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IN PRIMO
PIANO
Alimenti: Fao, spreco di cibo costa 750
mld dollari l'anno
La perdita della strabiliante quantità di 1,3 miliardi di tonnellate
di cibo l'anno non solo causa gravi perdite economiche, ma anche grava
in modo insostenibile sulle risorse naturali dalle quali gli esseri umani
dipendono per nutrirsi
Sono di 750 miliardi di dollari l'anno i costi economici diretti provenienti
dallo spreco del cibo: la perdita della strabiliante quantità di
1,3 miliardi di tonnellate di cibo l'anno non solo causa gravi perdite
economiche, ma anche grava in modo insostenibile sulle risorse naturali
dalle quali gli esseri umani dipendono per nutrirsi.
A suonare il campanello d'allarme è la Fao nel rapporto 'Food Wastage
Footprint: Impacts on Natural Resources', che analizza l'impatto delle
perdite alimentari dal punto di vista ambientale, esaminando specificamente
le conseguenze che esse hanno per il clima, per le risorse idriche, per
l'utilizzo del territorio e per la biodiversità. Ogni anno il cibo
che viene prodotto, ma non consumato, sperpera un volume di acqua pari
al flusso annuo di un fiume come il Volga; utilizza 1,4 miliardi di ettari
di terreno, quasi il 30% della superficie agricola mondiale, ed è
responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.
Oltre a questo impatto ambientale, le conseguenze economiche dirette di
questi sprechi (esclusi pesci e frutti di mare), si aggirano secondo il
rapporto intorno ai 750 miliardi di dollari l'anno.
"Queste tendenze mettono un'inutile e insostenibile pressione sulle
risorse naturali più importanti, e devono essere invertite",
ha affermato il direttore generale della Fao, José Graziano da
Silva. Tutti, agricoltori e pescatori, lavoratori nel settore alimentare
e rivenditori, governi locali e nazionali, e ogni singolo consumatore,
ha sottolineato da Silva, "devono apportare modifiche a ogni anello
della catena alimentare per evitare che vi sia spreco di cibo e invece
riutilizzare o riciclare laddove è possibile. Oltre all'imperativo
ambientale, ve n'è anche uno di natura etica: non possiamo permettere
che un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo vada perduto,
quando vi sono 870 milioni di persone che soffrono la fame".
Secondo lo studio Fao, il 54% degli sprechi alimentari si verificano 'a
monte', in fase di produzione, raccolto e immagazzinaggio. Il 46% avviene
invece 'a valle', nelle fasi di trasformazione, distribuzione e consumo.
In linea generale, nei Paesi in via di sviluppo le perdite di cibo avvengono
maggiormente nella fase produttiva, mentre gli sprechi alimentari a livello
di dettagliante o di consumatore tendono ad essere più elevati
nelle regioni a medio e alto reddito, dove rappresentano il 31-39% del
totale, rispetto alle regioni a basso reddito (4-16%).
Lo spreco di cereali in Asia è un problema di notevoli dimensioni,
che ha grandi ripercussioni sulle emissioni di carbonio, sulle risorse
idriche e sull'uso del suolo. Nella coltivazione del riso questo è
particolarmente evidente, in considerazione dell'elevata emissione di
metano che la sua produzione comporta e del grande livello di perdite.
Mentre il volume degli sprechi di carne in tutte le regioni del mondo
è relativamente basso, il settore carne genera un notevole impatto
sull'ambiente, in termini di occupazione del suolo e di emissioni di carbonio,
in particolare nei paesi ad alto reddito e in America Latina, che insieme
sono responsabili dell'80% di tutti gli sprechi di carne.
Escludendo l'America Latina, le regioni ad alto reddito sono responsabili
di circa il 67% di tutto lo spreco di carne. In Asia, America Latina ed
Europa lo spreco di frutta contribuisce in modo significativo al consumo
di risorse idriche, soprattutto a causa dell'alto livello di perdite.
Allo stesso modo, il grande volume di spreco di verdure in Asia, Europa,
Sud e Sudest asiatico si traduce in una grande impronta di carbonio per
tale settore. (www.adnkronos.com)
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