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IN PRIMO
PIANO
Alimentare: i migliori prodotti europei assediati
dai professionisti del “tarocco”. Un giro d’affari planetario
che sfiora i 100 miliardi di euro l’anno
Il mercato del falso saccheggia
il “made in Europe”. Italia, Francia e Spagna le più
colpite dal fenomeno dilagante. Vini, formaggi e prosciutti imitati al
pari delle grandi griffe della moda. La Cia a Bruxelles per costruire
un fronte comune, tra i principali Paesi produttori e per chiedere leggi
ad hoc contro gli “agropirati” internazionali.
Se il “made in Italy” agroalimentare registra un danno medio
di circa 60 miliardi di euro l’anno per colpa dell’invasione
mondiale di prodotti taroccati, il “made in Europe” arriva
a 100 miliardi. Infatti, il problema è dilagante e anche i prodotti
d’eccellenza di Francia e Spagna sono presi di mira dagli “agropirati”,
con un mercato del falso che muove cifre a nove zeri. Per questo la Cia-Confederazione
italiana agricoltori ha promosso nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles
un workshop per affrontare, fra le altre cose, l’annoso problema
della contraffazione e chiedere alle Istituzioni un intervento urgente,
finalizzato all’attivazione di normative internazionali ad hoc capaci
di arginare questo fenomeno che mina fortemente, oltre all’agroalimentare,
i settori dell’abbigliamento e dell’hi-tech.
La galleria del “tarocco” -afferma la Cia- si arricchisce
di giorno in giorno di nuovi improbabili capolavori che vorrebbero assomigliare
all’originale ma che di simile ne hanno solamente il nome. L’ormai
noto “italian sounding” che crea ricchezza tra i taroccatori
senza scrupoli, allarga le frontiere e iniziano “a suonare bene”
anche i falsi vini e formaggi francesi e i salumi e l’olio di Spagna.
In alcuni casi, infatti, per ingannare il consumatore inconsapevole -continua
la Cia- si utilizza lo stratagemma di trovare un nome che assomiglia a
quello del prodotto originale, in altri si utilizza proprio l’identica
denominazione salvo poi proporre alimenti e ingredienti che non hanno
nulla a che vedere con quelli utilizzati per realizzare le eccellenze
enogastronomiche. Insomma, se il nostro Parmigiano Reggiano diventa nel
mondo “Parmesao” e il prosciutto di San Daniele diventa “Daniele
Prosciutto & company”, la stessa sorte tocca allo “Champagne”,
al “Brie”, al “Roquefort”, al “Camembert”,
al “Queso manchedo”, al “Pata negra” e al “Jamon
de bellota”.
Quindi -spiega la Cia- nonostante molto sia stato fatto, a livello europeo,
sia con il varo delle denominazioni d’origine, Dop, Igp e Stg (ad
oggi sono 1044 i prodotti che hanno ottenuto il marchio di tutela) che
in materia di etichettatura, con le nuove regole per la commercializzazione
dei generi alimentari, bisognerà intervenire con accordi extracomunitari,
magari attivando finalmente, un registro multilaterale all’interno
del quale vengano salvaguardati in tutto il mondo i più importanti
prodotti agricoli e alimentari realizzati all’interno dell’Unione.
E’ giunto il momento -continua la Cia- non più rinviabile
di cercare soluzioni per vincere la battaglia alla contraffazione. In
un contesto di crisi generalizzata come quello attuale, è ancor
più inaccettabile che azioni disoneste erodano grandi fette di
mercato che sarebbero appannaggio di chi produce alimenti eccellenti nel
pieno rispetto delle regole.
Creare una rete delle agricolture europee di qualità, un forte
fronte comune -prosegue l’organizzazione agricola italiana- è
fondamentale per realizzare rapidamente norme condivise, che abbiano la
loro efficacia sia dentro che fuori l’Europa. Bloccare il mercato
dei “tarocchi” -conclude la Cia- avrebbe una ricaduta diretta,
in positivo, sui dati dell’export dei Paesi virtuosi nel settore
alimentare, come nel caso dell’Italia che con le sue oltre 7500
specialità tipiche potrebbe incrementare di molto la cifra degli
attuali 3 miliardi d’euro annui ricavati dalle vendite fuori frontiera
di vini, formaggi, salumi e ortofrutta di pregio. (www.cia.it)
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