ogni persona spreca cibo pari a circa 2.000 calorie
al giorno. Per ottenerle servono l’equivalente di 2 campi da basket
in terra e 40 mila bottiglie d’acqua da 1,5 litri. Soltanto nel
nostro paese questi sprechi che avvengono dal campo, all’industria
alimentare fino alle dispense degli italiani emettono 4 milioni di tonnellate
di Co2, circa un quarto di quanto il protocollo di Kyoto ci chiede di
tagliare. (scarica qui l’intero rapporto)
"I consumatori spesso dimenticano quanto il loro peso sia importante
anche per far cambiare le dinamiche dell’industria e della grande
distribuzione" sottolinea Valentini, "Lo si è visto con
il boom dei prodotti sostenibili".
In attesa che la politica si faccia carico di ripensare la politica alimentare
spetta quindi a chi fa la spesa provare a cambiare le cose.
Il parlamento britannico ha appena pubblicato un rapporto sulla sicurezza
alimentare globale che contiene alcune raccomandazioni rivolte proprio
ai consumatori inglesi: accanto a una campagna nazionale contro lo spreco
alimentare, la commissione sullo sviluppo internazionale che ha redatto
il documento invita a produrre e consumare in modo più sostenibile
la carne. L’esplosione del numero di allevamenti è una delle
cause del rialzo dei prezzi alimentari, oltre che dell’inquinamento
e del sovra utilizzo di risorse.
"Credo che il fattore chiave sia far capire che la salute umana,
quindi la necessità di mangiare cibo sano e nelle giuste quantità
è strettamente connessa con la salute della Terra" conclude
Valentini. (Franca Roiatti - scienza.panorama.it)
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