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IN PRIMO
PIANO
Agropirateria: i ristoratori italiani nel
mondo garanti contro le truffe
I Ristoranti Italiani nel Mondo: “cartina tornasole” dell’origine
e dell’autenticità delle produzioni Made in Italy
Tema scottante quello della contraffazione alimentare. Fenomeno che mina
l’autenticità e la passione dei ristoratori che hanno scelto
di fare del Made in Italy il loro fattore di distintività e identità
sul mercato.
Se si considerano i rischi per la salute ed anche il danno economico della
contraffazione alimentare, si comprende ancora di più l’importanza
della lotta, anzi della “guerra”, al falso, che rappresenta
un business che solo in Italia vale 6,9 miliardi di fatturato perso per
le imprese (dati Censis 2012).
Vittime della “agropirateria”, del “italian sounding”
e della “adulterazione degli ingredienti” di un prodotto alimentare,
però, non sono solo i produttori ed i consumatori, ma anche coloro
che consideriamo gli ambasciatori della cucina italiana ed anello della
filiera del prodotto agroalimentare: i Ristoranti Italiani nel Mondo.
Abbiamo dato loro la parola.
Innanzitutto sono due le dinamiche che emergono dallo studio: alcuni ristoratori
lamentano criticità sostanziali in merito alla tracciabilità
delle materie prime, ed altri si mostrano più consapevoli nel rivestire
un ruolo di garanti del prodotto finale, come “cartina tornasole”
della qualità dei prodotti di origine italiana.
Partiamo dalle criticità. In prima linea una delle problematiche
più rischiose: la mancanza di strumenti per effettuare i giusti
controlli sulla qualità e sull’origine del prodotto. Infatti,
quasi ¼ degli oltre 150 ristoratori coinvolti nell’indagine
dichiarano di disporre in maniera limitata dei mezzi per effettuare i
controlli sulle materie prime che usano in cucina. Certo è confortevole
scoprire che, per contro, quasi 8 ristoratori su 10 dispongono di tali
strumenti, ma non può essere trascurata l’esistenza del rischio
che un prodotto “non identificato” finisca nei piatti serviti
dai ristoratori meno informati.
Quali le possibilità di controllo a loro disposizione? Il contatto
con il produttore, la conoscenza della normativa, l’interesse ad
approfondire le informazioni sul prodotto, il controllo della documentazione
e delle etichette, per fare degli esempi.
I punti deboli rispetto all’utilizzo di questi canali di controllo
dell’origine della materia prima sono principalmente due. Il primo
è la diffusa mancanza del contatto con il produttore: circa il
34% dei ristoratori dichiara di non stringere rapporti con l’impresa
che dà avvio alla filiera produttiva.
Secondo punto debole, questo più preoccupante, è la scarsa
conoscenza della normativa internazionale dichiarata da quasi il 16,5%
dei ristoratori. Anche in questo caso non si intende oscurare la quota
maggioritaria di ristoratori che invece la normativa la conosce, ma si
vuole attirare l’attenzione sulla necessità di rafforzare
e rendere capillare la divulgazione delle informazioni sul riconoscimento
del falso Made in Italy. Fare sistema e sensibilizzare i ristoratori farebbe
cambiare idea a quella quota di operatori che crede non sia suo compito
controllare l’origine del prodotto (quasi il 26% degli operatori)
e che basti fidarsi del fornitore (quasi il 52,6%), fattore importante
ma non sufficiente, per essere certi dell’origine delle materie
prime.
Chiarire le modalità di tracciabilità delle produzioni,
inoltre, colmerebbe le carenze riscontrate dai ristoratori che lamentano
la poca trasparenza delle etichette (quasi il 62%) ed il conseguente sorgere
del dubbio sull’origine del prodotto stesso (più del 43%).
Tra i punti di forza del ruolo dei ristoratori, invece, emerge la loro
consapevolezza dell’importanza dei controlli che li spinge a richiedere
al fornitore informazioni aggiuntive, a controllare direttamente e accuratamente
sia le bolle di accompagnamento della materia prima (quasi 8 su 10 in
entrambi i casi), che le etichette (quasi tutti i ristoratori).
Questione rilevante, poi, è la garanzia della tracciabilità
in una fase delicatissima della preparazione del cibo: il passaggio dalla
cucina al tavolo. Quasi il 66% dei ristoratori è convinto che debba
essere lui il garante di questa fase (a prescindere dalla normativa),
in quanto passo finale del processo che va dalla produzione al consumo
del cibo.
Insomma, c’è da lavorare per far sì che i ristoratori
che operano all’estero si trovino nelle condizioni di garantire
l’originalità del prodotto finito. La volontà di non
scendere a compromessi alimenterà questo percorso di crescita.(www.impresaturismo.it)
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