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IN PRIMO
PIANO
S.o.s. desertificazione: allevamenti “bio sostenibili” per
ridare fertilità alla terra. Obiettivo 15 mila nuove aziende in
Italia entro il 2020
Al via l’iniziativa “Nutrire il suolo per nutrire il Pianeta”
promossa da Cia e Anabio per promuovere la creazione di allevamenti zootecnici
biologici e biodinamici, per garantire la produttività della terra
e ridurre l’impiego di energie fossili. In Italia, 80 anni fa, si
utilizzavano 100 milioni di quintali di fertilizzanti naturali e rinnovabili,
oggi meno di 92 mila.
Letame contro petrolio. Su questa sfida si gioca la partita fondamentale
per la fertilità del suolo. Da una parte la materia organica rinnovabile
dall’altra la materia fossile che non è infinita. Per far
vincere la prima, arginando così il fenomeno di desertificazione
che erode oltre 10 milioni di ettari di terra arabile ogni anno, servono
più animali nelle campagne allevati in modo sostenibile. In Italia,
possono nascere almeno 15 mila “allevamenti bio” entro il
2020, incentivati da una domanda sempre crescente dei consumatori che
aumentano in percentuali “a doppia cifra” di anno in anno.
Lo hanno sostenuto Cia e Anabio (Associazione nazionale agricoltura biologica)
nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa
“Nutrire il suolo per nutrire il Pianeta” svoltasi oggi a
Roma.
La natura -secondo Cia e Anabio- smonta da sola il paradigma che indica
gli allevamenti quali forti responsabili dell’innalzamento delle
emissioni di CO2. Al contrario, la zootecnia, praticata in modo sostenibile,
contribuisce all’abbattimento dei volumi di anidride carbonica e
favorisce la produttività della terra. A supporto di questa tesi
giunge l’ultimo rapporto della Fao, che si concentra sullo specifico
e indica nell’allevamento biologico o biodinamico la possibilità
di abbattimento del 30 per cento dell’emissione di gas serra.
Insomma, sconfessando qualche eccessivo integralismo sull’argomento,
che si stava facendo strada nell’immaginario collettivo, possiamo
affermare come una bistecca e un bicchiere di latte non possano rappresentare
la figura del “demone ambientale”.
Quindi -hanno sostenuto Cia e Anabio- è nostro dovere promuovere
e favorire l’insediamento di nuovi allevamenti e la riconversione
di quelli convenzionali, arrivando in breve tempo a raddoppiare l’attuale
produzione “bio” nel nostro Paese. Infatti, a fronte di una
domanda sempre crescente di carni, salumi, latte e formaggi (più
11 per cento nell’ultimo biennio) in Italia operano circa 7.700
aziende, ancora poche, seppur cresciute di oltre 1000 unità negli
ultimi 24 mesi. Il raddoppio delle aziende sostenibili è tutt’altro
che utopistico considerando che sulla Penisola, solo per il comparto dei
bovini, sono presenti circa 120 mila allevamenti convenzionali.
Dietro questo nostro impegno -hanno proseguito Cia e Anabio- non c’è
solo il legittimo business che può profilarsi per i nostri agricoltori
in questo comparto (un potenziale di mercato stimato di oltre 2 miliardi
di euro l’anno) ma anche una strategia di lungo respiro per presidiare
e nutrire al meglio le campagne e quindi l’ambiente: dove non sono
presenti l’allevatore e il bestiame che vive il territorio, c’è
l’abbandono, il degrado, la cementificazione e la desertificazione.
In Italia, solo nel sud del Paese, il letame prodotto dagli allevamenti
animali (ovino, bovino,suino) e utilizzato per fertilizzare i campi produttivi
(cereali, legumi, frutta e verdura) ammontava ad oltre 100 milioni di
quintali nel 1930. Nella stessa area geografica, ma nel 2000, il consumo
dello stesso fertilizzante organico era quantificabile in sole 92 mila
tonnellate. Di contro, dal 1950 al 2000 l’impiego di energia fossile
è aumentata di 50 volte per produrre concimi, diserbanti, pesticidi
e per muovere le macchine che lavorano il terreno.
Questo scenario -concludono Cia e Anabio-, se proiettato su scala mondiale,
racconta di un pianeta che deve adottare delle scelte non più rinviabili,
per metter un freno al fenomeno dell’erosione, della salinizzazione,
dell’inquinamento che sottrae oltre 5 milioni di ettari di foreste,
ogni anno, per rispondere alle pressioni generate dall’incremento
della popolazione. Il prossimo 31 ottobre una giornata di approfondimento
di queste tematiche (per giornalisti e addetti ai lavori) nell’iniziativa
promossa da Anabio e Cia presso l’azienda biodinamica “Fattoria
di Vaira” (Termoli). Si tratta della più grande d’Europa,
dove sarà possibile toccare con mano la realtà delle aziende
sostenibili nel nostro Paese.
La zootecnia “bio” oggi in Italia e i consumi
Circa 7700 aziende (concentrate principalmente tra Sicilia, Sardegna,
Lazio ed Emilia Romagna).
Circa 200 mila capi bovini, 700 mila ovini, 80 mila caprini, 42 mila suini,
130 mila api, quasi 3 milioni di pollame.
Il prodotto più acquistato sono le uova che da sole coprono oltre
l’11 per cento della spesa “bio” complessiva delle famiglie
italiane.
Nel 2012 l’acquisto degli omogeneizzati “bio” è
cresciuto del 13,7 per cento, il latte del 21 per cento e il miele del
42,9 per cento.
I negozi specializzati in prodotti biologici sono oltre 1200.
La spesa “bio” per aree geografiche in percentuale: 39,7 Nord
Ovest, 32,3 Nord Est, 21,2 Centro e 6,9 Sud.
(www.cia.it)
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